5 marzo 2002
PAMPANINI Silvana
PAMPANINI Silvana. Nata a Roma il 25 settembre 1925. Attrice. «Miss Italia ’46, star del cinema con un’ottantina di film al suo attivo [...]» (Marida Caterini, ”Panorama” 10/6/1999). Film più famosi: I pompieri di Viggiù (1949), Bellezze in bicicletta (1951), Un giorno in pretura (1953), Un marito per Anna Zaccheo (1953), Racconti romani (1955), Il gaucho (1964), Tburzi (1996). «[...] è stata una delle donne piu’ belle del mondo, miss Italia nel 1946, interprete di decine di film che hanno turbato (senza nudo e senza volgarità) i desideri segreti di milioni di maschi vogliosi. [...] ”[...] I giornali mi volevano bene. Mio padre, Francesco, era direttore della tipografia dove si stampava il ’Momento sera’ di Realino Carboni, un quotidiano popolare di Roma, spesso irriverente. Ai miei esordi pubblicarono una recensione simpatica su di me, poi i giornalisti dissero a mio padre: ’Non sapevamo che fosse tua figlia, non sapevamo che avessi una figlia cosi bella!’. E mio padre, che era anche un grosso pugile, agitò le mani: ’Se ne aveste scritto male, avreste dovuto fare i conti con queste’. [...] Il bello è che mio padre non voleva che facessi spettacolo. Papà non voleva, mamma nemmeno, come dice la canzone, e al concorso di Miss Italia, che allora si teneva a Stresa, arrivai timidamente: per la prima volta, pensa un pò , con i tacchi alti e le calze lunghe. Una ragazzina che scatenò un finimondo. [...] La giuria aveva premiato un’altra ragazza e il pubblico si scatenò per protesta: pugni, spintoni, le sedie che volavano... Furono costretti a rifare il verdetto e a proclamarmi vincitrice ex aequo, ma neanche questo bastò a riportare la calma. [...] io sono di una famiglia per bene, di principi sani e antichi, come si dice. E Ii ho mantenuti. Ho pubblicato con un editore amico, Gremese, un libro sulla mia vita e ho voluto dargli apposta questo titolo: Scandalosamente per bene. Ho fatto tanto scandalo, ma sono per bene. [...] L’amore si fa solo se si è innamorati. E io mi sono vietata di fare l’amore con personaggi dello spettacolo, di innamorarmi di loro, perché capivo subito che si trattava di cose fragili. [...] Ho avuto i miei innamoramenti, i miei amori. Ma mai fino al punto di sposarmi. Tutti segreti, credo: com’è giusto. Una sola volta sono arrivata al limite del matrimonio... [...] Lui è morto, un mese prima delle nozze. [...] Era gelosissimo. Ma di Silvana, di Silvanella come mi chiamavano gli intimi, non della diva. Ho sempre in mente i suoi occhi con i riflessi verdi... Dopo la sua morte, sono rimasta attaccatissima alla sua mamma, sono rimasta la sua figliola. E fino a quando è vissuta l’ha sorretta la mia fedeltà. Che dolore. Troppo forte, il dolore. E ingiusto. Non desideravo che lui. [...] Andreotti. Un mio grande ammiratore: questa ragazza, diceva, andrà lontano. Ed è stato l’unico a farsi vivo, di un certo tipo di mondo, quando sono mancati i miei genitori. [...] Io la sera non dormo se prima non dico le preghiere. E pensate pure che sono una provinciale. Nei miei contratti c’è sempre stata una clausola: il nudo, mai. Tanto, per sedurre, basta uno sguardo, un pagliaccetto, mostrare e non mostrare. E a certe ragazze di oggi, anzichè scoprirsi, sarebbe conveniente coprirsi. Orge? Anche nel cinema ero attenta: quando girammo Margot di Bourgogne, le orge si sprecavano, ma il corpo non era mio, c’era una controfigura. Se vuoi parlare di nudo, parla con la Sandrelli. io i film di Stefania Sandrelli non sono mai andata a vederli, ma lei di nudo ne ha fatto tanto. [...] Credo di essere una bellezza rara: di brune come me c’è stata solo Ava Gardner [...] Era un rubacuori Totò. Uscivamo spessissimo a cena, ma sempre con mio padre e mia madre. Non ha mai cercato di baciarmi. [...] Tutti allungavano le mani. Il peggiore, Orson Welles: una volta a Roma, gli ho mollato due bei ceffoni in faccia, per farla finita. [...] William Holden. Il più bello. Lui portava i pantaloni all’italiana, e non come fanno gli americani, ridicoli, quasi allo stinco! [...] Aristotele Onassis: tanto brutto quanto simpatico. Una volta, a Capri, proprio sotto la sua mega nave, Cristina, ero nella mia barchetta, Mon reve, con un paio di amici: mangiavamo gli spaghetti sciuè sciuè, ridendo e scherzando. E vedevamo questa tavola lunga lunga, da una parte Onasiss e dall’altra Jackie Kennedy, che erano serviti in silenzio da tanti camerieri: tutto molto triste. Uno dei miei amici, Gegè Girosi, gridò: ’Silvanella, lui avrà tanti miliardi, ma noi siamo piu’ felici. Povero Onassis!’ E le parole, amplificate dal vento, arrivarono a Onassis. Perchè un mese dopo, in un ricevimento a Manhattan dal console italiano, arrivò proprio lui e venne subito da me, sorridendo: ’Silvanella’, disse ’io sono il povero Onassis.’ Mi sentii sprofondare. Lui, simpaticissimo, aggiunse: ’Se mi aveste chiamato, vi avrei raggiunto anche a nuoto, per mangiare sciuè sciuè! [...] Mi viene in mente Gianni Agnelli: in barca, a Porto Cervo, seducentissimo. Un grande fascino. Ma un peccatuccio con lui non lo avrei mai fatto. Perchè lui di peccatucci ne ha fatti troppi e con troppe. E io non voglio considerarmi una delle troppe, e neanche delle tante. [...] In Sardegna incontro il famoso e potente Camillo Crociani, che mi fa una grande corte. Era presidente della Finmare. Però era sposato e non aveva ancora avuto il divorzio, non potevo dargli retta. Lui era con la sua compagna, quella che poi ha sposato... Una che ostentava i gioielli favolosi che lui le regalava, dicendo questi li ho solo io e la duchessa di Windsor, e se le mandavi i fiori diceva che odiava i fiori e diceva di amare più i cani dei bambini... Camillo un giorno voleva prestarmi il suo elicottero e lei no, l’elicottero serve a me, deve posarmi sugli scogli per fare il bagno. Come si scusò, Crociani! E che scenata dev’esserci stata, tra di loro. [...] Un’estate, Michele di Borbone (non so se sia potente, ma il sangue blu c’è) si era messo a fare il sub. Risale e ci annunzia: ho perso un dente. Di quelli avvitati. Però so esattamente dove l’ho perduto. Torno giù e lo prendo... E così fa, riemerge e ha il dente in mano, e se lo riavvita sotto i nostri occhi. [...] Aldo Fabrizi: dio quanto mangiava. A teatro, tra un atto e l’altro, si divorava un piatto di fagioli con le cotiche. Una volta Vittorio Gassman e io, e c’era anche Amedeo Nazzari, per scherzo mentre lui era in scena gli portammo via tutto. Avresti dovuto vedere la sua faccia malinconica, i suoi occhi, quando è tornato in camerino. Gridò: e io ora che me magno? Come faccio a recitare? [...] lo parlo e dico quello che penso. I potenti del cinema da un certo punto in poi mi hanno bloccata. Quasi una congiura. Ma non rimpiango niente”. [...]» (Cesare Lanza, ”Sette” n. 39/2000).