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 2002  marzo 05 Martedì calendario

PANUCCI Christian

PANUCCI Christian Savona 12 aprile 1973. Ex calciatore. Con la maglia del Milan vinse due scudetti (1993/94, 1995/96) e una Coppa dei Campioni (1993/94), con il Real Madrid una Liga (1996/97) e una Champions League (1997/98). Ha giocato anche con Genoa, Chelsea, Monaco, Inter, Roma, Parma. In nazionale, 57 presenze e 4 gol • «L’etichetta di antipatico. Di solito un giocatore se la ritrova appiccicata addosso per un episodio o un malinteso, poi fatica per tutta la durata della sua carriera nel tentativo di togliersela. Per lui è tutto diverso. Quest’etichetta l’ha conquistata nel tempo, scontrandosi con quasi tutti gli allenatori che ha avuto [...] Il primo tecnico con il quale ebbe dei problemi fu Franco Scoglio. Il professore utilizzava l’allora terzino della Primavera negli allenamenti della prima squadra e gli ordinava di fare il ‘birillo’, cioè di occupare passivamente una posizione senza muoversi. Ovviamente non ci stava e veniva regolarmente escluso dalle convocazioni. Al Milan ci fu uno scontro durissimo con Capello, che lo aveva beccato mentre con Lentini si lasciava andare a qualche ragazzata di troppo a Milanello. In seguito però si sono chiariti e hanno instaurato un rapporto splendido [...] Se ne andò dal Milan nel gennaio 1996, cacciato da Arrigo Sacchi [...] A Madrid, ancora con Capello, ha vinto un titolo spagnolo e una Champions League [...] Nel 1999 è tornato in Italia all’Inter, fortemente voluto da Lippi. Sembrava l’inizio di un idillio e invece, dopo essere stato schierato fuori ruolo (primo marcatore destro nella difesa a tre, poi esterno destro di centrocampo) non ha trovato di meglio che litigare con l’allenatore, alzandosi di malavoglia dalla panchina durante un Inter-Bari apparentemente tranquillo. Da quel giorno non ha più giocato in nerazzurro e nell’estate 2000 è andato in prestito al Chelsea, per poi trovare da ridire anche con Claudio Ranieri [...] Poi eccolo al Monaco, ed ecco un nuovo scontro con Didier Deschamps. Alla fine, ha trovato il suo secondo ritorno in Italia, alla Roma. Con Fabio Capello, l’unico allenatore con il quale ha fatto la pace dopo una litigata veramente dura» (Ezio Rossi, “La Stampa” 16/9/2001). «Detto El Grinta dallo speaker giallorosso Carlo Zampa. Il magico Pindaro milanista Carlo Pelegatti, invece, inventò per lui perle quali: Christian Dior e profumo di mughetto sulla fascia. [...] lunga carriera di spaccaspogliatoi e ammazzallenatori [...] è arrivato nella Roma postscudettata nel 2001. Esordì in un Roma-Fiorentina e come prima cosa sbagliò l’appoggio a un compagno, ma segnò di testa il gol del 2-1 finale deviando una punizione di Assuncao. Giudizio sospeso. Per tutti era il “cocco di Capello”, che l’aveva lanciato come esterno destro della difesa a 4 quando allenava il Milan e poi se l’era portato al Real Madrid. Risultato: due scudetti in Italia, uno in Spagna, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale. Mica poco. Ma a Roma i cocchi di chicchessia non hanno mai vita facile, specie quando per ripicca di essere stati panchinati non vogliono entrare in campo. Nella carriera di Panucci eventi del genere si ripetono con frequenza sospetta. Quando Capello lasciò il Milan, incrociò il rientrante Sacchi. Arrighe lo aveva irretito facendolo partecipare ad alcuni stage della sua nazionale, ma non l’aveva convocato per Usa `94. Il rapporto tra i due non decollò mai: accusato dal vate di Fusignano di “scarsa professionalità”. Panucci fece le valigie per Madrid. Dopo tre stagioni, stessa storia. Il nuovo allenatore stavolta è il tedesco Jupp Heynkes che lo tiene in panchina una giornata di troppo e se lo vede piombare una sera a casa, non certo per una visita di cortesia. Nel 2000 Panucci si infila nella tragicommedia dell’Inter di Lippi. Il quale pensa bene di mettersi a giocare con la difesa a tre invece che a quattro, togliendo il posto proprio a lui, invitato a spostarsi a centrocampo oppure a starsene in panchina. Succede a fine campionato, in un’inutile partita col Bari. Lippi chiede a Panucci di scaldarsi. Lui si toglie la tuta. Lippi si avvicina ancora. Chiede al giocatore se “se la sente”. Panucci, imbufalito, manco lo guarda in faccia. Lippi lo fa rimettere a sedere. Nemmeno convocato per la successiva partita col Perugia, a fine stagione molla l’Inter e va al Chelsea. Dove, con Ranieri, resta ancora in panchina! E non è finita, perché il mercato d’inverno lo vede arrivare all’allora derelitto Monaco rilevato in corsa da Didier Dechamps. Ci credereste? L’ex juventino, a un certo punto, non solo lo mette fuori squadra, ma gli proibisce addirittura di partecipare agli allenamenti. Risultato: esclusi Capello e Gus Hiddink, Panucci dice di odiare tutti gli allenatori che “ti mettono in un punto del campo e ti dicono cosa fare”. Soprattutto, aggiungiamo, odia tutti gli allenatori che lo tengono in panchina. Potrebbe essere un martire dell’ossessione tattica, dell’estremismo sacchiano, del narcisismo lippiano. Ma non è Roberto Baggio, c’è poco da fare. Anzi, come difensore è più noto per le sue volate offensive che non per la sicurezza nel controllare gli attaccanti avversari, e per questo non può dire di avere dalla sua almeno la simpatia dei tifosi. Da un suo controllo difettoso nacque il gol sudcoreano che al 43° del secondo tempo cacciò gli azzurri nell’agonia dei supplementari e della sconfitta: sono cose che non si dimenticano, almeno fino al prossimo mondiale. Il fatale errore, per di più, fu preceduto da altri segnali. Disse che l’inno di Mameli lo cantava sì, ma dentro. E in un sondaggio risultò assieme a Pippo Inzaghi l’unico azzurro che nessuna donna italiana avrebbe voluto mai sposare. Panucci è nato a Savona da un madre praghese, cioè un mix di sicura introversione e rovello intellettuale. Da bambino, in effetti, era interista. Scoprì la passione nerazzurra assistendo a un amichevole estiva, poi seguì qualche trasferta da tifoso col pullmann dell’Inter Club Savona, ma non sappiamo se dopo la cura Lippi-Moratti qualche striscia di nerazzurro gli sia restata nel cuore. Sposato con una ragazza nata a Tenerife ma incontrata a Milano, ora dice a tutti che a fine carriera se ne andrà a stare a Madrid. Calciatore international-style, con un ciuffo nero da new wave anni `80 che ne distingue la figura tra mille sui campi da calcio, almeno per quelli che ricordano un poco il genere. Ha avuto nella vita la non invidiabile fortuna di perdere il tragico volo Twa 800 New York-Parigi-Milano per via di un ritardo nei bagagli. Fuori dal campo gioca in borsa e ha aperto una società di consulenza coi suoi amici di sempre Costacurta e Albertini. Non ha mai comprato neppure un azione di una squadra di calcio» (Alberto Piccinini, “il manifesto” 17/3/2004).