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 2002  marzo 05 Martedì calendario

Morandi Marco

• Roma 12 febbraio 1974. Cantante. Figlio di Gianni e Laura Efrikian • «Se andate sul suo sito Internet (marcomorandi.com) lo scoprite piccolino, col viso imbronciato, davanti a un leggìo, alle prese con un violino più grande di lui. [...] ”La musica classica è sempre stata di casa da noi. Mio padre studiava contrabbasso. E noi ascoltavamo musica sinfonica. [...] All’inizio era un gioco. Mi incuriosiva. E mi piaceva la reazione della gente, i parenti che ti chiedevano di suonare e si divertivano a vedere un ragazzino mingherlino che tirava fuori suoni decenti da un violino. Mi gasavo. Verso i 15 anni cominciai a preferire stare con gli amichetti. Il violino richiede una grande dedizione, anche 4 ore al giorno. La svolta è stato il motorino. Noi abitavamo in campagna, a Tor Lupara, isolati. Appena il motorino mi ha collegato col mondo degli amici, ho mollato il violino. [...] Quando ho cominciato a suonare col mio gruppo del liceo. Io suonavo la chitarra che da piccolo mi sembrava uno strumento minore, facile. Con i compagni del liceo ho scoperto il rock, un mondo che proprio non conoscevo. [...] Io non mi sono mai reso bene conto di quello che faceva mio padre. Non vedevo molta tv né ascoltavo troppa radio. [...] Facevamo concertini col mio gruppo, Onderadio, che poi diventò Percentonetto. Il primo fu nel cortile di Sant’Ippolito, a Roma, vicino a piazza Bologna. A sentirci c’era anche Lino Banfi. Il primo guadagno furono 250 mila lire a una sagra della salsiccia vicino a Frosinone. [...] La musica l’ho presa seriamente solo più tardi. E comunque all’università mi ero iscritto ad Architettura. Ma ho fatto solo due esami. [...] La musica di mio padre non riesco a giudicarla. L’ho sentita talmente tanto. Anche quando ero nella pancia di mia madre. Non so nemmeno dire se è bella, se mi piace o non mi piace. C’è. lì. [...] Ci sono canzoni che non sopporto più. Come Fatti mandare dalla mamma. Per non parlare di Sei forte papà. Tutti pensano che sia io, invece era Marianna, mia sorella. Gli amici non smettevano di prendermi in giro, poi hanno dovuto confessare che ce l’avevano tutti quel disco. [...] Tra quelle famose, una di quelle che non mi fa venire il latte alle ginocchia è C’era un ragazzo. [...] Mi vogliono tutti bene a priori. Parto già amato anche io. [...] Nel 1983 abbiamo seguito tutta la Coppa dei Campioni della Roma, fino alla finale persa col Liverpool. [...] Io ero un bambino bravo. Poi ero il figlio minore. Tutte le sberle se le prendeva mia sorella Marianna. [...] Siamo tutti e due molto disponibili verso il prossimo. Ma io sono più calmo di lui, ho un ritmo più rilassato”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera” 8/9/2003).