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 2002  marzo 05 Martedì calendario

Nakata Hidetoshi

• Yamanashi (Giappone) 22 gennaio 1977. Ex calciatore. Lanciato dal Perugia (1998/1999), con la Roma vinse lo scudetto del 2001, giocò anche con Parma (Coppa Italia 2001/2002), Bologna, Fiorentina. Tre nomination al Pallone d’Oro (1998, 1999, 2001) senza raccogliere un voto • «Il giapponese che il presidente perugino Gaucci definì “il miglior affare della mia vita”: lo prese per 4 miliardi di vecchie lire, ne ricavò dieci volte tanto vendendolo alla Roma dopo un anno e mezzo, senza considerare l’indotto dei turisti nipponici che bivaccavano fuori dal “Curi” per vederlo e tornavano a casa con le magliette del Perugia. Nel gennaio del 2000, quando lo comprò Sensi, sembrava che l’ascesa di Hide, il genio del Sol Levante, fosse irresistibile. Non è stato così. Ha vinto lo scudetto griffando il pareggio della Roma contro la Juve a Torino, partita-simbolo di quella stagione. Poi, il tunnel. L’ha strozzato la concorrenza imbattibile di Totti con il quale non legò mai, l’ha inghiottito la stagione più grigia nella storia del Parma. Si è perso. Involuto. “Mi assumo la responsabilità per il poco che ho fatto - ammette Nakata - anche se il modo in cui avrei voluto giocare era completamente diverso da quello che mi chiedevano. Prandelli [...] mi utilizzava fuori ruolo e ha continuato a farlo, nonostante le promesse. Non ho giocato una partita intera, chiedo scusa ai tifosi del Parma per non aver dimostrato il mio valore”. A 27 anni, nell’età ideale per un calciatore, Bologna è il bivio della sua carriera in Italia. O si rilancia o cercherà un posto all’estero perchè qui sarà bruciato, a quelle cifre. [...] Poche interviste, ogni pensiero affidato al sito Internet (in giapponese, inglese, cinese e coreano) che negli anni d’oro raggiungeva i 600 mila contatti al giorno, mai una finestra aperta sulla vita privata. Dicono abbia una passione insana per lo shopping (“Ma quali Fori Imperiali, preferisco via Condotti” sarebbe stata la risposta a chi gli chiedeva cosa avrebbe visitato a Roma), giurano di vederlo spesso in discoteca a Milano che considera la città del divertimento. Adora la tecnologia e la frequentazione di quel set in cui si confondono i personaggi dello sport, del cinema e della moda, come Dolce e Gabbana, i suoi stilisti di riferimento. [...] In Giappone va sempre meno, preferisce Londra o New York. Ma è un mondo spesso favoleggiato sul gossip perchè in realtà sono in pochi a conoscere Nakata, un personaggio mancato, ora che si è affievolita la curiosità per il calciatore esotico e non l’ha sostituita l’ammirazione per il fuoriclasse» (Marco Ansaldo, “La Stampa” 3/1/2004) • «Sulla sua personalità abbiamo equivocato. Fraintendendo i racconti dei giornalisti di Tokyo, in Italia lo si è rappresentato come un ribelle, un gauchiste alla Sollier, un maledetto alla Best, un anticonformista alla Meroni. Èsemplicemente un anti-giapponese, figlio di un maestro di golf, poco propenso allo spirito di squadra e di gerarchia, con i (buoni) gusti di un commercialista di successo abbonato alle riviste di tendenza: vino preferito, Sassicaia; stilisti, Dolce&Gabbana e Prada; auto, Porsche. Non si lamenta mai con gli arbitri, passa ore al computer e prima della partita ascolta musica nelle cuffiette. Né sposato né fidanzato, una vocetta stridula che ha solleticato dicerie certo infondate di omosessualità. Gran lavoratore, è stato apprezzato da alcuni allenatori - Boskov Castagner Mazzone, Capello Ulivieri Passarella (un po’ meno Passarella) fino a Carmignani -, che però l’hanno lasciato spesso in panchina. Taciturno, alle parole preferisce le e-mail, che gli si possono inviare al www.nakata.net. I suoi silenzi sono tanto celebri da indurre il sospetto che celino un vuoto: come l’Aristomene di Kavafis, che tutti credevano grave e profondo perché taceva sempre, mentre semplicemente non conosceva il greco; “e chissà come soffriva, con tutti quei discorsi che gli scoppiavano dentro» (“La Stampa”, 27/5/2002) • «Ha vestito la maglia giallorossa soltanto per un anno e mezzo, giocando poco (30 presenze) e segnando meno (5 reti). Ma non importa. Roma è una città calda, capace di innamorarsi di qualcuno anche per un solo gesto. E Nakata lo ha fatto, quel gesto. Era il 6 maggio del 2001 e al Delle Alpi la Roma perdeva 2-0 con la Juve. Si giocava la 29 ª di campionato e i giallorossi guidavano la classifica con 6 punti di vantaggio. Non si poteva perdere. Poi un lampo: al 60’ Capello richiama in panchina Totti e mette dentro Nakata. Il giapponese, forse caricato dalla decisione del professor Manzella che pochi giorni prima aveva spazzato via la distinzione tra comunitari e non, si scatena: al 79’ segna e al 90’ è determinante sul gol del pari di Montella. La Roma vincerà poi il suo terzo scudetto, ma il centrocampista sarà ceduto al Parma. Una sfida persa? Forse, ma quando Nakata, a gennaio del 2000, passa per 52 miliardi dal Perugia alla Roma sa di andare incontro ad una situazione difficile. In Umbria ha giocato da trequartista e quel ruolo, nella capitale, è di Totti. Capello allora lo impiega come centrocampista puro, ma l’esperimento che non convince nessuno e Nakata diventa quindi il vice-Totti, scatenando l’ira della Sunny Side Up, la multinazionale che gestisce la sua immagine e che lo vuole titolare fisso. Si arriva al divorzio. Hide sceglie il Parma, ma il primo anno non è certo un idillio. I gialloblù cambiano tre volte allenatore e rischiano la retrocessione. Poi, nel 2002/2003, arriva Prandelli. Il tecnico decide di cambiargli ruolo: Nakata esterno destro. Lui gioca tanto (31 presenze e 4 gol) ma non gradisce. C’è qualcosa che non va e la società gialloblù inizia a valutare le offerte per il gioiellino d’Oriente. Ci prova il Milan, seguito poi da una meno agguerrita Inter, ma non si trova l’accordo» (Elisabetta Esposito, “La Gazzetta dello Sport” 26/7/2003).