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 2002  marzo 05 Martedì calendario

MUSSOLINI

MUSSOLINI Alessandra Roma 30 dicembre 1962. Politico. Eletta alla Camera nel 1992, 1994, 1996, 2001, 2008 (Msi, An, Pdl). Figlia di Romano Mussolini (ultimogenito del Duce) e di Maria Scicolone (sorella di Sofia Loren), è laureata in Medicina e chirurgia. alla sua quarta legislatura alla Camera (la prima elezione è del 1992). «Mujer vertical, autentico concentrato di una passionalità tutta italiana, frutto della Predappio sanguigna dei Mussolini e della Pozzuoli impetuosa delle Scicolone- Loren. [...] Mujer vertical . Di quelle che per orgoglio, magari, sbagliano [...]» (Maria Latella, ”Corriere della Sera” 28/11/2003). «Con la Mussolini occorre partire dal cognome, cioè dal sangue. Se Alessandra non si fosse chiamata in quel modo, a Fini non sarebbe mai venuto in testa di lanciarla nel mondo della politica. Fu dunque la sua una idea sensazionale: audace e al tempo stesso profittevole. La nipote del Duce, oltretutto una bella ragazza, e straordinariamente telegenica, invocava un consenso senza spiegazioni. Sapeva tenere la scena, ballare, cantare. ”La classe non è acqua” commentò Fini alla notizia che un vecchio Lp di Alessandra (titolo: L’amore, anno d’incisione 1982, destinato al mercato giapponese) era stato battuto a 10 milioni di lire. Forse fu pure fiero, Fini, di quella trasfigurazione vincente, esperimento di metempsicosi ad alto impatto elettorale. Senza considerare che spesso le belle pensate si risolvono nel loro contrario. Intanto lei giustamente diceva: ”il nonno”. Battezzava la prima figlia a Predappio e la seconda ”Clarissa Benita”. Al festival di Giffoni recitò anche una favola, sul nonno. Per difenderlo, una volta, fece perfino a botte, in diretta, con la Bellillo, da Vespa» (Filippo Ceccarelli, ”La Stampa” 28/11/2003). «Dobbiamo delle scuse e dei ringraziamenti alla signora Alessandra Mussolini. Dobbiamo scusarci perché le stiamo rinfacciando, a colpi di facilissime spiritosaggini, un errore al quale tutti noi l’abbiamo costretta: credere davvero che Mussolini era suo nonno. Alessandra difende infatti in Mussolini l’unico capitale politico che le avevano riconosciuto i suoi dirigenti, i suoi capi e, diciamolo pure, il solo gruzzolo che tutti noi le avevamo accreditato: quello di chiamarsi Mussolini. Se non fosse stata una Mussolini, mai sarebbe stata reclutata dalla politica. Scelta perché è nipote, giustamente ora pretende rispetto per il nonno. E noi dobbiamo pure ringraziarla perché, con questa sua testarda ingenuità, simpaticamente ci sta svelando i paradossi di una perversione nazionale, l’uso familistico della politica, dentro il quale, assieme e accanto ad Alessandra, sta nobilmente acquattato il fior fiore dei parenti d’Italia: i figli del socialismo e le vedove dell’antimafia, gli orfani dell’eroismo civile e quelli della Dc, i familiari della disgrazia e quelli della forza. In maniera espressionistica, naïve e forse pure un poco sguaiata, la Mussolini [...] ci mostra infatti dove porta questa sorta di concezione sciita della politica, con il califfato che viene trasmesso solo attraverso i parenti, per via di sangue, per forza di nome. Ecco il risultato: il fascismo è custodito dalla nipote, l’antimafia è patrimonio delle vedove, il socialismo è nelle mani di Stefania e di Bobo, i valori alti della Dc stanno nella cassaforte dei discendenti di Aldo Moro. Dal punto di vista umano, l’idea che Benito Mussolini sia suo nonno e che dunque le tocchi di proteggere il fascismo come un bene di famiglia, dovrebbe farci sorridere, è vero, ma soltanto di tenerezza. Anche perché in Alessandra non c’è nulla di fascista, tranne appunto il cognome. Della donna mussoliniana, tanto per cominciare, Alessandra non ha neppure la fedeltà al capo, al quale si era già ribellata per contestare il monopolio della politica del maschio, come fanno tutte le sue colleghe di sinistra. Alessandra Mussolini poi non è una virago, chioccia e madre furente, non è l’erinni casalinga che alleva lupacchiotti e che non lavora per non rubare il posto all’uomo; non è "più femmina che donna", e la sua estroversione è solo simpatica napoletanità, la stessa che da Totò ci porta seducendoci sino a Bassolino. Nessuno del resto le ha mai sentito fare discorsi nostalgici, ed è pure consapevolmente graziosa, ha fatto l’attrice, ha un rapporto moderno con il proprio corpo, sta sempre a "ciociare" e ad intendersi con la Turco e con la Melandri. Alla fine, dunque, solo onomasticamente è fascista. In realtà sta tutta dentro i nostri tempi. E neppure da lontano somiglia a donna Assunta Almirante, che vuole essere invece fedele al suo uomo, monogamicamente fedele, e che proprio per questo è stata chiamata a interpretare dalla politica e dal giornalismo il ruolo grottesco della tenace ed energica custode dei valori della destra italiana. Insomma è purtroppo naturale che donna Assunta sia oggi pronta a fondare il partito della vedova così come Alessandra quello della nipote. C’è infatti tutta la miseria della politica italiana nell’uso strumentale della discendenza e del cognome, in questo familismo apolitico che fa il paio con il famoso familismo amorale che fu imputato ai meridionali da uno studioso americano. Come quello stava al di qua della morale - "io tengo famiglia" - così questo sta al di qua della politica - "lui teneva famiglia" - ma per colpire meglio la politica, per danneggiarla meglio: è una pistola puntata contro la politica [...]» (Francesco Merlo, ”la Repubblica” 2/12/2003).