Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 05 Martedì calendario

PARENTI Neri Firenze 26 aprile 1950. Regista • «I suoi film - dai vari Fantozzi a Le comiche, da Pompieri a Paparazzi, Scuola di ladri, Tifosi, Bodyguards- coprono d’oro i botteghini e arricciano il naso dei critici

PARENTI Neri Firenze 26 aprile 1950. Regista • «I suoi film - dai vari Fantozzi a Le comiche, da Pompieri a Paparazzi, Scuola di ladri, Tifosi, Bodyguards- coprono d’oro i botteghini e arricciano il naso dei critici. I suoi eroi si chiamano Boldi, De Sica, Villaggio, Er Cipolla. La sua comicità, immediata e goliardica fino alla scurrilità, fa di ogni sua impresa un successo annunciato. Rimorsi, rimpianti? Nemmeno uno, anzi lui si dichiara soddisfatto: ”Sono un appassionato del genere, giro questi film perchè piacciono innanzitutto a me”, assicura. Una laurea in scienze politiche mai sfociata nella carriera diplomatica, un padre assai austero che fu rettore dell’università di Firenze dopo aver contribuito a redigere il Piano Marshall, è uno dei re Mida del cinema italiano. [...] ”In Italia si applicano due pesi e due misure. La ”lacca’ per capelli di origine organica di Tutti pazzi per Mary o gli eccessi di Scary Movie sono perdonati, anzi considerati ”cult’. Se Christian De Sica spara un vaff... in un mio film, tutti all’improvviso si scoprono puritani [...] Due persone, che hanno impresso la svolta alla mia vita: Pasquale Festa Campanile, che mi prese come ”aiuto’, e Paolo Villaggio che nel ”79 accettò di farsi dirigere da me debuttante nel film John Travolto... da un insolito destino. In verità Paolo mi aveva scambiato per un altro, ma le cose andarono bene e cominciò il nostro sodalizio”» (Gloria Satta, ”Il Messaggero” 3/12/2001) • «Dei milioni di spettatori che vanno a vedere i suoi film in quanti riconoscono la sua faccia? Neri Parenti da Firenze, classe 1950 con laurea in scienze politiche, è l’imperatore oscuro del blockbuster italiano. Lo era con i film ”di” Paolo Villaggio, lo è con i film natalizi ”di” Boldi-De Sica. [...] Come si vede, come pensa se stesso il regista che fa incassare più soldi ma vive da mestierante sconosciuto? Il milite ignoto del botteghino ”cultore di Lubitsch, Billy Wilder e Blake Edwards”, che sogna di fare film d’avventura ”come Il corsaro dell’Isola Verde”, risponde in maniera che più pacata non si può al rappresentante di una categoria che gli ha riservato solo mazzate, e accetta il destino di ”stakanovista della cazzata” (parole sue) macinando quattrini perché sente la responsabilità di essere ”la cassaforte” dei suoi produttori? Solo a fine intervista dice: ”Io credo di essere bravo”. Spieghi la formula vincente del film di Natale. Perché c’è, vero? ”Assolutamente sì. Tutto comincia con Vacanze di Natale di Enrico e Carlo Vanzina. Primo: molti attori. Secondo: coprire tutta l’Italia con tante partecipazioni dialettali. Terzo: ambientazione ”natalizia’ con neve e stazioni sciistiche, oppure esotica (Nilo, India) o alla moda (New York). Questa è la base turistica, valutata sulle indagini di mercato: dove va o vorrebbe andare la gente in vacanza? Quarto: storie incrociate che si chiudono nel giro di pochi giorni e si intrecciano fra loro. Soprattutto nel montaggio. Quinto: musiche, canzoni che vanno per la maggiore. Sesto: cura della fotografia che valorizzi i bei posti dove si va. Settimo: interpreti che già sono beniamini del pubblico, di provenienza televisiva o altro, innestati in questo contesto. Ottavo: comunque belle donne. Che non ho mai spogliato anche se così si dice in giro. Magari non avrò fatto fare loro bella figura, avrò fatto di peggio. Ma spogliate mai. Sono film molto più studiati di quanto si pensi”. Chi consuma questo cinema non immagina tanta costruzione. ”Mi sento dire: ma che ci metti, a fare i tuoi film? Sbagliato. Sono fatti col bilancino, e non vuol dire che sempre riescano. Poi senza Boldi è stato tutto molto più complicato. Non avevamo la fortuna-sfortuna di conoscere già l’alchimia tra i due coprotagonisti. Non sapevamo come avrebbe funzionato la novità”. Tra l’altro quello tra De Sica e Boldi era un antagonismo, anzi una complementarietà chiara: il ”furbo” e lo ”scemo”. ”Mentre De Sica e Ghini sono ”furbi’ tutti e due. Certo. E il problema generale di ”rifare sempre lo stesso film ma in maniera diversa’ qui aumenta. Perché sono simili, entrambi ”furbetti’ e mascalzoni - invece che la classica dinamica tra vittima e carnefice che c’era con Boldi - e sarà difficile riuscire a inzupparci il pane ulteriormente. Aggiunga un produttore, Aurelio De Laurentiis, il quale si sente il padre di questo genere che gli ha fatto da cassaforte. Ma le sue idee non sempre combaciano con le mie”. Questo destino dorato, anche un po’ condanna, lei l’ha scelto? ”Una certa vocazione per la goliardia e le sciocchezze l’ho sempre avuta. Però da ragazzo ero un appassionato cinefilo e volevo fare il critico. Un po’ per caso invece mi sono trovato dall’altra parte della barricata. E non ne sono uscito più. Il sogno nel cassetto ce l’ho ancora come tutti, ma non è che mi senta frustrato. Va benissimo fare l’autore comico. Come Marcello Marchesi, anche se il paragone è impietoso (per me). Mi viene in mente una cosa che mi disse Paolo Villaggio (che non è mio suocero come dicono alcune biografie) dopo aver fatto i film con Fellini e Olmi: sulla mia tomba ci sarà il basco di Fantozzi, non un Oscar. E ho avuto la fortuna, o la sfortuna, che mi è andata sempre bene: sei quello che fa i soldi. E il sogno nel cassetto si rimanda sempre”. E qual è? ”Fare film d’avventura. Ma non me li fanno fare. Ho anche cercato di fare un prequel di Amici miei. Durante la peste di Firenze del Quattrocento un gruppo di amici esorcizza la paura facendo scherzi. Con Panariello, Ceccherini, Depardieu, Christian De Sica. Ma De Laurentiis non lo ha voluto. Ora vuole fare un seguito, nel presente, con Christian-Ghini-Bisio-De Luigi. Ma non convince me, ho troppa paura del confronto con Monicelli e dello sgarbo che gli farei. Me lo dico da solo prima che lo dicano i giornali. (Tra l’altro, con tutto il rispetto, anche i grandi della commedia italiana hanno fatto film mica tanto diversi dai miei. Vacanze a Ischia lo hanno fatto loro negli anni 50, altro che storie sulla primogenitura tra Vanzina e De Laurentiis). Mi viene in mente, scusi, di dire una cosa su Christian De Sica. Credo che sia un attore pronto a fare tutto, anche ruoli drammatici. Ha potenzialità ancora inespresse”. Insomma è insolito: il regista che con implacabile continuità porta i maggiori guadagni, se ne sta in disparte, non appare mai, pochi lo conoscono. ” il mio carattere. Provo imbarazzo. Le pare il caso che, sui miei film, mi metta a parlare di come ho realizzato la tale inquadratura? E poi so che per il mio cinema sono più importanti gli attori, che non sono ”di Neri Parenti’. Ai tempi di Totò chi conosceva Mattoli, Bianchi, Mastrocinque? Sono famosissimo tra gli esercenti per i quali rappresento una garanzia. Di solito quando salgo su un palco dicono ”chi è quello grasso?’, quando salgo sul palco delle Giornate Professionali scatta la standing ovation, è il mio momento di gloria. Come quando firmo gli autografi come Carlo Vanzina. Sapesse quanti. Me lo chiedono con tanto entusiasmo – ”signor Vanzina mi fa un autografo?’ - che mi pare brutto deluderli. Probabilmente anche il mio coccodrillo mi attribuirà un sacco di film di Vanzina. Ma le devo dire francamente: in quello che faccio credo di essere bravo. E credo che i miei film abbiano successo perché mi piace farli, perché quando li scrivo sono il primo a ridere di cuore”. A proposito di Vanzina, faccia un po’ di polemica... ”L’unico punto vero è che i nostri due film cercano lo stesso spazio. Senza tradire il nostro pubblico dovevamo caratterizzarci rispetto al concorrente, sapendo di dover vincere perché altrimenti sarebbe stata una tragedia. Perché per film come i nostri incassare sette milioni di euro - per altri più che soddisfacente - è un sonoro insuccesso”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 21/12/2006).