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 2002  marzo 05 Martedì calendario

PatroniGriffi Giuseppe

• Napoli 27 febbraio 1921, Roma 15 dicembre 2005. Regista. Teatrale, lirico e cinematografico • «Uno degli intellettuali italiani più originali e indipendenti» (Gloria Satta). «Ha cominciato a scrivere racconti a Napoli che aveva 20 anni (lo incoraggiò Moravia) e ha continuato: commedie (era l’autore dei ”Giovani”), romanzi (glieli sponsorizzava Elsa Morante), regie teatrali (fu sodale di Visconti) e cinematografiche (era amico di Fellini). Grandi invenzioni: chi non sa cosa diciamo quando diciamo Metti, una sera a cena? Oppure a chi non viene in mente la Napoli tuttisapori se evochiamo le Persone naturali e strafottenti? [...]» (Dante Matelli, ”L’Espresso” 22/2/2001) • «Sono un giovanotto di 80 anni cosciente d’aver vissuto il progredire delle epoche. Con lo spirito del trentenne che se ne andava a pescare con Dudù La Capria. Resto un ottimista malgrado da ragazzo abbia sentito il chiasso delle guerre d’Etiopia e di Spagna, e poi la dichiarazione di Mussolini, e ricordo che noi a Napoli eravamo gli ultimi a sapere dell’Olocausto, dei partigiani, ma ci iscrivemmo alla sede del Pci, spinti dall’idea di una fine dei privilegi. [...] Un mio idolo serio era Roosevelt, e m’affascinava una frase di Lincoln, ’Poiché non voglio essere schiavo, non voglio essere padrone’. Chaplin, lo vedevo come artista incline all’affrancamento dell’uomo. Aggiungerei Churchill, capace di promettere lacrime e sangue. Tra quelli conosciuti, Luchino Visconti. [...] Non sono mai passato per Salgari e per I tre moschettieri. A 12 anni, il mio primo impatto è stato con Resurrezione di Tolstoj. Fino a 22 anni ho divorato una quantità record di libri. [...] Fu Moravia a darmi una mano, a Roma, nel 1945. Si interessava dei giovani, e mi segnalò, ottenendo che le terze pagine mi ospitassero. Oggi questo sbocco non è più facile. Anche uno come Visconti investiva sulle nuove leve: amava poco la gente della sua età. Si era meno diffidenti, meno egoisti. Io sono fiero d’aver lanciato a teatro il Gigi Lo Cascio de I cento passi, bruttarello ma bravo. [...] Io credo che tutto sia permesso tranne il delitto. L’offesa esiste solo quando una cosa non è accettata dall’altra parte. Il cinema è stato liberatorio. Per me la pornografia non esiste. Un uomo anziano, escluso dai rapporti, può avere il diritto a vedere una donna in videocassetta. L’amore rivolto ai più giovani è materia comune di tanti classici che si studiano a scuola. L’incesto, per me resta tabù. [...] L’uomo un tempo era più genuino, poi s’è inutilmente complicato. La donna ha raggiunto pari condizioni ma il femminismo ha ammazzato il linguaggio della seduzione. Incontrarsi è toccarsi. [...] Il cinema somiglia alla letteratura. Impazzii per il teatro. Da quando la Compagnia dei Giovani m’incitò. Sette commedie. Oggi non ho più referenti, e preferisco la narrativa» (Rodolfo Di Giammarco, ”la Repubblica” 23/2/2001) • «[...] Il suo talento molteplice si manifestò presto con un grande successo teatrale, la commedia D’amore si muore. Si sviluppò parallelamente, con la ”Compagnia dei Giovani” di Valli e De Lullo, il suo talento di regista teatrale, e memorabili sono i suoi successivi allestimenti delle commedie di Pirandello (I sei personaggi), di Viviani (Napoli notte e giorno), di Goldoni (La moglie saggia). Era naturale che un uomo di spettacolo come lui fosse attratto dal cinema, e il suo primo film era già formalmente ineccepibile. Ne Il mare si sentiva che la lezione di Godard e di Antonioni era stata coniugata felicemente e con risultati personalissimi, che poi sono stati confermati da una serie di film come Addio fratello crudele (dalla tragedia di John Ford), Identikit (da un romanzo di Muriel Spark), Metti una sera a cena (dalla sua commedia), e altri dove si avverte sempre la lezione di Luchino Visconti, che fu grande amico e maestro di Peppino. Quando arrivò a Roma Patroni Griffi fu impiegato alla Rai e ne diresse un settore, ed è di quegli anni il radiodramma Il mio cuore è nel sud, scritto in versi e vincitore di un premio internazionale. Peppino non ha mai nascosto e non si è mai vantato della sua omosessualità, l’ha vissuta discretamente e senza troppi drammi come si vede anche in quello che ha scritto. Ma quando alla Rai arrivarono i dossettiani a sostituire la precedente dirigenza, si manifestò una incompatibilità insuperabile tra lui e il nuovo ambiente, e lui preferì andarsene. Oggi questo sarebbe impossibile, ma allora era così. Fu comunque una fortuna per lui perché le sue dimissioni coincisero col suo primo grande successo teatrale, e lui, libero da altri impegni, poté dedicarsi interamente alla sua vera vocazione e alle tante opportunità che gli apriva il suo talento. Una di queste opportunità è stata la regia televisiva. Le sue regie della Tosca di Puccini e della Traviata di Verdi con riprese in tempi reali e sui luoghi reali (la Tosca, per esempio, a Castel Sant’Angelo) hanno meritato due Emmy Award (ad Hollywood considerati pari all’Oscar) non soltanto per la bellezza formale degli allestimenti, per la qualità musicale e per la fluidità della narrazione, ma anche per l’estrema perizia tecnica necessaria a far coincidere e saldare le varie sequenze, direttamente, mentre avveniva la ripresa: un tour de force che non molti sarebbero stati in grado di eseguire con la stessa eleganza. [...] Dopo il primo racconto D’estate con la barca Patroni Griffi ha scritto altri libri, Il ragazzo di Trastevere che in un certo senso ha preceduto I ragazzi di vita di Pasolini, e alcune composizioni in versi (per esempio Tammuriata) dove l’uso del dialetto napoletano si apre a nuovi esiti di grande forza espressiva. Due romanzi segnano le tappe più importanti della sua narrativa: Scende giù per Toledo e La morte della bellezza. Il primo è il ritratto di un ”femminiello” presentato con rara grazia e ironia, con una mimesi linguistica irresistibile che si adegua al modo di pensare e di sentire di questo personaggio che ha le sue origini più nella Pompei pagana d’una volta che nei marciapiedi della Napoli d’oggi. Natalia Ginzburg scrisse: ”A me sembra che Patroni Griffi scrivendo questo romanzo abbia compiuto anche un atto di estremo coraggio. Non tanto perché ha usato dei temi che di solito chiamiamo osceni (ma osceno non è mai l’argomento, oscena è unicamente un’attitudine dello spirito) ma perché si è servito dell’amorosità e dello ”stile d’acqua”. E con ”stile d’acqua” voleva intendere quella semplicità non priva di complessità che scorre fluente come scorre l’acqua. L’altro romanzo, La morte della bellezza, è solenne come il titolo annuncia, ed è anche più articolato. Qui il tema non è solo quello dichiarato sin dal primo rigo: ”Com’era bella Napoli quarant’anni fa!”, ma anche l’omosessualità che Patroni Griffi tratta con accenti inconsueti, che a volte fanno venire in mente le figure neoclassiche del Canova. ”Questo è il romanzo di due giovani il cui segno distintivo è la bellezza, che si svolge in una città il cui segno distintivo era, fino a quarant’anni fa, la bellezza”. Nella Napoli del ’43, sotto i bombardamenti incessanti, i due giovani celebrano la loro iniziazione all’uso dei sensi e del corpo, e insieme la loro iniziazione ai libri, alla musica, e anche e soprattutto ai sentimenti. [...] La morte della bellezza [...] un ”Bildungsroman” (un romanzo di formazione) di una specie particolare perché è enormemente contratto nel tempo: ”Ebbe la sensazione che tutta quanta la sua vita, con la rapidità di una fisarmonica che si chiude, si concentrasse per arrivare a questo momento”. [...] Giuseppe Patroni Griffi è – nonostante i numerosi successi – un appartato [...] sempre troppo autonomo e libero nei comportamenti e nei pensieri, non si è mai aggregato a nessuno, scuola o corrente, è sempre una ”persona naturale e strafottente”, spregiudicato e individualista al massimo. questo suo carattere che ha fatto di lui un ”irregolare” rispetto al fin troppo regolare ambiente culturale esistente» (Raffaele La Capria, ”Corriere della Sera” 22/9/2005).