Varie, 5 marzo 2002
PARISI
PARISI Stefano Roma 12 novembre 1956. Manager. Amministratore delegato di Fastweb, nell’aprile 2010 si autosospese per evitare il commissariamento della società coinvolta nell’inchiesta sul falso traffico telefonico. Ex direttore generale della Confindustria • «[...] Di fede socialista negli anni della giovinezza (negli anni Settanta è stato vicesegretario del Nucleo universitario socialista a Roma), poi all’Ufficio studi della Cgil sempre in quota socialista, dopo una serie di incarichi tecnici e di vertice in governi di segno opposto, nel 2000 è diventato direttore generale di Confindustria durante la presidenza di Antonio D’Amato, del quale ha condiviso le battaglie più energiche, a cominciare da quella sull’articolo 18. [...]» (Fabio Martini, ”La Stampa” 6/6/2008) • Quella di Fastweb è «[...] un’avventura partita nel 1999 e che vide protagonisti insieme a Scaglia il finanziere Francesco Micheli e lo stesso Parisi in qualità di city manager del Comune di Milano. La Aem, società elettrica sotto il controllo del sindaco Gabriele Albertini, aveva messo a disposizione della E-Biscom i cavidotti sotto le strade della città, necessari a ”tirare” la fibra ottica e portare nelle case dei cittadini all’avanguardia l’internet veloce, allora agli albori. Un progetto innovativo, sbarcato in Borsa nel pieno della bolla ”new economy” e che ha finito per arricchire tutti i protagonisti (Parisi dopo un passaggio in Confindustria nel 2004 è andato a guidare Fastweb con un super stipendio) tranne l’Aem, rientrata miseramente in possesso dell’infrastruttura quando il progetto della fibra venne soppiantato dalla più semplice e meno costosa Adsl. [...]» (Giovanni Pons, ”la Repubblica” 24/2/2010) • «Un uomo per tutte le stagioni, abile e disinibito quanto basta. [...] Piccoletto e segaligno, Parisi è furbissimo. [...] Abile nelle manovre. Ma non solo. Anche geniale uomo immagine. Di se stesso. Sì, perché a ben vedere, la sua luminosa carriera è costruita su ben poco. [...] Per farsi un nome se l’è presa subito con i vigili urbani. Voleva cambiare il loro regolamento. Ha ingaggiato una battaglia che ha rotto il fronte sindacale. Poi, non se n’è fatto più niente. Ma ormai a litigare ci aveva preso gusto. Così, mentre progettava lo sportello unico per i servizi alle imprese che in otto mesi evaderà una sola pratica, ha anche inventato il Patto per Milano. In buona sostanza, una serie di deroghe ai contratti per favorire nelle assunzioni le categorie disagiate. La Cgil ha detto no. Lui ha firmato con gli altri. Dopo sette mesi il suo piano aveva dato un posto a 8 guardiani di strada e 91 scodellatori (quelli delle mense), tutti assunti dal Comune. I privati si sono ben guardati dal rischiare vertenze. Il fatto è che Parisi un’impresa di mercato non l’ha mai vista neanche in cartolina. In Confindustria non è cambiato. Solo, pensa più in grande [...] sprizza fantasia. Quando la Confindustria ha ripescato l’idea di tagliare l’Irpeg al Sud, il ”Corriere” gli ha chiesto come pensasse di coprire il buco. Lui ha citato un fantomatico piano per portare alla luce il lavoro sommerso, dicendo che da lì sarebbero saltati fuori 14 mila miliardi. E ha spiegato serio: ”Numeri, non propaganda. Abbiamo preso la stima del sommerso, l’abbiamo divisa per due e abbiamo immaginato che di quest’ultima quota potesse emergere il 30-35 per cento”. Vai a capire» (Stefano Livadiotti, ”L’Espresso” 24/5/2001).