Varie, 5 marzo 2002
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MORETTI Nanni (Giovanni) Brunico 19 agosto 1953. Regista • «Nato a Brunico durante un periodo di ferie dei genitori, da padre antichista e madre professoressa, capisce subito quali sono i due grandi amori della sua vita: il cinema e la pallanuoto
MORETTI Nanni (Giovanni) Brunico 19 agosto 1953. Regista • «Nato a Brunico durante un periodo di ferie dei genitori, da padre antichista e madre professoressa, capisce subito quali sono i due grandi amori della sua vita: il cinema e la pallanuoto. Il secondo lo pratica ad alti livelli, giocando in serie A e guadagnandosi un posto nella nazionale giovanile. Il primo comincia a frequentarlo dopo il liceo, quando tenta invano di lavorare come aiuto regista. Con i soldi ricavati dalla vendita di una raccolta di francobolli, acquista una cinepresa Super 8 e gira i primi due cortometraggi, La sconfitta e Patè de Bourgeois, proiettati a Roma in un circolo della ”nuova sinistra”. L’anonimato è rotto con Io sono un autarchico, il primo lungometraggio che presto diviene un cult. Protagonista è Michele Apicella, interpretato da Moretti e suo alter-ego in quasi tutti i primi lavori. Al centro dell’opera prima un gruppo di confusi giovani della generazione post-sessantottina. Nel ’77 arriva Ecce bombo: il film viene presentato in concorso a Cannes con un ottimo successo di pubblico. Celebre la battuta ”Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Nel 1981 il primo grande riconoscimento, il Gran premio speciale della giuria della Mostra di Venezia (presieduta da Italo Calvino), con Sogni d’oro. Se con Bianca Moretti trova la fama, è con La messa è finita, premiata con l’Orso d’argento a Berlino, che arrivano i riconoscimenti internazionali. Lui, però, non è tipo da accontentarsi: va oltre, vuole cambiare il suo modo di lavorare, fare da solo, dipendere sempre meno dalle pretese dei produttori: nell’87, insieme con l’amico Angelo Barbagallo, fonda la casa di produzione ”Sacher Film”, in omaggio al dolce che più ama e immortalato anche in Bianca (’Lei non ha mai assaggiato la Sacher Torte? Va bè continuiamo così, facciamoci del male”). La Sacher lancia nuovi registi italiani come Carlo Mazzacurati e Daniele Luchetti. L’89 è l’anno di Palombella rossa, riflessione critica e amara sulla crisi della sinistra, cui segue, a poca distanza, La cosa, documentario sulla svolta dal Pci al Pds. Nel 1991 Moretti produce e interpreta Il portaborse di Luchetti: la ferocia del ministro socialista disposto a tutto pur di raggiungere le vette del potere politico trionfa al botteghino. Dello stesso anno è il lancio del ”Nuovo Sacher”, cinema nel cuore di Trastevere che Moretti prende in gestione e che diventa punto di riferimento per ”morettiani” e cinefili. Poi arriva Caro diario, film in tre episodi (In Vespa, Isole e Medici) in cui Moretti mette a nudo le proprie fobie, ironizza sul cinema americano e italiano e parla della malattia che lo ha realmente colpito. Il film trionfa, le critiche sono entusiastiche e a Cannes vince il Gran premio della giuria. Nel 1995 Moretti, assieme ad altri registi italiani, firma L’unico paese, un film di denuncia politica che anticipa l’impegno politico a tempo pieno degli anni successivi. Nel ’98 arriva Aprile, prosecuzione ideale di Caro Diario, in cui Moretti racconta in parallelo la nascita del figlio Pietro e la vittoria elettorale dell’Ulivo. Poi ancora un’altra esperienza come attore di un film di Mimmo Calopresti, La seconda volta, in cui interpreta un professore che incontra per caso la terrorista che dodici anni prima gli aveva sparato un colpo in testa. Il 2001 è l’anno di La stanza del figlio, Palma d’oro a Cannes, riflessione sulla famiglia e sulla morte. Sembrerebbe un ritorno al privato, invece il 2 febbraio 2002, in Piazza Navona, in occasione di una manifestazione sulla giustizia organizzata dall’Ulivo, Moretti spiazza ancora una volta tutti: ”Anche questa serata è stata inutile - dice, subito dopo gli interventi di Rutelli e Fassino -. Il problema del centrosinistra è che per vincere bisogna saltare due-tre-quattro generazioni”. Qualche giorno dopo Moretti torna in piazza con i ”girotondi” intorno al Palazzo di Giustizia di Roma e viene identificato come il leader del movimento. La battaglia politica culmina il 14 settembre nella manifestazione a piazza San Giovanni. ”Volevo tornare al mio lavoro, ma non riesco a smettere”» (Raffaella Silipo, ”La Stampa” 17/8/2003). «Il mio modo di fare cinema consiste nel circondarmi di persone con cui mi trovo bene [...] I miei film nascono anche da cose girate tanto tempo prima, a volte poi usate altre volte rimaste lì. Anche casualmente e senza sapere - vedi Caro diario e Aprile - che i primi ”appunti” sarebbero diventati un film [...] Quando avevo vent’anni dicevo di voler fare il cinema ma a chi mi chiedeva se l’attore, il regista o altro rispondevo: tutto. Perché mi viene naturale raccontare me stesso e il mio mondo con ironia, e mi sembra la cosa più giusta utilizzare me stesso come attore e persona. Non cerco il professionismo ma il coinvolgimento personale. Ma mi è costato molto dire di no a Kieslowski che mi onorò dell’offerta di recitare in La doppia vita di Veronica» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 23/5/2002). «Predilige la presa diretta e la camera fissa, le inquadrature da geometra e ama fingere di vivere davanti a una cinepresa che lo riprende mentre lui finge di recitare. Ha esordito con un documentario in Super8 su un gruppo di adolescenti romani anni Settanta, studenti al Mamiani, iscritti alla Fgci, impegnati a girare filmini e organizzare festine il sabato pomeriggio, tutti amici suoi e del fratello Franco, legatissmo all’epoca con Paolo Flores D’Arcais. Consacrato autore di culto con Ecce Bombo (1978) ha dato voce alle inquietudini di una generazione inventando un lessico originale, subito divenuto patrimonio comune: ”Ma insomma che fai? I soldi per le sigarette chi te li dà?”. Chiedeva a un’amica strampalata su una panchina di Piazza dei Quiriti. E lei: ”Mi muovo, vedo gente, faccio cose...”. Dopo il successo di Sogni doro, Bianca e Palombella rossa, si è riciclato come produttore, distributore e proiettatore, ma avrebbe voluto fare ”un film più duro e diretto”, scegliendo per soggetto l’omicidio Calabresi. Alla fine però è rimasto fedele alla vocazione intimistica con l’ultimo documentario sulla nascita del figlio e la vittoria dell’Ulivo, Aprile, dove rievoca fra l’altro la formazione dei comunisti anni Settanta, ”cresciuti guardando Happy Days”. Odia Silvio Berlusconi, i settimanali e la tv. Gira in Vespa col casco, ma senza ricevere compensi pubblicitari dalla Piaggio, e non passa mai col rosso» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 24/10/1998). «Io faccio interviste e parlo quando ho qualcosa da dire. Quando non ho niente da dire preferisco lasciare in pace i lettori e i telespettatori. E in genere non mi piace dire troppo dei film, cerco di stare dalla parte degli spettatori che non devono sapere tutto del film che vanno a vedere» (’la Repubblica”, 14/11/2001). Vedi anche: Donata Righetti, ”Sette” n. 20/1997.