Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 05 Martedì calendario

PAUSINI

PAUSINI Laura Faenza (Ravenna) 16 maggio 1974. Cantante. Cresciuta a Solarolo, incise il primo album nel 1987, a soli 13 anni (I sogni di Laura conteneva 13 delle canzoni eseguite insieme al padre nei pianobar della sua regione). Nel 1993 vinse la sezione ”Nuove proposte” di Sanremo con la canzone La solitudine. Detiene tre primati: è stata la prima cantante italiana a tenere un concerto allo Stadio San Siro di Milano (tutto esaurito); la prima italiana a vincere un ”Platinum Europe Award” (premio assegnato agli album che vendono un milione di copie nella sola Europa) e a vincere il premio americano Grammy Award • «[...] Sembra una favola, tutta italiana, quella di una mansueta Cenerentola che fin da bambina seguiva il padre nei piano bar di provincia, e oggi è una star mondiale. [...] Si porta ancora dietro quell’immagine da brava ragazza, aveva solo diciott’anni, con cui sedusse l’Italia, irrompendo da perfetta sconosciuta a Sanremo vincendo a mani basse con La solitudine. Ma nel frattempo è cresciuta, è una donna, determinata, esperta. La ragazza di provincia è oggi un artista cosmopolita, pronta alla sua ennesima metamorfosi. Alla fine si è stancata di questa eterna immagine da brava ragazza. ”Il mondo dello spettacolo va avanti per semplificazioni, perché io in realtà penso di essere molto monella, perfino sprovveduta su certe cose, mi annoio nella quotidianità, sono attratta dalle persone diverse da me, soprattutto quelle estreme. A Sanremo ero timida, non sono riuscita farmi conoscere in tutti i miei aspetti”. vero, non è più quella di una volta, emana sicurezza, stile, inalterata curiosità (’mi piace imparare dalla gente che incontro”), e sta facendo di tutto per cancellarla questa idea che di lei si era fatta la gente, si fa fotografare in pose più discinte, riscopre il décolleté, anche le canzoni sono diventate più adulte. [...] Passo dopo passo, con la saggezza di una ragazzina che viene dalla gavetta ha costruito la donna che è oggi. [...] ”[...] io ho cominciato quando avevo otto anni a fare piano bar, quella per me era la normalità, facevamo serate dappertutto, nord e sud, d’estate rimanevamo in zona, Cervia, Milano [...]” [...] quando è stata ammessa a Sanremo il babbo l´’ha chiamata a scuola [...] ”Ero nell’aula dei disegno tecnico, venne la bidella per dirmi che c’era mio padre al telefono, e siccome non era mai successo in cinque anni, mi è preso un colpo, pensavo fosse successo qualcosa a mia nonna, lui, urlava: Laura Laura Laura!, io ho pensato, ecco è morta, è invece era la grande notizia, forse è stata ancora più bella quella telefonata che vincere Sanremo, sono ritornata su che piangevo, i mie compagni hanno pensato al peggio”. La sua storia comincia così. Non si è quasi mai visto un debutto così travolgente. Una sconosciuta, con una canzone da primo posto in classifica. Come può succedere di andare al festival al debutto con una canzone così forte? ”Tutti mi dicono non dire che sei fortunata, beh io sono sicura che se fossi andata con un’altra canzone non avrei fatto questa carriera, la fortuna è che questa canzone sia arrivata a me, e oltretutto parlava veramente di me, io andavo a scuola col treno delle sette e trenta, anche se l’hanno scritta due persone che neanche conoscevo, l’abbiamo mandata alle case discografiche che neanche la volevano, ma i miei produttori non si sono dati per vinti, allora ho fatto un provino come oggi tutti dovrebbero fare e non si fa più, voce e pianoforte in ufficio, tre pezzi, due famosi, e poi La solitudine, vedevo tutte queste persone, e tutti dicevano no, poi alle sette di sera gli ultimi, della Cgd, loro hanno capito subito, si sono messi a urlare, il mio babbo si è quasi fatto la pipì addosso, loro spingevano ma io dovevo andare a scuola, sono andata a Milano e ho fatto un contratto che mi legava solo per il singolo, ho fatto tute le selezioni, e di vincere non mi fregava niente, fino allora il massimo che avevo fatto era la festa di piazza di Lugo, ero a Sanremo, avevo chiesto l’autografo a tutti. Ecco perché non sono più tornata a Sanremo, un po’ mi sento una merda perché vorrei dare adesso qualcosa, ma ora conosco troppe cose. Anche il secondo Sanremo, l’ho vissuto con un´ansia pazzesca (Strani amori), l’anno dopo, tutti dicevano che dovevo vincere io e invece come è ovvio non ho vinto e i miei manager mi hanno massacrato: era colpa mia, ero grassa, avevo cantato male, e infatti tre giorni dopo li ho lasciati, ero piccola, ma ho detto basta, senza neanche guardare i contratti. Quando ho vinto non sapevo che fare, ho fatto Domenica in, poi il lunedì sono tornata a scuola, il preside che prima non mi si filava, ha voluto esporre tutte le cose di ceramica che avevo fatto, per cinque anni mi avevano preso tutti in giro perché facevo il piano bar, in quei casi fai la serata jazz, quella pop, capitava anche quella folk, e ovviamente gli amici venivano in quelle folk e poi mi prendevano in giro. Lì ho imparato ad andare sul palco senza paura. A Sanremo non ho avuto paura del pubblico, ho avuto paura della telecamera, perché non l’avevo mai vista [...]”» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 18/9/2005). «Un ciclone musicale […] anche cambiata l’immagine della cantante: più elegante e sicura di sè, niente a che vedere con la ragazza di provincia delle origini. Un rilancio nato a tavolino e gestito da esperti? ”No. Ho sempre fatto di testa mia fin da bambina, ma solo dopo aver ascoltato i consigli di tutti. Alla base di questo cambiamento i quindici chili persi in due anni. Fine dei giacconi che dovevano ”nascondere” e via libera ai consigli di Armani, che mi ha vietato il bianco e il rosso, ha combinato jeans logori con capi eleganti. Insomma, in ordine, ma non troppo ”sciura’”. In ogni concerto i fans cantano in coro dall’inizio alla fine. Spiazzati i critici (sia i pro che i contro): canzoni sentimentali e orecchiabili offerte con uno stile vocale molto comunicativo e una personalità contraddittoria, con grandi professioni di fede accompagnate da insofferenza al moralismo cattolico, sogni di matrimonio e figli, ma, nell’attesa, convivenza con l’uomo amato. Come per la Coca Cola, gli ingredienti dicono poco. L’essenza di questo successo resta un segreto ben custodito» (Mario Luzzato Fegiz, ”Corriere della Sera” 26/2/2002). «Sono stata fortunata ma anche capace. Non mi è mai successo di cantare ciò che non volevo o di fare ciò che non credevo. Adoro il pubblico e mi sono sempre impegnata al massimo. [...] quando nel ”93 ho vinto il Festival mi sono sentita in debito con tutti. Per questo anche in tv ripetevo sempre ”grazie, grazie”. Volevo che la gente percepisse quanto le ero grata. Per sdebitarmi con la mia famiglia e con il mio ex fidanzato-manager decisi che li avrei fatti felici a tutti i costi, anche a scapito mio. Così spesso mi sono annullata per loro. L’unica cosa che non ho tradito è stata la musica. Ecco: sono stata vittima di una serie di eccessi d’amore. La gente attorno a me mi voleva così bene che io non avevo imparato a volermene» (Gigio Rancilio, ”Avvenire” 21/10/2004).