Varie, 5 marzo 2002
PAGLIARINI
PAGLIARINI Giancarlo Milano 23 aprile 1942. Politico. Consigliere comunale a Milano. Laureato in economia e commercio, primo presidente del Parlamento per l’indipendenza della Padania, eletto senatore nel 1992 e 1994, deputato nel 1996 e nel 2001. Capogruppo della Lega Nord alla Camera nella XIII legislatura, ministro del Bilancio nel Berlusconi I. Nel gennaio 2007 ha lasciato la Lega • «[...] Un mito: per chi sa poco di cose della Lega, Pagliarini è un brav’uomo, ex commercialista e per un breve periodo anche ministro della Lega che, nel 1994, oltre che a corto di idee era a corto di uomini. Pagliarini non è certo un Milton Friedam, non sarà mai premiato con il Nobel. [...]» (Galapagos, ”il manifesto” 7/6/2005) • «[...] Non che di essere un cane sciolto, isolato, controcorrente, importi granché a Pagliarini. [...] Perché Pagliarini non è uno che piega la testa, se non a Bossi. A Milano, quando era assessore al Demanio, ha litigato con tutti. Si presentava in Via Larga ai suoi dirigenti con chiacchiere e nutella, ma agli alleati del Polo non ha risparmiato colpi di clava. Dall’Aem all’Atm, da Piazzale Dateo alle cartolarizzazioni, l’assessore che cominciava le riunioni con le barzellette e gonfiava in ufficio la nuova canoa, non si è mai risparmiato l’’inizio di una grande battaglia. Il problema, dicono, è che il focoso ”Paglia” è fatto più per gli scontri eroici che le lunghe guerre. Dopo un po’ perde verve, quasi si annoia. E spesso resta solo. Generoso per entusiasmo e parole, Pagliarini non ha mai lesinato dichiarazioni a effetto. Come quando ha detto di voler vendere il Colosseo ”ispirato da Totò”. O quando, ministro del Bilancio nel primo governo Berlusconi, ha sostenuto che ”lo Stato è al fallimento”. O ha definito la manovra ”un paracadute, che se non si apre ci schiantiamo al suolo”. E quanto gli dev’essere piaciuto lasciare tutti di stucco affermando che il ”bilancio più chiaro è quello neozelandese”. Parole in libertà? Tutt’altro. Vuoi perché il ragionier (e dottor) Pagliarini i conti li conosce bene, visto che prima di diventare senatore e ministro ha lavorato per quasi vent’anni in Arthur Andersen e poi ha fatto il revisore in proprio, ma soprattutto perché le questioni di principio sono il suo forte. Ha abbandonato l’Andersen sostenendo che i big della certificazione non facevano più il loro mestiere (e che dire: il superbig è stato travolto dal crac Enron, salvo essere scagionato dopo). Ha dismesso il suo network di 16 società di revisione quando è diventato ministro per evitare conflitti d’interessi, invitando Berlusconi a fare altrettanto. E su Bankitalia non hai mai cambiato parere. Quando ricorda Cariplo dice: ”Era una grande banca padana ma all’epoca, con Fazio governatore, le succhiarono il sangue per destinare aiuti ad altri istituti”. E da Via Nazionale è stato il primo a ricevere una querela dopo aver definito ”mafioso il comportamento delle banche nel sistema dei finanziamenti alle imprese, come nel caso Ferruzzi”. A Fazio non ha mai risparmiato critiche. [...]» (Sergio Bocconi, ”Corriere della Sera” 13/8/2005).