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 2002  marzo 05 Martedì calendario

PANSA

PANSA Giampaolo Casale Monferrato (Alessandria) 1 ottobre 1935. Giornalista. De Il Riformista. Prima a Repubblica e all’Espresso • «[...] ha il giornalismo nel sangue, anzi in Italia ne è uno dei capiscuola e officia i riti di questo mestiere con un suo scrupolo particolare. Alle 8,30 del mattino ha già letto dieci quotidiani, si devono a lui metafore entrate nel linguaggio comune come la definizione di ”Balena bianca” per la Dc [...] Fin da giovane, ricorrentemente, oltre che al lavoro principale si è dedicato a ricerche su Resistenza e dintorni: cominciò con una tesi di laurea sulla Guerra partigiana tra Genova e il Po e ha proseguito con vari saggi [...] ”Non sono un fine politologo. Sono rimasto un ingenuo, un ragazzo di provincia affascinato dalla politica, ma non addentro ai suoi misteri [...] Vengo da una famiglia antifascista, se nel 1943 fossi stato più grande avrei fatto il partigiano [...] da giornalista campo sfottendo le persone, non sono uno imparziale” [...]» (Maurizio Caprara, ”Sette” n. 47/1999). «Il suo ufficio da vicedirettore, all’’Espresso”, è una via di mezzo tra un accampamento militare e uno sgabuzzino, una stanzetta spartana, formato lillipuziano, arredata da un ordinatissimo caos, quasi sommersa di ritagli di giornali diligentemente collezionati per tre decenni ogni mattina [...] questo l’antro del Bestiario, la foresta di articoli, colonne di piombo, ritagliati con certosina cura, da cui nascono le rubriche che tolgono il sonno a molti dirigenti del centro-sinistra [...] ”La polemica, anche personale, è il sale del giornalismo. Mi piace quell’adagio della stampa anglosassone che dice: ”Nessun problema senza una storia, nessuna storia senza un personaggio’ [...] Il giornalismo che mi piace è una cosa sanguigna, all’arma bianca, con il coltello in mano. Decido la mia rubrica negli ultimi tre minuti prima di scriverla, ci metto al centro una persona, scrivo a macchina con il piacere di vedere le parole che nascono sulla carta [...] sono un umorale, un ingenuo, a volte m’incavolo, spesso sbaglio. Ma non ho mai scritto una riga per calcolo o fatto polemiche per opportunismo, credo che anche gli avversari me ne diano atto [...] Giovanni Pansa, mio nonno, che faceva il contadino ed è morto a 37 anni zappando il campo di un altro. Mio padre fece il salto di classe e divenne operaio del telegrafo, io sono diventato giornalista” [...]» (Matteo Bandiera, ”Sette” n. 30/2000). Claudio Rinaldi: «Giampaolo? ” un grande giornalista e un amico, però di politica non capisce niente”. Era l´autunno 1995. Massimo D´Alema, allora segretario del Pds, stava mangiando un boccone con il direttore dell´’Espresso”, che ero io. Parlava di Giampaolo Pansa, condirettore del settimanale, e per una volta la sua vocazione al sarcasmo appariva temperata da un affetto sincero. Poco dopo, mentre si chiacchierava del neonato Ulivo, osservò: ”Ecco, di politica Romano Prodi capisce ancora meno di Pansa”. Ad accennare all´episodio fu in seguito lo stesso Pansa. L´articolo uscì sull´’Espresso” dopo la disfatta del centro-sinistra alle elezioni regionali del 2000. [...] D´Alema aveva torto. Pansa di politica capiva molto. Ha sempre tenuto le distanze dai palazzi del potere, sì, ma raccontandone le vicende con una lucidità spietata; per questo i suoi articoli hanno resistito all´urto del tempo. Il testimone della vita pubblica ne coglieva le tendenze meglio di tanti protagonisti. [...] Le cattiverie di Pansa sono leali, mai subdole, e non cancellano un´indulgenza di fondo verso gli attori della commedia umana. Il ”Bestiario”, rubrica fissa a geometria variabile (di solito una pagina dell´Espresso, talvolta due o più), cerca di applicare a modo suo il principio costituzionale del giusto processo. Negli anni D´Alema è stato ora strapazzato ora incoraggiato: un indice dell´imprevedibilità di Pansa, ma pure della sua libertà nel porsi di fronte alla sinistra e alle sue convulsioni. Pansa ha conquistato tanti lettori grazie a uno stile aggressivo, all´uso elegante di espressioni rudi o anche plebee, alla veemenza dei giudizi. Ma quella che da cittadino auspica è una sinistra che con parola da lui non amata si definisce riformista: moderna, pragmatica, responsabile. Nel 1994 attribuì la sconfitta dei Progressisti alla mancanza di un leader e di un programma serio. Nel 1996 si stava ancora festeggiando la vittoria dell´Ulivo che lui già lanciava l´allarme Rifondazione: il Parolaio Rosso, cioè Fausto Bertinotti, è l´eroe negativo di molti brani esilaranti. Dal 2001 in poi anche i no global e il Sergio Cofferati radical-movimentista, gli ultrà del pacifismo e gli animatori dei girotondi hanno avuto il fatto loro. Ma ciò non implica un tifo accaldato per i Ds moderati ieri o per il Triciclo oggi. Il fatto è che Pansa guarda, guarda tutto con il candore del bambino davanti al re nudo. La sua carriera è stata scandita da cose viste e riferite senza autocensure: dagli operai Fiat che solidarizzavano con i terroristi (1977) ai ”giornalisti dimezzati” che compiacevano il Pci (1982), da Bettino Craxi con la canottiera fradicia di sudore in un congresso (1991) fino ai ministri del governo D´Alema bis (2000) che prestavano giuramento con facce da funerale. Quando approdò all´’Espresso”, nell´estate 1991, Pansa apparve in copertina munito di binocolo. Da allora ha continuato a guardare, e nulla della sinistra riformista che ansimava gli è sfuggito: non le inefficienze né le cadute di stile, non le risse intestine né il mancato ricambio dei dirigenti. Nel 1995 se la prese con Francesco Rutelli che voleva intitolare una piazza a Giuseppe Bottai, fascista e razzista; poi censurò Affittòpoli, lo scandalo delle case di proprietà pubblica affittate ai politici a prezzi di favore, e D´Alema parlò di ”squadristi della carta stampata”. L´anno successivo consigliò a Ciriaco De Mita, icona della vecchia Dc clientelare, di non candidarsi alle politiche; dopo il voto criticò la lottizzazione ulivista della Rai con la nomina di Lucia Annunziata alla guida del Tg3; in autunno attaccò l´inciucio fra Ulivo e Polo creando Dalemoni, mostruoso ibrido fra il capo della Quercia e quello di Forza Italia. Nel 1997 sfotté la nomenklatura del centro-sinistra che si riuniva a porte chiuse a Gargonza, sbeffeggiò il ricorso a consulenti di area berlusconarda come la Balia Baffuta, alias Maurizio Costanzo, e mise in croce D´Alema ”che cucina il risotto nella casa del segretario del sottosegretario Bargone”. Alla fine del 1998 dedicò allo stesso D´Alema, che ascendeva a Palazzo Chigi, un lungo impietoso ritratto, ma subito dopo maltrattò il suo rivale Walter Veltroni per un´inopportuna visita al detenuto Adriano Sofri. Fra i Bestiari del 1999, delizioso quello sul ministro Oliviero Diliberto in vacanza alle Seychelles con la scorta pagata dallo Stato. E nell´aprile 2000, quando D´Alema era strasicuro di trionfare alle regionali, il più lungimirante Pansa annotò la sua ”perplessità su questo scenario di vittoria annunciata”. Da quando al governo è tornata la destra i big dell´Ulivo sono stati lasciati un po´ più in pace, anche se la loro condotta elusiva nell´affare Telekom Serbia non è stata apprezzata. Il bersaglio preferito è diventato la ”sinistra regressista” con i suoi estremismi verbosi e sterili. Quello di Pansa però rimane un riformismo armato, che non perdona chi tira a campare. Non diversamente da Il sangue dei vinti, il bestseller sulle uccisioni di fascisti dopo il 25 aprile 1945, il Bestiario d´Italia è un´operazione-verità. Come tale scontenterà qualcuno. Ma la regola professionale di Giampaolo sembra la stessa di Lamberto Sechi, inventore nel 1967 di un ”Panorama” oggi berlusconizzato: ”Io ho molti amici, il mio giornale non ne ha”» (Claudio Rinaldi, ”la Repubblica” 2/4/2004).