Varie, 5 marzo 2002
NESTA Alessandro
NESTA Alessandro Roma 19 marzo 1976. Calciatore. Dal 2002/2003 al Milan, squadra con la quale ha vinto due Champions League (2002/2003, 2006/2007), due scudetti (2003/2004, 2010/2011), un Mondiale per club (2007) ecc. Con la Lazio vinse uno scudetto (1999/2000), una coppa delle Coppe (1998/1999) ecc. Con la nazionale è stato campione del mondo nel 2006, vicecampione d’Europa nel 2000 • «[...] Splendida complessione fisica con il suo metro e 87 cm x 79 chili, con un rapporto peso-potenza ottimale per un difensore, [...] ha nel suo Dna grandi doti di forza esplosiva ed elastica. La prima gli permette di eccellere negli stacchi aerei; la seconda nella corsa lanciata, davvero il suo marchio di fabbrica, quando è costretto a recuperare su di un avversario in velocità oppure a giocare d’anticipo. Qualità che vengono poi esaltate dalla sua grande coordinazione neuromuscolare e dalla destrezza nell’eseguire anche i movimenti più articolati che ne fanno il difensore stilisticamente più elegante di tutta la serie A. Un mix fra l’ex libero bianconero Gaetano Scirea e Aristide Guarneri, lo stopper dell’ Inter degli anni Sessanta, mentre per la sua capacità di ri-accelerare non diventa improponibile il paragone con Franco Baresi. Negli anni ha dimostrato di essere molto forte anche sul piano aerobico, cioè sulla tenuta per tutti i 90 minuti di gioco per aver giocato anche a centrocampo e all’attacco nelle squadre giovanili della Lazio, ma ha la sua lacuna atletica nelle accelerazioni da fermo, perché a volte tende ad andare in difficoltà quando deve affrontare avversari brevilinei dentro l’area di rigore, mentre dal punto di vista fisico è stato spesso tradito da un telaio articolare e tendineo non sempre in grado di assorbire senza danni le violente sollecitazioni del suo strapotente motore muscolare» (Giorgio Rondelli, “Corriere della Sera” 27/10/2009) • «Tornato dall’imprevista esperienza agli Europei del 1996 (convocato dal ct Sacchi in extremis per l’infortunio di Ferrara), confessò la meraviglia (e un crescente anelito) per le strutture del Milan che avevano ospitato il ritiro azzurro, garantendone l’impermeabilità. “Hanno tutto, non hai bisogno di nulla. C’è anche il postino che va a pagare i conti correnti, ricordandosi le tue scadenze”. Compiva vent’anni e quattro estati dopo, calpestando l’asfalto sudicio di Amsterdam con lo scudetto sul petto, si passava la mano nello scalpo moro, puntando lo sguardo oltre l’orizzonte, e sembrava accarezzasse una palla di vetro. Qualcosa immaginava, molto sapeva. S’era dipinto emigrante con la valigia: da Roma a Madrid (allora il Real sembrava la destinazione più probabile), da bandiera della Lazio a stendardo dei ricchi, nuovi (e vecchi) padroni d’Italia o d’Europa. Fino a quando le acrobazie finanziarie di Cragnotti lo hanno consentito, ha riempito le tasche (9 miliardi l’anno), perfetto Rambo nell’immaginario del tifoso col paraocchi: innalzatore di trofei in giro per il Continente, capitano dello scudetto, primo giocatore ad essere cooptato in un consiglio d’amministrazione di un club (quotato in Borsa). “Inutile illudere la gente, non rimarrò alla Lazio per sempre”. Da questo capivi che era l’anti-Totti, non Totti allo specchio. L’altra metà di Roma che scalcia, unita dal talento ma opposta nel resto, nemica per la pelle, sulla pelle, in curva e nei salotti: Storace contro i Fini (la moglie di Gianfranco e l’onorevole per osmosi), D’Alema contro Rutelli. Totti attaccante, Nesta difensore, quello bullo, lui schivo, quello incastrato dal gossip, lui fedele alla fidanzata Gabriela (figlia del segretario del Coni, Pagnozzi), quello splendidamente popolare nel lessico, lui levriero nell’animo e nella camminata. Grande già dopo il parto, il 19 marzo 1976: 4 chili e 100 grammi, figlio di Giuseppe, ferroviere, e Maria Laura, casalinga, entrambi originari di Collevecchio, un paesino in provincia di Rieti. […] In campo ha il compito di ingrigire i nemici, leader della trincea, sezionatore di garretti; fuori dal prato s’è sempre tenuto lontano dalle riviste-rosa e dalle discoteche, seccato quando gli attribuirono un focoso flirt con Alessia Mancini, conturbante velina di Striscia e poi capo-letterina del Passaparola di Gerry Scotti. Gli unici lussi che si è concesso si contano sulle dita di una mano: vive all’Olgiata con la fidanzata circondato da ampia metratura, viaggia a bordo di un fuoristrada marchiato Mercedes. Lontani i tempi in cui partecipava a incandescenti sfide sull’asfalto davanti al portone di casa. Lontano anche il pomeriggio dell’84 in cui il padre accompagnò il fratello maggiore Fernando (che grazie a lui è entrato nella Gea, la società di figli d’arte che ne gestisce la carriera) per iscriverlo alla scuola calcio. Alessandro scoppiò a piangere, sentendosi escluso, papà Giuseppe fu costretto a sborsare altre 30 mila lire per iscrivere anche il piccolo, 8 anni appena. Alessandro mostrò subito doti non comuni, Francesco Rocca - collaboratore della Roma - lo segnala a Dino Viola, presidente giallorosso che mette sul tavolo 10 milioni di lire (un’enormità per quei tempi e quella età) per calamitare il talento appena sbocciato. Sembra fatta, ma papà Giuseppe - laziale da sempre - non riesce a darsi pace. Mio figlio con la maglia della Roma? Piuttosto morto. Il figlio accetta la decisione del padre, dopo aver capito che di quei 10 milioni al genitore non andrà neppure un centesimo. Giuseppe Nesta telefona alla Lazio e chiede che il figlio sostenga un provino. Detto, fatto: campo di San Basilio, 300 bambini, Alex ha 9 anni appena, l’esame è superato al primo colpo. Resta schivo, nonostante gli elogi, alla Lazio lo sistemano anche all’ala destra, i guai arrivano quando in una stagione cresce di 22 centimetri: nascono scompensi alle anche, infiammazioni alla spina dorsale e alle ginocchia. Lo aiuta l’affetto dei genitori, la mamma che ogni sera lo coccola, preparandogli leccornie e lavandogli a mano maglietta e calzoncini perchè i colori non stingano, appassendo. Sfida Totti anche quand’è pargolo: lui con la Lazio, il Pupone originale con quella della Lodigiani. “Una volta gliele suonai di brutto: 6-2”, la leggenda mai sentita di Nesta. Il suo migliore amico diventa Di Vaio. Zoff lo farà esordire in serie A, con la Lazio conoscerà il talento al servizio della squadra (Signori) e quello al servizio del bicchiere (Gascoigne); l’allenatore per cui il gioco viene prima del giocatore (Zeman), e quello che lascia libertà dentro e fuori dallo stadio, responsabilizzando l’individuo come essere pensante e non macchina acchiappasoldi (Eriksson). A Gascoigne, ruppe tibia e perone durante un allenamento. Se ne ricordò 4 anni dopo, quando a Parigi (Mondiali 1998, Italia-Austria) una torsione anomala gli sgretolò i legamenti del ginocchio. La carriera improvvisamente in pericolo: piscina, palestra, fisioterapia, poi un nuovo intervento perchè sulla ferita si forma un’infezione. Cragnotti, che vede la pepita marcire, chiede alla Federazione un risarcimento di 13 miliardi. Nesta torna dopo 6 mesi e la Lazio spicca il volo fino al derby contro Totti: il Pupone, quello doc, lo irride con finte e rococò. A Nesta saltano i nervi, espulso prima della fine, mentre Totti segna e mostra la canottiera con una scritta che farà impazzire la città: “Vi ho purgato ancora”. Nesta non perdona l’affronto e in Nazionale, qualche settimana dopo, prende di petto il rivale. Da quel giorno, il derby diventa una sofferenza: nell’ultimo, il più atroce, Nesta crolla e tra il primo e secondo tempo non torna in campo. Lì, si inceppa il rapporto con i tifosi: il capitano che abbandona la nave non ci merita» (“La Stampa”, 1/9/2002).