Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 05 Martedì calendario

Negroponte John

• Dimitri Londra (Gran Bretagna) 21 luglio 1939. Politico. Ex zar dello spionaggio e antispionaggio Usa • «Rappresentante di Foggy Bottom all’Onu, ha preso possesso dell’incarico qualche ora dopo gli attentati dell’11 settembre [...]. Ma, da subito, è stato tra i tessitori della grande coalizione contro il terrorismo. un funzionario dalla lunga carriera. Ha lavorato in paesi come l’Honduras (nel periodo della guerriglia dei ”contras” nicaragueñi contro il sandinismo) e in Messico. Uomo abile nel gestire operazioni speciali per l’America, tratterebbe anche col diavolo» (’Il Foglio” 14/11/2001) • «[...] nato [...] a Londra da una ricca famiglia di armatori greci di religione ebraica, è un personaggio che ha trascorso quattro decenni nei luoghi e nelle situazioni piú incandescenti della politica estera americana, aggiungendo un passaggio nell´industria privata come vice presidente della grande multinazionale dell´editoria, McGraw Hill. Il fatto che sia riuscito a passare dalla Casa Bianca, agli ordini diretti di Kissinger negli anni di Nixon, al posto di ambasciatore all´Onu che fu di Bush padre fino alla fortezza assediata di Bagdad, conservando attorno a sé un alone di mistero e un nugolo di controversie, è forse la migliore delle possibili raccomandazioni per il suo nuovo incarico di spia delle spie. ”Magnifico organizzatore e servitore dell´America” come lo ha definito Bush guardandolo dal basso in alto, perché Negroponte è altissimo, o ”aguzzino di dissidenti politici in Centroamerica”, come lo hanno bollato varie organizzazioni per i diritti umani, non sono necessariamente definizioni contraddittorie, per un diplomatico e funzionario che ha sempre fatto dell´obbedienza e del servizio la propria ideologia. Aveva cominciato la propria carriera nell´ambasciata americana a Saigon, negli anni piú torbidi della controguerriglia, sempre ”covert”, cioè segreta e negabile dai superiori. Era poi passato nel vero governo reale della politica estera americana, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca, reclutato da un immigrato europeo come lui, Henry Kissinger, dunque un ”realista”, non un ”ideologo”. Dal maestro della ”realpolitik”, Dimitri aveva imparato a evitare gli schieramenti ideologici, le etichettature politiche, per rafforzare la propria immagine di conservatore, di repubblicano, certamente, ma soprattutto di ”commis de l´Etat” fedele a chi lo comanda. Fu dunque Nixoniano con Nixon, ambasciatore in Messico e nelle Filippine di Ferdinando Marcos, poi Powelliano con Colin Powell, che lo richiamó al Consiglio per Sicurezza Nazionale sotto Bush il Vecchio, Reaganiano con Reagan, quando il presidente lo mandó in Honduras perché ne facesse la ”portarei inaffondabile”, nella guerra segreta contro i Sandinistas in Nicagargua. Nel periodo honduregno, gli anni indimenticabili degli ”squadroni della morte”, delle esecuzioni di sospetti con lancio da elicottori alla maniera argentina, del famigerato ”Battaglione 316” specializzato nella sparizione di oppositori e avversari, Negroponte rischió il naufragio della propria carriera. Ma dai suoi quattro anni a Tegucigalpa uscí indenne, con un rapporto sullo stato virginale dei diritti umani e civili in Honduras. Negroponte, con la sua conoscenza di quattro lingue, il vietnamita, il francese, il greco imparato in casa e lo spagnolo, non si lasció mai incastrare in caselline ideologiche, neppure legandosi alla cordata dei neo-conservatori e dei loro portatori d´acqua. All´Onu, inviato da Bush il Giovane, recitó disciplinatamente la sua parte sui giganteschi arsenali di Saddam, confermando la celebre massima del suo maestro Kissinger, che un diplomatico è un signore pagato per mentire a nome del suo governo. E quando la disastrosa esperienza per primo proconsole americano in Iraq, Jay Garner, e poi gli errori del successore Paul Bremer (un altro Kissinger boy) trasformarono la missione compiuta in una guerra aperta, Bush fece di nuovo ricorso al ”grande commesso”, all´abile Greco che aveva sistemato con efficente spregiudicatezza il centro america per pilotare il disastro verso l´approdo delle elezioni. [...]» (Vittorio Zucconi, ”la Repubblica” 18/2/2005).