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 2002  marzo 05 Martedì calendario

NUTI

NUTI Francesco Firenze 17 maggio 1955. Attore e regista. «Una vita difficile dopo i successi degli anni Ottanta e Novanta, da Caruso Paskoski a Donne con le gonne (25 miliardi d’incasso nel 1992), quando quel ragazzo toscano, che aveva iniziato l’avventura con i Giancattivi per poi correre da solo, collezionava David di Donatello. A 47 anni ha confessato all’agenzia Adnkronos: ”Se entro il 15 febbraio 2003 non riuscirò a fare uno dei film che ho scritto, volerò via. Sì, mi suiciderò perché è troppo duro ricevere solo rifiuti dai produttori, che con me si sono arricchiti, e non realizzare film. Avevo presentato la richiesta per il fondo di garanzia per Olga e fratellastri Billy, poi è cambiato il governo: mi è stato fatto capire che avrei avuto via libera solo avvicinandomi alla destra. Sono un disoccupato, come quelli di Termini Imerese ai quali devolverò il 25 per cento dell’incasso del mio film, se mai lo farò”. […] Tutto cominciò quando confessò la condizione d’alcolista, fors’anche per troppo successo piombato su un estroso giovanotto cresciuto in una famiglia semplice, tra le fabbriche che riciclavano montagne di stracci, in quella sua Prato dove diceva di voler sempre tornare ”per ritrovarsi ”. Da allora, la strada è stata piena di trabocchetti: fece lo sciopero della fame perché per Il signor Quindicipalle lo avevano licenziato giudicandolo ”inaffidabile” e, prima, aveva combattuto per concludere OcchioPinocchio» (G. Gs, ”Corriere della Sera” 10/1/2002). «Già con Donne con le gonne (25 miliardi nel ”91) io sono andato in depressione. Non mi lavavo, non volevo uscire. Mi accorsi che se prendevo gli ansiolitici con l’alcol mi sentivo forte. Nel ”93 ero un alcolista. Nessuno più mi ha cercato. Quando la Medusa mi ha richiamato mi sono detto: faccio un altro film sul biliardo […] Il signor Quindici palle si difese con 12 miliardi, ma era modesto. Il vero disastro è stato Caruso zero in condotta. Pensai di essere furbo ricordando nel titolo un mio successo, Caruso Paskoski, ma il pubblico non è caduto nella trappola. Ora non bevo più. Ma sono timbrato: fintanto che porti i soldi, nel cinema, puoi ”farti” di tutto quello che ti pare, ma quando le cose vanno male ti mollano. Non è giusto verso uno che ha dato moltissimo. […] Sa cosa vuol dire partire da Narnali, frazione di Prato, figlio di un barbiere e di una casalinga calabrese? Mio padre disse: vai in fabbrica. Durante la settimana in fabbrica e il sabato al negozio da mio padre, la sera il cabaret. Nel ”79 incontrai i Giancattivi […] Non mi sono mai scoraggiato. Incazzato, sì. Una sola volta ho pensato veramente al suicidio, durante Il signor Quindicipalle. Non riuscivo a recitare (ma non sbagliavo un colpo di biliardo) e avevo paura di non uscire mai più dal tunnel […] Quante volte mi sono innamorato delle mie attrici? Tre convivenze. Clarissa Burt. Isabella Ferrari. E Anna Maria Malipiero. Mi è stata vicina nel periodo peggiore. Se mi domanda se ho avuto una grandissima passione, non farò mai il nome ma rispondo: tanti anni fa per un’attrice che potrei definire bianca, chiara e trasparente […] Il cinema è una bella vacanza come da ragazzini, c’erano gli amori estivi e poi a settembre tutto svaniva […] Io mi sento italiano, socialista, pluralista, laico, liberale, cristiano. E berlingueriano. Oggi sono vicino ai movimenti spontanei. E non accetto più che sei considerato un cittadino quando c’è odore di elezioni e per il resto diventi un numero da sondaggi […] Mi piacerebbe che si parlasse di me come del Sordi di Un borghese piccolo piccolo» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 23/2/2003). Vedi anche: Claudio Carabba, ”Sette” n. 39/1998; Claudio Carabba, ”Sette” n. 1/2000: