varie, 5 marzo 2002
PANARIELLO
PANARIELLO Giorgio Firenze 30 settembre 1960. Comico • «Toscano diventato di moda insieme ai toscani Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni, l’infanzia passata a Viareggio con i nonni materni ma la casa presa a Prato con quella che da dodici anni è la sua compagna, molti spettacoli in piazza prima di arrivare in televisione, deve la sua fama a una galleria di personaggi minori presi dalle strade della provincia: il bagnino d’altri tempi, il bambino scemo, la signora che sa tutto lei, il pr di una discoteca, un impresario che non si ferma davanti a niente. Su questi ha costruito i suoi spettacoli, il film Bagnomaria con la Arcuri a fare la ”bombolonara”, i varietà televisivi che l’hanno lanciato, e perfino il suo Monsieur Jourdain di Molière. E non vuole cambiare. […] ”Il successo è arrivato troppo tardi per cambiarmi. Non ero un ragazzino, la gavetta era stata lunga, avevo già un altro cervello. Il successo mi ha fatto capire che averlo mi piace e che farò di tutto per mantenerlo spiazzando ogni volta, un poco, il mio pubblico […] Fin da quando ero piccolo il mio sogno era quello di esibirmi. A sei, sette anni, a Viareggio, mi chiudevo al bagno e mi intervistavo davanti allo specchio. Fingevo di essere un famoso disc-jockey. E a scuola, alle elementari, quando la maestra spiegava, riempivo fogli con la mia firma per esercitarmi a rilasciare autografi. Avevo talmente voglia di piacere agli altri che, finite le medie, i professori mi consigliarono di frequentare la scuola alberghiera per stare a contatto col pubblico […] Ho avuto genitori separati e distratti. Sono cresciuto con i nonni […] Leggo molti libri gialli, da Ken Follett a Camilleri e vedo molti film, magari in cassetta, ma li vedo […] Ho amato molto il film di Michele Placido su Sibilla Aleramo e Dino Campana, con la Morante e Accorsi. Sono un romantico: credo alla follia d’amore”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 18/5/2003) • «Chiedetegli se la sua comicità ha dei contenuti, e lui risponderà senza esitazione: ”Nessuno, e nemmeno messaggi. I miei modelli sono Walter Chiari e Gino Bramieri, che giocavano sul Sarchiapone, sulle macchiette, sul veneto ”mbriaco”. E la politica? ”Non m’interessa: vengo dalla strada, dal cabaret. […] Prima ero ritenuto un comico regionale, ma ora (sempre ricordando Chiari e Bramieri) voglio cominciare a sfruttare tutti i dialetti. Insomma: per ora mi sono preoccupato di emergere. Da adesso in poi cercherò di crescere”» (Paola Zonca, ”la Repubblica” 21/3/2001). «Sono abituato a sentir ridere la gente ogni tre secondi […] Ho la mania del prestigio, il piacere d’essere riconosciuto. […] Sono un po´ piacione. […] Il mio agente e alcuni hanno sempre creduto in me. Altri sostenitori sono saliti sul tram quando il successo era già arrivato. Gli yes-men li sopporto ma preferisco i collaboratori e quelli che mi fanno ingollare un boccone amaro. […] Io vengo dalla radio […] Annunciavo a mia nonna che avrei cambiato mestiere, che abbandonavo il cantiere di Viareggio per fare il dj. Volavano le discussioni. Già che ho avuto pochi rapporti con mia madre. Già che non ho mai conosciuto mio padre. E io mi mettevo a inseguire farfalle mentre i nonni non navigavano nell’oro. Mio nonno brontolone, buono e acido all’esterno, m’ha ispirato anni fa il Vecchietto, un personaggio che emoziona e fa ridere» (Rodolfo Di Giammarco, ”la Repubblica” 26/3/2003).