Varie, 5 marzo 2002
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Nowitzki Dirk
• Wurzburg (Germania) 19 giugno 1978. Giocatore di basket. Dei Dallas Mavericks. Alto 2.13, fu scelto dai Milwaukee Bucks al primo giro (n. 9) dei draft del 1998 • «[...] Ettore Messina fece carte false per portarlo a Bologna, alla Kinder. Invano. Lui aveva scelto di ”prendere i voti” nella Nba. Ma un italiano ebbe modo di allenarlo. Fu Sandro Gamba, ex c.t. che annualmente guida le promesse mondiali del basket in una sfida contro i pari età americani. E quell’incontro fu la prima grande vetrina internazionale per il ragazzo di Würzburg dai riccioli biondi e dal potenziale devastante. Però in Italia, forse, lo scoprì ancora prima di tutti Marco Crespi, ai tempi in cui era a Milano. [...] tornò dalla Germania e disse: ”Ho visto un giocatore incredibile” [...] approdando in Texas, aveva incassato i consueti stereotipi Usa verso gli stranieri. ”Lo chiamavano ”Colonnello Klink’, ”Wiener schnitzel’ e via di questo passo’ ricorda Donn Nelson, assistente in panchina di papà Don e abilissimo scandagliatore del mercato europeo. I soprannomi, si sa, vanno e vengono. E cambiano. Oggi che la freccia di Dirk è rivolta verso l’alto, ora che Dallas è lui [...] non c’è più nulla da dimostrare: ha provato di avere nel Dna qualità atletiche fuori dal comune, agilità, una mano magica e la durezza verso se stesso tipica dei tedeschi. finito così sulla copertina dell’annuario della squadra [...] prototipo dell’ala che sa giocare benissimo pure come centro, è ”il tuono”. [...] la popolarità di Dirk ha raggiunto quella di figure come Beckenbauer e Becker. Cominciò con il tennis e la pallamano, ma venne catturato dal basket. ”Vidi Jordan in azione alla tv e mi emozionai. Diventai tifoso dei Bulls: Michael, Rodman, Pippen, capite perché sono rimasto stregato? Così a 16 anni la pallacanestro entrò nella mia vita”: ecco l’incipit’ di Nowitzki. Semplice, magari scontato, ma genuino. All’americanizzazione si è concesso senza riserve, salvo mantenere un ponte solido con la patria e con le abitudini di un tempo, tra tutte suonare la chitarra e il sassofono. ”[...] nella Nba conto di lasciare un segno importante” assicura. Detlef Schrempf, che per anni è stato il simbolo della Germania nel grande basket, rischia di impallidire. [...]» (Flavio Vanetti, ”Corriere della Sera” 26/11/2001) • «[...] ”I dettagli sono importanti. Bisogna lavorare sodo, non accontentarsi mai, cercare di colmare le lacune, perché una cosa è certa: si può sempre migliorare”. La sua maniacalità, forse eccessiva, si potrebbe liquidare con la solita battuta: è pignolo come un tedesco. Ma non si può. Perché se il gigante biondo dagli occhi buoni non avesse curato i minimi dettagli del suo gioco [...] non sarebbe uno dei migliori giocatori del mondo. In pochi anni ha fatto progressi impensabili: ha guidato la sua nazionale al bronzo mondiale, nella Nba è diventato presto una macchina da punti. [...] è stato il primo europeo a guidare la classifica dei migliori realizzatori della Nba. Un fatto storico. [...] ”Cerco di non paragonarmi mai agli altri. Non miro a diventare il miglior giocatore della Nba. Io provo a dare sempre il massimo per aiutare la mia squadra a vincere. Conta solo questo [...] Mi prendo solo un mese di vacanza. Poi durante l’estate mi alleno moltissimo. Frequento molto le palestre, gioco con la mia Nazionale. Cerco di migliorare costantemente gli aspetti del mio gioco: la rapidità di gambe, il tiro. Non mi accontento mai. Sono convinto di avere ancora notevoli margini di miglioramento. Lo vedrete nei prossimi anni [...] gli avversari hanno cominciato a temere le mie qualità offensive e spesso raddoppiano la marcatura su di me. Devo essere in grado di trovare sempre l’uomo libero a cui passare la palla. In quello non sono ancora bravo [...] Segnare per me non è così importante. L’importante è andare ai playoff e più lontano possibile. Se per riuscirci serve che faccia 27 punti a partita, allora va bene segnare ed essere il migliore. Io non mi interesso delle statistiche dei singoli. Perché se vuoi diventare davvero il leader di una squadra devi saper fare di tutto: segnare, prendere rimbalzi. Tutte le cose che servono per vincere [...] Prima scegliere la Nba, avevo contatti con Bologna e con Barcellona. Non so cosa sarebbe successo, ma quello che avevo visto a Bologna mi era piaciuto moltissimo, la squadra, la città. Magari sarebbe stata una buona mossa venire da voi e magari rimandare la Nba di un anno o due [...] Ho iniziato a giocare all’inizio degli anni Novanta quando avevo 13 o 14 anni. Bird ormai si era praticamente ritirato. Sono cresciuto guardando i Chicago Bulls di Jordan. In Germania si riusciva a vedere una o due partite alla settimana e generalmente facevano vedere i Bulls” [...]» (Massimo Lopes Pegna, ”La Gazzetta dello Sport” 13/1/2005).