Varie, 5 marzo 2002
MUTI
MUTI Chiara Firenze 26 febbraio 1973. Attrice • «Tra le più interessanti e premiate degli ultimi anni. [...] Affascinante figlia d’arte, chioma bruna fluente, occhi gatteschi di un magico verde-azzurro, zigomi forti come il padre, il direttore d’orchestra Riccardo [...] ”Sono riservata, protetta. Da sempre chiusa nel mio mondo. Da piccola fantasticavo al punto da confondere sogno e realtà. Ho un pudore che si può scambiare per freddezza, ma non è così. Non mi va di sorridere a oriori. Questo è un mestiere di gente col sorriso appiccicato. [...] L’esame d’ammissione alla Scuola paolo Grassi. Rammento risuonare in sala il mio nome. Intorno a me un sussurro: sarà raccomandata di sicuro. Quanta gente pronta a massacrare! Allora ho sentito in me tutta la forza della mia famiglia. In particolare quella di nonno Domenico, padre di mio padre. E ho recitato un brano di Cechov con tutta me stessa [...] Ho fatto la gavetta. E non ho mai scelto il successo facile, ma la strada più tortuosa, che in teoria dovrebbe dare più soddisfazioni. In pratica è la più dura. Ma la popolarità non può essere un obiettivo. Mi sono arrivate tante proposte televisive e non ho mai accettato. Non che disprezzi la tivù, ma è difficile trovare un progetto convincente [...] Sbaglia chi mi definisce snob: adoro il buon cinema, tutto, anche i kolossal americani se ben costruiti [...] Tappe della mia carriera? Il debutto a fianco di Valeria Moriconi con La madre confidente di Marvaux, e il film di Treves con Stefania Rocca, Rosa e Cornelia, con cui ho vinto anche una Grolla d’oro. E anche la Medea con regia di Marco Bernardi, che mi ha regalato il premio Duse. E la Giovanna d’Arco al rogo di Honneger, per il Festival di Spoleto [...] Da piccola ho studiato pianoforte e canto. La musica mi affascinava, ero stregata da quei libri pieni di palline nere [...] Mi fa fatica immaginare mio padre che si compra un biglietto e va al cinema...”» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 27/12/2001). «[...] una ragazza fortunata. Non solo perché è favorita da un’aristocratica bellezza e gode di un cognome celebre, ma perché ha la ventura di esercitare un mestiere che ha fatto sbocciare la ragazza lieve e sfumata che era in una donna affascinante e sensibile [...] ”Ricordo come fosse ieri il suono dei miei tacchi quando ho salito i gradini della scena per l’esame d’ingresso alla Scuola d’Arte Paolo Grassi. Avevo l’ansia della ragazza di provincia che ha sempre visto il teatro da un angolo della platea. Il mio nome riecheggiava nella sala mentre intorno udivo sussurrare ’lei è senz’altro raccomandata’. [...] Allora ho sentito la forza della mia famiglia, quella del nonno Domenico, il padre di mio padre, tutto questo ha fatto ribollire il mio sangue meridionale e sono riuscita a recitare alla meno peggio un testo del Giardino dei ciliegi [...] Sin da piccola ero affascinata da questo mondo, da questa non-realtà che era quasi più reale della realtà. A soli otto anni passavo tutto il mio tempo libero a teatro. Andavo a vedere le ripetizioni fino alla sfinimento. Ricordo che una volta stetti fino alle due di notte a seguire le prove di luci per Le nozze di Figaro. Strehler era così pignolo [...] Questa mia passione totalizzante mi ha allontanato dai miei coetanei. Ho sofferto la solitudine” [...]» (Gigi Marzullo, ”Sette” n. 40-41/2000). «Sottile, viso spigoloso, occhi verdi, Chiara Muti ha una bellezza aristocratica fuori dal tempo. ”E un bel complimento, ma diciamo la verità, sono un po’ fuori canone rispetto alle bonone che si vedono in giro”. [...] coltiva il pudore e l’autoironia. ”Sono una persona riservata, un po’ chiusa, è vero. Fin da piccola mi sono costruita il mio mondo fantastico. Del teatro mi piace tutto: dalla prova luci ai costumi, dalle scene agli odori. Sognavo di stare su un palcoscenico. Che significa essere la figlia di Muti? Che agli inizi devi dimostrare di valere il doppio, c’è sempre qualcuno pronto a dire che sei raccomandata. Ma io per fare questo lavoro ho frequentato la Scuola Paolo Grassi, ho studiato. Avrei potuto prendere qualche scorciatoia, girare una serie in tv, invece ho scelto il teatro. La tv regala, il teatro no”. Sua madre, Cristina Mazzavillani, l’ha voluta protagonista del film L’ombra della luna (prodotto da Riccardo Muti), di cui è regista. Uno strano modo per tentare la vita dell’emancipazione. ”Quando mia madre ha scritto il film ha pensato subito a me, ma ho cercato in tutti i modi di convincerla a scegliere un’altra interprete. Non c’è stato verso. Poi mi sono detta che era una prova anche questa. Il film è particolare, alla Greenaway, forte nella suggestione delle immagini, e forse più adatto al circuito dei festival. Racconta le sofferenze che la luna, pura e luminosa, incontra sulla terra. una vicenda metafisica. Mia madre, una vera artista anche se si è dedicata alla famiglia, ha immaginato che la luna si stacchi dal cielo e scopra la parte nera di noi umani. Io sono la luna, rappresento un po’ il simbolo dell’innocenza [...] Mamma ha il suo carattere, se pensa una cosa è quella, si fa come dice lei. Siamo diverse: lei è solare, positiva, io sono ombrosa, lunare [...] Da ragazzina ho studiato pianoforte e canto, quanto avrei voluto fare la cantante... La musica mi affascinava, ma quando hai un padre che si chiama Riccardo Muti ed entra nella sala dove stai provando turandosi le orecchie, qualche dubbio ti viene”» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 10/10/2005).