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 2002  marzo 05 Martedì calendario

Montero Paolo

• . Nato a Montevideo (Uruguay) il 3 settembre 1971. Calciatore. Dopo due stagioni nel Penarol, nel 1992 è arrivato in Italia. Ha giocato quattro anni a Bergamo, poi si è trasferito alla Juventus. Con la squadra bianconera ha vinto cinque scudetti (1996/1997, 1997/1998, 2001/2002, 2002/2003, 2004/2005), una coppa Intercontinentale (1996), una supercoppa europea (1996), è stato due volte vicecampione d’Italia (1999/2000 e 2000/2001) e due volte vicecampione d’Europa (1996/1997 e 1997/1998). Difensore famoso per le numerose espulsioni: «Un guerriero, più che un difensore. Occhio per occhio e gomito per gomito, come gli hanno insegnato al Penarol, scuola uruguagia. Abbonato ai cartellini gialli e rossi, anche se con l’età si è un po’ calmato. Il fisico, apparentemente esile, nasconde una grinta e un tempismo da pirata. l’Atalanta a scoprirlo e portarlo in Italia, nel 1992. La Juventus lo ingaggia nel 1996. Al di là delle etichette e delle squalifiche, Montero conferma di essere un centrale dallo straordinario talento: non c’è formula (difesa a tre, a quattro) che gli crei imbarazzo. Grazie (anche) ai suoi speroni e alle sue maniglie, Ciro Ferrara vive una magnifica ”vecchiaia” e Mark Iuliano conquista, addirittura, la Nazionale. A mano a mano che passa il tempo, l’uruguagio si aggrappa alle malizie e ai trucchi di un mestiere senza eguali» (’La Stampa” 12/1/2004). «Non mi importa essere un esempio di lealtà in campo: voglio esserlo nella vita. Quando gioco, m’interessa solo vincere. In ogni modo: il calcio è dei furbi. Perciò non ho nulla contro gli attaccanti che simulano, anzi da difensore, se riescono a ottenere ciò che vogliono, dico loro: complimenti. Basta pensare al gol realizzato da Maradona in Argentina-Inghilterra con la mano: la mano di Dio. Diego è stato un fenomeno [...] I simulatori per me non sono affatto sleali, e mai mi sentirete criticarli [...] Per vincere sono disposto anche a rubare [...] Quando gioco non penso all’idea che si può fare mia madre di me: m’interessa come mi valuta fuori dal campo. Per me conta vincere: in Sudamerica è a questo che si dà importanza» (’Corriere della Sera”, 19/1/2001). «[...] Arrivò nel 1992, a 21 anni non ancora compiuti, ingaggiato dall’Atalanta nella quale ha giocato per quattro campionati. A Bergamo, tra gli altri, ha avuto come allenatore Marcello Lippi, che ne ha apprezzato il carattere. Infatti, arrivato a Torino, l’attuale commissario tecnico nel 1996 ottenne che il difensore di Montevideo venisse acquistato dalla Juventus [...] Mancino senza il dono della velocità, Montero nella Juventus ha saputo imporsi grazie al temperamento e al grande senso tattico. Per anni è stato tra i giocatori a cui sono stati mostrati più cartellini, sia gialli che rossi, della serie A, e per questo si è fatto la fama di ”cattivo”. In realtà, la sua è un’interpretazione del calcio genuinamente maschia, o se si vuole sudamericana, nella quale le botte si danno e si prendono senza lamentarsene. [...] è sempre stato tra i primi a intervenire nelle risse di campo in difesa dei propri compagni. Questo coraggio, l’enorme personalità [...] ne ha fatto un leader occulto dello spogliatoio della Juventus e il temperamento da trascinatore lo hanno reso uno dei beniamini della curva. Anche dopo che [...] due interventi al menisco ne pregiudicarono il rendimento. La sua carriera juventina in pratica si è conclusa a Manchester, la sera della finale di Champions League, quando Lippi lo schierò - lui che è un centrale - terzino sinistro. [...]» (Luca Curino, ”La Gazzetta dello Sport” 18/5/2005).