Varie, 5 marzo 2002
MORANTE
MORANTE Laura Santa Fiora (Grosseto) 21 agosto 1956. Attrice • « bella, intelligente e di origine toscana, quindi si ritrova nei cromosomi lo spiritaccio che non perdona e sarebbe portata a non prendere le cose troppo sul serio. Ma nel lavoro, da quando il suo sguardo profondo e sensuale si è radicato nell’immaginazione del pubblico, i registi le offrono immancabilmente ruoli ultradrammatici, eroine da tragedia greca, figure femminili in lotta contro qualcosa o contro qualuno, in alternativa afflitte da dispiaceri, conflitti, lutti. Una condanna, un sortilegio, un destino? Qualunque sia la risposta, la prende con filosfia e, mentre sogna il fatidico ruolo brillante, continua a lavorare a ritmo serrato. Non si è ancora spento l’interesse internazionale per La stanza del figlio, il film di Nanni Moretti in cui l’attrice è una memorabile mamma in lutto, che dà vita ad altri personaggi tragici: la Monaca di Monza nel film-tv di Francesca Archibugi La vera storia di Renzo e Lucia, la poetessa Sibilla Aleramo legata a Dino Campana da un amore devastante nel film di Michele Placido Un viaggio chiamato amore, quindi la protagonista di Ricordati di me […] ”Io tendo a mantenere i piedi per terra. Sono sempre l’elemento più razionale della coppia e, anche nella passione, tento diperatamente di non perdere la lucidità... […] Nella mia vita ho fatto molte scelte drastiche, mi sono tagliata i ponti alle spalle, ho spesso ricominciato da zero cambiando città, paese, stile di vita […] In vent’anni, ho fatto passi lenti e oggi mi ritrovo a vivere uno dei momenti più fortunati della mia carriera. Non ho avuto impennate, sono rimasta con i piedi per terra e mi sono presa tutto il tempo per vivere...Ho commesso errori, sono stata felice. E ho anche attraversato gravi difficoltà economiche […] Soprattutto all’inizio. Non posso dimenticare un episodio, risalente all’epoca di Bianca, il film di Moretti che mi diede il successo. Venne una giornalista ad intervistarmi a casa e rimase colpita dalla povertà dell’ambiente. Una povertà reale, dovuta alla mancanza di mezzi, non certo una posa bohèmienne. E mi domandò: ma lei vive in questa casa per motivi politici? […] Il mio coraggio è la somma di tante paure. la paura che mi stimola a fare scelte drastiche. Così come la timidezza patologica mi spinse, tanti anni fa, a fare l’attrice”» (Gloria Satta, ”Il Messaggero” 15/6/2002). « più facile interessare il pubblico con ruoli problematici, difficili. Io invece vorrei interpretare una donna che sta bene […] Il rapporto col regista nel cinema è fondamentale. In teatro per un attore c’è comunque il pubblico e c’è anche il testo che sono molto importanti. Nel cinema ho l’impressione di recitare soprattutto per il regista. Per me è importante che ci sia una corrente di simpatia con il regista. Non accade sempre, ma spesso per le persone con cui ho lavorato ho provato stima e simpatia […] Non sono affatto una maniaca del lavoro. Lavoro quando ho un progetto interessante oppure quando ho veramente bisogno di lavorare. Ma se non lavoro sto bene. Non potrei mai lavorare senza interruzioni […] Vivo senza schemi. Non esco certo tutte le sere, ho pochi amici cari. Certo, a volte devo seguire avvenimenti pubblici legati al mio lavoro, ma non sovente. Leggo, faccio ginnastica e ho una famiglia: due figlie, una di 20 anni e una di 14 che vivono con me […] Ho lavorato spesso in paesi diversi e solo negli ultimi quattro anni ho lavorato prevalentemente in Italia […] Teatro ne ho fatto parecchio, ma poco ultimamente in Italia. Saranno passati ormai sei o sette anni. Quello che mi affatica ormai è che in Italia bisogna fare tournée e io non me la sento più […] Ogni volta che si lavora si impara sempre qualcosa anche se si rischia talvolta di perdere anche qualcosa […] Sono un’ex timida che ha sfidato la propria timidezza. Spesso è così. Come quelli che sfidano la paura. Io ero timidissima e ho deciso di fare un mestiere in cui invece non bisogna esserlo. Combattere contro la timidezza mi ha dato forse un’aggressività che non avevo prima. Non ho cattivo carattere nella vita privata […] L’attore deve avere il talento e abbandonarsi così come deve fare un nuotatore. Io non so nuotare e quindi non nuoto perché in acqua non mi riesce di abbandonarmi […] Ero una ballerina, c’era un momento di pausa e Giuseppe Bertolucci cercava un’attrice e mi ha fatto un provino e mi ha scritturato per il suo film. Da allora ho continuato...» (Alain Elkann, ”La Stampa” 9/6/2002). «Io mi sento sempre come il musicista al quale danno una partitura e lavora in un’orchestra con altri e con un direttore. E so che se faccio lo stesso personaggio in un film di Moretti, di Muccino, di Placido e di Amelio, sarà ogni volta diverso a seconda del regista e degli altri attori. Cerco di sentire la ”musica” del film e di muovermi in accordo. Non esiste un ruolo separato dal film. L’attore deve essere come un’automobile dalla linea aerodinamica, non deve fare resistenza» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 12/3/2003).