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 2002  marzo 05 Martedì calendario

MUCCINO

MUCCINO Gabriele Roma 20 maggio 1967. Regista. Film: Come te nessuno mai, L’ultimo bacio, Ricordati di me ecc. Ha lavorato come assistente alla regia sia con Marco Risi sia con Pupi Avati • «Risi è un bravo regista e Avati mi è stato molto utile perché è stato il primo che ho visto all’opera e ho imparato molto dalla sua delicatezza nel dirigere gli attori. Però poi ho fatto da solo, in modo autarchico. Ho fatto gavetta anche come regista tv in Ultimo minuto [...] La parte più bella del mio lavoro è senz’altro il rapporto con gli attori [...] Forse ho dei detrattori, ma quando sali più in alto c’è sempre chi ti ama e chi ti detesta. Forse certi che hanno avuto meno successo preferiscono guardare altrove. Quelli che oggi non mi amano, forse prima mi esaltavano. Il pubblico invece è più diretto» (Alain Elkann, "La Stampa"15/6/2003). «Il suo successo è circondato da una gamma di sentimenti che va dalla diffidenza all’ostilità passando per l’antipatia: perché? ” un po’ sospetto che lo spieghi io. Ma è vero che intorno ai miei film si sono creati dei correntoni. Non che io non voglia accettare polemiche e critiche. Possono essere costruttive anche le recensioni pessime che ho avuto da parte anglosassone. In Italia Ricordati di me è stato trattato perfino troppo bene dalla critica, a parte alcune stroncature talmente rancorose da risultare inoffensive”. Come l’attacco di Marco Giusti sull’Espresso? ”Talmente semplicistico dire che, siccome uno fa bene gli spot, il suo cinema è ”pubblicitario’. Ma se i migliori registi del mondo hanno fatto spot, da Scorsese a Ridley Scott!”. In generale ha goduto di buona stampa. La diffidenza viene da altre parti, ed è di due tipi. Il primo, circoscritto al suo ambiente... ”Vieni acclamato quando sei inoffensivo e giovane, e vieni punito poi. Il David 2002 è stato una punizione collegiale. Ho sentito certe ”energie’ in quella sala, c’era la voglia di farmela pagare. Qualcosa che non dovrebbe far parte del modo di giudicare di un premio così importante. Ci vorrebbe più serenità, quella che ha il pubblico, più di chi lavora nel settore [...] il meccanismo sottile dell’ostilità verso il successo, come avvenne nei confronti di Tornatore o Salvatores. O di Benigni dopo. una corrida, pollice su e poi giù, far salire e poi stroncare. A dispetto di chi mi pensa avvilito l’ho presa con un sorriso [...] L’antipatia nasce dal pensare che io ritenga di saperne più di loro e voglia raccontare la vita da una statura superiore agli altri, compresi i miei personaggi. Ma è un fraintendimento. Nei miei film non giudico i personaggi. Dico che chi sbaglia oggi può migliorare domani ma può anche cadere di nuovo. Perché io stesso non so quale rotta seguire. Chi mi vede come uno che distilla e mette sotto cornice una generazione e una società, si difende da una lettura che non è la mia, io non mi sento mai migliore dei personaggi, metto addosso a loro le mie peggiori debolezze e vigliaccherie, tutto ciò che di me non amo. Quello che gli altri non amano e non accettano è lo stesso che io odio della mia personalità. Che vedo nei coetanei, spio dalla finestra o nei libri che leggo, sentendomi parte di una comunità. Ecco perché, al di là di tutto, si crea un’empatia tra pubblico e le mie opere [...] Il sentimento più bello che posso provare quando vedo il film di un altro regista è l’invidia. Un’invidia appassionata. una spinta vitale alla quale non rinuncio: un misto di senso d’inferiorità e di arrogante sfida. Innamoramento ed emulazione”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 20/6/2003).