Varie, 5 marzo 2002
PAGLIUCA
PAGLIUCA Gianluca Bologna 18 dicembre 1966. Ex calciatore. Con la Sampdoria vinse lo scudetto 1990/1991 e la coppa delle Coppe 1989/1990, con l’Inter la coppa Uefa 1993/1994 e 1997/1998, con la nazionale fu vicecampione del mondo nel 1994 • «Il destino vuole metterlo dove è meglio per tutti, a dodici anni: la febbre blocca il titolare, lui è il più alto e i pali diventano suoi. Per sempre. Battara lo vede, lo scopre, lo porta al Bologna. Giovanili rossoblu, poco spazio, davanti c’è un certo Turchi ma fuori-campo, a curarlo, c’è Soncini: che passa alla Samp, lo indica a Mantovani e lo chiede in prestito per il Viareggio dell’86. Lo stesso Mantovani si muove per andarlo a vedere e all’intervallo di una finale con l’Inter dice a Paolo Borea ”scenda e lo compri subito”, prima che arrivi Ernesto Pellegrini. Fatta, per 300 milioni. Inizia la storia. Con lo scudetto e le Coppe, con l’incubo Wembley fra i Campioni, con una Sampdoria che lui definisce così. ”Otto anni di Samp – racconterà nel giorno del passaggio all’Inter per 8 miliardi più Zenga e Ferri in blucerchiato – lasciano un’impronta decisa, indelebile perché la Sampdoria non è soltanto una squadra o una società o un pubblico, ma è soprattutto un modo di vivere il calcio, anche un modo speciale di vincere o di perdere. Devo tanto a Boskov, l’uomo che ha sempre creduto in me, a Battara; e ovviamente a Paolo Mantovani: lui è stato più di un papà, soffrivadi cuore e diceva che io ero la massima garanzia per la sua salute. Mi voleva molto bene”. La sua Samp è pietra di paragone per l’Inter (’ I rapporti fra di noi? – disse nel gennaio del – 99 – Ricordo perfettamente che ai tempi blucerchiati io, Mancini e Vierchowod ci si mandava a quel paese ad ogni partita, eppure vincemmo uno scudetto”), in quella sua Samp lui fa la parata più importante della sua vita in A. Che oggi racconta così: ”E’ l’anno dello scudetto vinciamo in casa Inter due a zero, rigore di Matthaus che tira talmente forte da spezzarmi la catenina al collo. Però paro. Intervento decisivo per il tricolore”. Gianluca, poi, e i suoi tre mondiali, ma questa è un’altra storia. Ci rimase male quando Zoff lo fece fuori (’Daquando non sono stato più convocato – disse – evito di guardare la Nazionale”), come quando dovette abbandonare l’Inter: era arrivato Lippi, con Peruzzi. ”Ci rimasi malissimo – ha detto ”, ma col tempo capii che non era stata una scelta di Moratti, che anche lui era dispiaciuto. Quando lo conobbi mi ricordava molto Mantovani, per il suo modo di parlare, per la personalità e un tocco di familiarità che non guasta”. Sono battaglie: una Uefa vinta, lo scudetto perso nel ”98 (’Ma io mi sento vincitore morale”, disse ricordando il contatto Ronaldo-Iuliano in Juve- Inter) [...] Sa stilare la hit degli ex compagni-campioni. ”Ronaldo prima di tutto – racconta oggi – rapidità di movimenti e classe; Mancini, genialità e personalità; Vialli, potenza e tecnica mescolati; Baggio, grande fantasia e una forza d’animo come nessuno; Cerezo, della serie ’come mettere la palla in cassaforte’. Ecco i primi 5 campioni con cui ho giocato. [...] Ho toccato quota 100 in A il giorno dello scudetto aritmetico della Samp il 15 maggio – 91; le 200 nel mio debutto a San Siro con la maglia dell’Inter; le 300 a Bologna, sempre con l’Inter, le 400 a Roma contro la Lazio”. Manca un sogno. ”Un volta colpii unpalo ed è chiaro che la cosa più importante è fare il portiere. Però? Bè, non mi dispiacerebbe fare un gol, prima o poi vorrei riuscirci”» (Matteo Dalla Vite, ”La Gazzetta dello Sport” 18/9/2003).