Varie, 5 marzo 2002
OཿNEAL
O’NEAL Tatum Los Angeles (Stati Uniti) 5 novembre 1963. Attrice. Figlia di Ryan O’Neal e Joanna Cook Moore. Il 1° agosto 1986 ha sposato il campione di tennis John McEnroe: hanno avuto tre figli e, nel 1994, hanno divorziato. Esordisce nel 1973, a fianco del papà Ryan, in Paper Moon-Luna di carta, commedia in bianco e nero. Per quel film ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista e il David di Donatello. Sempre da bimba con il padre gira Vecchia America e con Walter Matthau Che botte se incontri gli «Orsi». Una corsa sul prato del 1978 la vede per la prima volta protagonista. Tra gli altri Ore 13: dopo il massacro la caccia e, nel 1996, Basquiat. Le difficoltà di crescere con un padre famoso, i dietro le quinte di Hollywood, la sua dipendenza dalla droga, la tempestosa relazione con McEnroe sono l’oggetto della biografia A Paper Life. «Sono una sopravvissuta, non so perché non sono morta tante volte, incapace di salvarmi da me stessa, dalla droga, dalla Los Angeles più crudele e dalla Hollywood più cinica [...] Mio padre ci lasciò per due anni per interpretare Barry Lyndon. Mi sentii abbandonata. Il narcisismo di Hollywood fa male ai figli: chi dice il contrario mente. Era sempre circondato da donne, che andavano e venivano dal suo letto: Ursula Andress, Anouk Aimée, Bianca Jagger... [...] Mio fratello Griffin è stato il mio unico amico quando, bambini, venivamo lasciati da soli per giorni e giorni da nostra madre, l’attrice fallita Joanna Moore, dedita all’alcol. Potevamo contare solo su noi due. Eppure sono sempre stata fino all’ultimo al suo fianco quando mi disse che aveva un tumore [...] Scrivono tutti a Hollywood e dintorni: memoriali, copioni, diari senza pudori. Io, prima di scrivere, ho vissuto sulla mia pelle il dramma di crescere a Hollywood. Ne sono stata schiacciata e autodistruggermi mi pareva una soluzione [...] Avevo un cognome di successo, ma in realtà non possedevo nulla. Tanti figli d’arte ce l’hanno fatta, altri no. Ricordo l’amicizia con Maria Dylan, figlia di Bob, l’invidia per chi aveva una vera famiglia [...] Sono grata a Cher, per la sua amicizia che ha rallegrato la mia infanzia anche con torte di mele, a Richard Burton, che mi ha insegnato ad amare i libri e mi ha detto di smetterla di sentirmi una piccola orfana [...] Tutto genera stress nel cinema, ma la gente non lo sa. Vede solo una vita dorata, il tappeto rosso delle prime [...] Papà aveva 22 anni quando sono nata, l’immaturità, il successo, la paura di perderlo hanno segnato anche lui. Hollywood ti insegna a sognare, ma è facile perdersi» (Giovanna Grassi, ”Corriere della Sera” 23/10/2004).