Varie, 5 marzo 2002
MUTI
MUTI Ornella (Francesca Rivelli) Roma 9 marzo 1955. Attrice • «Diva-antidiva del grande cinema italiano di stagioni gloriose, quello firmato dai registi che contano» (Leonardo Jattarelli). «Diva adolescente negli anni Settanta, interprete prediletta di Ferreri negli Ottanta e poi i film di successo con Celentano, Nuti, Verdone. Ma ora la sua presenza nel cinema italiano è occasionale e discontinua come se la sua carriera ricca di film fosse qualcosa di troppo ingombrante. Per lei si parla della bellezza rimasta inalterata, dei suoi occhi straordinari, dell’essere una nonna giovane e avvenente, ma gran parte del suo lavoro è all’estero. [...] ”Essere attori è una fortuna. Ci permette di curiosare in tante vite.[...] Sono buddista da quattro anni. Sono riuscita a ritrovare me stessa, a evolvere per scoprire altre cose di me, a non avere più paura, a non dipendere dagli altri [...] Accetto tutti i ruoli che mi divertono o mi commuovono, dalla commedia demenziale al melodramma. Forse molti registi pensano che sono difficile, invece sono in grado di apprezzare anche una piccola parte. Ho fatto tante cose nella mia carriera, ma a questo punto della mia vita voglio fare solo le cose che mi piacciono. Basta esami. Ora voglio giocare”» (Roberto Rombi, ”la Repubblica” 26/8/2003). «’Sono una persona timidissima, piena di insicurezze [...] Da quando ho cominciato a fare cinema ho dovuto vincere l’istintiva voglia di fuggire, ma allora c’era l’incoscienza dei quattordici anni, quella specie di avventura giocosa di una ragazzina che si trovava per caso a fare un provino al posto della sorella, e chissà per quale strano segno del destino veniva scelta... E pensare che, nei miei sogni infantili, mi vedevo dottore: sì, volevo diventare pediatra, e dedicarmi ai bambini, alla loro salute, ai loro problemi. E invece mi sono ritrovata improvvisamente attrice, con un altro nome e la faccia sui giornali, e poi di nuovo sullo schermo, perché arrivava un film dietro l’altro, e non ho neppure avuto il tempo di pensare che stava cambiando tutta la mia vita”. Francesca, che non voleva chiamarsi Ornella Muti perché era un nome che non le apparteneva, anche se Damiano Damiani era certo che quel nome che le aveva inventato l’avrebbe portata lontano [...]» (Lucia Castagna, ”Sette” n. 20/1997). «Io non frequentavo giovani ma solo adulti. Lavoravo come una pazza e finivo regolarmente invischiata in storie più grandi di me, con uomini maturi...A diciassette anni, dopo Appassionata, rimasi incinta e dovetti affrontare la vita come ragazza madre […] Più che altro ho avuto incoscienza. Ho sempre seguito il mio istinto e sono stata educata al dovere dalla mia mamma nordica […] In quel cinema dominato dagli uomini e da star come la Vitti o la Antonelli, noi eravamo le pischelle e dovevamo stare zitte […] Sul set io ero un’ombra, mi preoccupavo solo di obbedire agli ordini. Poi mi sfogavo piangendo a dirotto […] Tutti mi consideravano bella, ma io volevo qualcosa di più. Le critiche erano crudelissime, io lavoravo come una pazza e non avevo tempo per pormi tante domande...ma inconsciamente speravo di venire considerata come persona, prima ancora che come bellezza da set […] Come ragazza madre non ho avuto la vita facile […] Allora le donne lottavano per l’emancipazione. Io ero l’incarnazione dell’antifemminismo: avevo voluto una figlia giovanissima, credevo nell’amore. Ma nei fatti, sia pure inconsciamente, vivevo da vera femminista per la mia totale autonomia» (Gloria Satta, ”Il Messaggero” 23/3/2003). «Devo molto a Carlo Verdone: è l’unico regista che, nell’ambito di una commedia, non mi ha fatto fare la semplice spalla. Con lui sono riuscita a vedere il cinema sotto un’altra luce, lavorare con Carlo è fantastico, è una persona splendida. Con lui sul set è tutto talmente semplice; è un regista che dirige molto, ma in una maniera avvolgente, non ho mai avuto un diverbio, ho lavorato quasi senza accorgermene» (’La Stampa” 25/11/2001).