varie, 5 marzo 2002
PARISI
PARISI Arturo San Mango Piemonte (Salerno) 13 settembre 1940. Politico. Eletto alla Camera nel 1999, 2001, 2006, 2008 (Ulivo, Margherita, Pd). Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Prodi I (1996-1998), fu accusato di non essere riuscito a evitarne la caduta). Ministro della Difesa nel Prodi II (2006-2008). Laureato in giurisprudenza, professore universitario (Sociologia, a Bologna dal 1971), nel 1999 è stato vicepresidente esecutivo dei Democratici, dal 2000 presidente. Negli anni Sessanta fu vicepresidente dell’Azione Cattolica. Membro del comitato d’esperti dei governi Cossiga e De Mita, consulente della Commissione Stragi. stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Prodi. Sassarese, è nato in provincia di Salerno solo per caso • «[...] il gran suggeritore dell’avventura politica di Romano Prodi [...] Se lo ricorda il momento in cui seppe con assoluta certezza che il governo Prodi era finito? [...] ”Liotta io non lo conoscevo. Mi avevano detto che non sarebbe venuto, era un voto in meno per il governo, ma stavamo ancora sul filo del rasoio. Di colpo, vedo i che i banchi di Rinnovamento Italiano si animano, distinguo un signore con gli occhiali, circondato, mi pare, da calde manifestazioni di affetto. ” arrivato Liotta’, mi dicono. ”A questo punto forse ce la facciamo’. Il cuore si apre alla speranza, quasi quasi sorrido. Senonché passa poco più di mezz’ora e, sempre tra i banchi di Rinnovamento, l’atmosfera allegra all’improvviso si raggela. ”Liotta è venuto, ma per votare contro, mi avvertono. Ecco, l’ho saputo così che era finita [...] Non è stato un complotto, non è stato l’accordo di un gruppo contro un altro gruppo. Si sono scontrate due concezioni: la nostra e quella di chi voleva il ritono del governo dei partiti, una democrazia preoccupata più della rappresentanza che della governabilità [...] Noi pensavamo di riuscire a coinvolgere la maggioranza di Rifondazione comunista. Non ci siamo riusciti perché sono venuti meno alcuni voti e, del resto, il numero di consensi che comunque ci arrivarono da Rifondazione provò l’efficacia del nostro disegno [...] Ricordo ancora la lunga telefonata che ebbi in extremis con l’onorevole Pivetti. Le parlai chiaro e tondo: ”Se non viene a votare, cadiamo’. Mi rispose: ”Un governo che rischia di cadere soltanto per il mio voto non merita di sopravvivere’ [...] Marini in realtà voleva la restaurazione: i grandi partiti con i grandi, i piccoli con i piccoli. Questo era il suo disegno” [...]» (Maria Latella, ”Sette” n. 39/1999). «Osservano ogni suo gesto, analizzano ogni sua parola, e se potessero ne controllerebbero le mosse fino a pedinarlo, come avessero a che fare con un pericoloso terrorista, perché così è visto Arturo Parisi dai maggiorenti del del centro-sinistra, ”un kamikaze che si aggira per la coalizione” [...] Sono le sue geniali sorotite politiche a incutere timore, e sebbene sostenga che ”la determinazione a immolarsi è lontana dalla mia concezione della politica”, non perde occasione per innescare periodicamente qualche polemica [...] Certo Parisi preferisce posizioni defilate, in politica come in famiglia, e dicono sia uno spettacolo vederlo in auto mentre fa da navigatore alla moglie. Epperò con Prodi a volte discute fino a litigare, come solo due amici possono fare [...]» (Francesco Verderami, ”Sette” n. 17/2002). «Sostiene Arturo Parisi che ”dove c’è casino c’è vita”, e anzi ammonisce che ”è la quiete che ammazza”. E quindi, quando lui sui giornali mazzola i rutelliani e i fassiniani, i mariniani e i dalemiani, i soci di minoranza e quelli di maggioranza, il professore (con la minuscola, spiegano al partito, per non confonderlo con il Professore con la maiuscola) si sente tonificato e ringalluzzito. E se Rutelli si turba e Marini s’infiamma e De Mita si impermalosisce, lui non fa una piega. ”Ciò che per gli altri è un punto di arrivo, per me è sempre un punto di partenza”, e perciò, spiegano i suoi, ”fa la lepre”, e dunque il leprotto Arturo scappa e scappa e scappa, ”sempre in ansia, siamo nati non per l’Asinello né per la Margherita, ma per l’Ulivo e per il partito democratico, e poi chissà che altro”. Perché, e qui il prof. che ha sempre una certezza addirittura la raddoppia, ”nel centrosinistra tutti tendono a sedersi, ad accontentarsi del minimo”, e allora la frustata giornalistica, la provocazione intellettuale, i sofisma che fa venire il torcibudella ci vuole. A parte l’altro Prof. (quello con la maiuscola), con cui c’è da spartire vacanze in Egitto e Libia e Creta, sciorinando da quei luoghi esotici pensosi manifesti politici, e con il quale è tutto un inviarsi di sms come due piccioncini che tubano e a volte bisticciano, ma sempre finiscono col cercarsi, ecco, a parte il Prof., il prof. fa incazzare il resto del mondo del centrosinistra. I suoi dicono che è testardo ma di buon carattere, idee chiare e saturo di rigore morale – a riprova si cita l’abbonamento Atac con il quale usufruisce dei bus romani e la rinuncia alla macchina e alla scorta – e ”tiene alta l’asticella, ed è normale che quando parla faccia incazzare più gli amici che gli avversari”. Con Rutelli, per dire, i rapporti sono ormai a zero, semplicemente non si sopportano, ”con Marini e De Mita litiga, ma quelli sono veri, Rutelli invece non risponde mai, finto gentile che ti prende per il culo, ma Arturo ha buona memoria, ricorda date e percorsi politici”. Negli anni Ottanta, De Mita, leader della Dc, spesso nei suoi interventi a un certo punto citava ”l’analisi del professor Parisi” o ”quello studio del professor Parisi”, e quindi quando uno parla l’altro sempre l’osserva, e una volta l’ex presidente del Consiglio esortò i suoi verso Parisi, ”diamogli questo diciotto, come all’università”, e l’altro pronto a replicare: ”Ho sempre preso trenta e lode, o almeno ho cercato di prenderlo”. Nel partito, anche quelli che non lo amano riconoscono: ”Oggettivamente è un genio della politologia”, anche se poi fanno loro il giudizio che spiccava sull’Unità, ”ha il vizio dei professori, occuparsi molto di teoria e poco della pratica”. Ci gode e ci gioca, il prof., con la sua immagine di politico un po’ naïf e un po’ candido, come il consolidato vizio di salutare ogni assise diessina con l’invito a sciogliersi o lo sparacchiare sul quartier generale della Margherita rutelliana» (’Il Foglio” 23/11/2005).