Varie, 5 marzo 2002
Tags : Umberto Ortolani
Ortolani Umberto
• Viterbo 1914, 17 gennaio 2002. Piduista • «Nasce a Viterbo, il padre è ferroviere. Laureato in giurisprudenza, partecipa alla resistenza nei gruppi cristiano-sociali. Nel dopoguerra si trasferisce a Bologna, dove diventa amico dell’alto prelato Giacomo Lercaro. A metà degli anni ’50 lascia l’Emilia Romagna per Roma. Nel ’55 si dà all’editoria comprando l’Agenzia Italia, nel ’63 papa Paolo VI lo nomina ’gentiluomo di Sua Santità’. Negli anni ’70 entra nel mondo della finanza internazionale e inizia la sua attività in Argentina e Uruguay. A Montevideo ha sede la sua banca, il Bafisud, e in America Latina Ortolani conosce Licio Gelli. La sua iscrizione alla Loggia P2, della quale verrà considerato la ’mente finanziaria’, risalirebbe al ’74. Quando scoppia lo scandalo P2, ricercato per concorso in bancarotta fraudolenta per il crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, si dà alla latitanza. Tornerà in Italia soltanto nel 1989. Nel ’94 è condannato a 4 anni per concorso in bancarotta nell’ambito del crollo della Rizzoli. Nel ’96, al processo P2, è assolto dall’accusa di cospirazione politica contro i poteri dello Stato. Nel ’98 la Cassazione rende definitiva la condanna a 12 anni per l’Ambrosiano» (’Corriere della Sera” 18/1/2002). «Era solito definirsi ’signor nessuno’. Ben diverso era invece l’appellativo che gli aveva assegnato Clara Calvi, moglie del ’banchiere dagli occhi di ghiaccio’: Gelli e Ortolani erano ’il gatto e la volpe’. Difficile vedere in Calvi il Pinocchio della situazione, ma certo il lungo processo per il crac, concluso con la condanna definitiva sia di Gelli sia di Ortolani a 12 anni, ha confermato il ruolo da protagonisti dei due nelle manovre che affondarono nei primi anni Ottanta il Banco in una voragine da mille miliardi (di allora, equivalenti oggi ad almeno 3 mila miliardi di lire). La storia di Ortolani rientra nei classici dell’Italia dei Misteri. Nato a Viterbo, figlio di un capostazione, si laurea in legge. Partecipa alla Resistenza nei gruppi cristiano-sociali e nel Dopoguerra si trasferisce a Bologna. Entra nella Dc e nell’entourage dell’alto prelato Giacomo Lercaro. L’intraprendenza gli guadagna la carica di amministratore delegato della Ducati. Trasloca di nuovo, questa volta a Roma. Frequenta gli ambienti vaticani e conquista perfino il titolo di ’gentiluomo di Sua Santità’, premio poi revocato. E’ attratto dall’editoria e nel ’55 rileva l’agenzia giornalistica Italia, si dice con appoggi americani. L’agenzia, con i suoi uffici in via Condotti, è un trampolino per nuove relazioni. Ma ha problemi finanziari, e Ortolani la vende all’Eni di Enrico Mattei. Ritenta l’avventura editoriale con il quotidiano ’Telesera’. Grazie a tessere e conoscenze si assicura la poltrona di presidente dell’Istituto nazionale case impiegati dello Stato. E’ sfiorato dall’inchiesta sullo scandalo del Villaggio Olimpico, ma ne esce indenne. L’ex partigiano guarda anche oltre oceano. Terra di conquista è il Sudamerica, in particolare Argentina e Uruguay. Qui stringe i legami con Gelli e, con quest’ultimo, si avvicina ai coniugi Peron. La sua ascesa sembra non trovare ostacoli. Lui si muove sempre con grande discrezione, da ’signor nessuno’. Il suo nome, però, è destinato a finire sotto i riflettori delle cronache: il clan dei marsigliesi gli rapisce il figlio. La richiesta di riscatto è ingente, un miliardo. La vicenda comunque si conclude in fretta: bastano dieci giorni. Tutto ciò poteva certo significare per lui un vero tracollo finanziario. Ma a salvare la cassa interviene la vendita di una fetta di una sua banca di Montevideo, il Bafisud, all’Ambrosiano di Calvi. Il sodalizio con il patron dell’ex ’banco dei preti’ è totale: Ortolani gli offre il supporto per la costituzione della vasta rete estera che ha consentito di far perdere le tracce del controllo dell’Ambrosiano e dei soldi usciti dai suoi forzieri. Il braccio destro di Gelli viene descritto nelle carte del processo come ’crocevia’ per grandi flussi di denaro, partiti dal Banco e arrivati a lui attraverso la costellazione di società off shore che comprende nomi come Promotion, Tuypal, Multico, Zus, Palmetto. Senz’altro Ortolani è una delle poche persone a conoscenza dei segreti e della fine del banchiere morto nella notte fra il 17 e il 18 giugno 1982 sotto il ponte londinese dei Frati neri. Con lui e il Maestro Venerabile organizza la scalata piduista alla Rizzoli. Ma arriva lo scandalo, con il sequestro a Castiglion Fibocchi degli elenchi della loggia. Ortolani fugge in Sudamerica. Nell’83 viene fermato e rilasciato in Brasile, paese del quale ha la cittadinanza. Nel giugno dell’89 torna in Italia, si costituisce ai giudici che lo accusano per il crac Ambrosiano. Finisce in carcere. Considerato lo stratega finanziario della P2, per la bancarotta incassa in primo grado la condanna più grave: 19 anni, qualche mese in più di Gelli. Per entrambi la pena verrà poi ridotta a 12 anni. Ma il ’signor nessuno’ è già malato. E non tornerà in prigione» (Sergio Bocconi, ”Corriere della Sera” 18/1/2002).