Varie, 5 marzo 2002
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Mubarak Hosni
• Kafr-Al Musailha (Egitto) 4 maggio 1928. Politico. Ex presidente egiziano (dimissioni l’11 febbraio 2011 al termine di una rivolta popolare) • «[...] al potere (semi assoluto) in Egitto dall’81, da quando cioè la morte violenta di Sadat lo promosse da vice a raìs. [...]» (Cecilia Zecchinelli, “Corriere della Sera” 15/5/2005) • «L’economista Hassan Amer racconta una barzelletta: “Nasser volle un vice meno intelligente e trovò Sadat. Sadat volle un vice meno intelligente e trovò Mubarak. Che volle un vice meno intelligente e non trovò nessuno”. [...] Saad Eddin Ibrahim, professore assai reputato e per cui si mobilitò il meglio dell’intelligenza araba quando finì per 17 mesi in carcere con l’accusa di aver ricevuto illegalmente denaro dall’Unione europea. [...] “Forse che c’è differenza tra Saddam Hussein e Mubarak? No, entrambi sono dittatori e il risultato per la gente è lo stesso, manca la libertà. Mubarak è semplicemente un nemico del suo popolo, ha violato i diritti umani, imprigionato migliaia di persone. Gli Usa lo hanno coperto pensando fosse un fattore di stabilità. Scopriranno un giorno che al contrario la sua politica ha solo moltiplicato il numero degli estremisti” [...]» (Gigi Riva, “L’Espresso” 10/6/2004) • «[...] famiglia piccoloborghese della provincia di Ménouféya. A quei tempi in quella regione rurale del Delta, l’educazione era un lusso per privilegiati. Il padre, un modesto funzionario del ministero della Giustizia, usa tutti i suoi risparmi per educare i figli in una scuola privata. “Era molto al di sopra dei mezzi dei Mubarak. Il giovane Hosni ha sviluppato una riconoscenza infinita per suo padre, ma anche un senso di colpa. Ha giurato a se stesso che la sua riuscita sarebbe stata all’altezza del sacrificio del padre. La sua volontà di primeggiare non è ambizione ma senso del dovere”. Suo padre lo vuole avvocato, ma Hosni non è un intellettuale. Frequenta l’Accademia militare è li trova un universo che risponde ai suoi valori: disciplina, rigore, senso del dovere, rispetto delle gerarchie. Appassionato di aerei, esce dalla Scuola dell’aria nel marzo 1950 con il brevetto da pilota di caccia ma il suo sogno diventa un incubo con la disfatta del 1967 contro Israele. “Era capo squadriglia - racconta Adib - e ha vissuto quell’evento come la sua prima, insopportabile sconfitta. È un uomo che non accetta di perdere, è ossessionato dalla sconfitta”. Dopo il 1967 mette tutta la sua volontà e la sua ostinazione nel compito di riorganizzare la moribonda aviazione nazionale e forma con pugno di ferro i futuri piloti. Nominato comandante delle forze aeree da Sadat nel 1972, si prende parte del merito per il successo della guerra a Israele del 1973. Pago del dovere compiuto, Mubarak sogna una vita tranquilla e un posto da ambasciatore a Londra. Ma Sadat decide altrimenti e, nell’aprile 1975, lo nomina vicepresidente. “Mubarak era il secondo perfetto: disciplinato, attivo, leale, senza ambizione né carisma”, osserva Hicham Kassem, vicedirettore del giornale indipendente “Masry Al-Youm”, militante dell’opposizione - Henry Kissinger, all’epoca Segretario di Stato, quando lo incontrò lo scambiò per un impiegato tanto basso era il suo profilo”. In realtà, durante i sei anni di vicepresidenza Mubarak prende confidenza con tutti i meccanismi del governo. Nominato vice presidente del Pnd, il partito nazional-democratico al potere, nel 1978, presiede regolarmente il consiglio dei ministri e rappresenta Sadat presso i capi di Stato occidentali e arabi. Nell’ottobre 1981 un commando islamista uccide Sadat durante una parata militare. Mubarak è al suo fianco. “Mi ha raccontato che quella sera si è addormentato in preda al terrore - confida Adib - ma che non ha mai pensato di sottrarsi ai suoi doveri”. Viene proclamato lo stato d’emergenza. [...] La settimana successiva, unico candidato, viene eletto plebiscitariamente. Diventa così il quarto presidente egiziano. Con la liberazione dei 1536 estremisti islamici arrestati sotto Sadat e grazie ai colloqui con i leader dell’opposizione, inaugura il suo mandato nel segno della riconciliazione nazionale. E ristabilisce i legami con i Paesi arabi, rotti dopo l’accordo di pace israelo-egiziano firmato da Sadat. Gli sforzi diplomatici hanno successo e l’Egitto riconquista il suo ruolo di leader della regione. Quando l’Iraq invade il Kuwait, nel 1990, riesce così a radunare i Paesi arabi sotto la bandiera americana con quello che Adib definisce “un colpo da maestro”. Ottiene in cambio l’annullamento di metà del debito estero, che gli permette di varare la prima seria riforma dell’economia. E sul piano internazionale si pone come interlocutore privilegiato degli Usa in Medio Oriente. Ma, mentre la liberalizzazione economica decolla, quella politica non la segue. All’apice della sua gloria il Raiss centralizza il potere, riduce i ministri al ruolo di comparse intercambiabili, prende il controllo del Parlamento, dei partiti e dei sindacati. Questa evoluzione, secondo Hisham Kassem, si spiega con la sua radicata cultura militare: “Governa come dirigerebbe un’operazione militare, in segreto, dalla sala di comando”. [...]» Cécile Hennion, “La Stampa” 8/9/2005) • «[...] diventato automaticamente raiss nel momento in cui Sadat moriva crivellato di colpi, fu subito accettato dagli egiziani per il suo rigore amministrativo, per il suo realismo in politica estera coniugato con l’impegno di restituire la patria ai palestinesi. Ma anche lui, l’intrepido aviatore addestrato in Urss, il gran lavoratore battezzato “Omega” [...] avrebbe tralignato arrendendosi alle “jene grasse”, trascurando la causa palestinese sino al punto (l’accusa è grave) di abbandonare Arafat; riproponendosi infine ad ogni mandato scaduto come l’uomo della provvidenza preoccupato soltanto di preparare la successione al trono del suo secondogenito Gamal. [...]» (Igor Man, “La Stampa” 9/9/2005).