Varie, 5 marzo 2002
Tags : Daniel Pearl
Pearl Daniel
• Princeton (Stati Uniti) 10 ottobre 1963, Karachi (Pakistan) 31 gennaio 2002. Giornalista del “Wall Street Journal” ucciso dai terroristi pakistani. «Lo hanno sgozzato davanti a una telecamera. Lo hanno “giustiziato” tagliandogli la gola con un coltello affilato e immortalando il gesto barbarico in un videotape. Questo il macabro destino di Daniel Pearl, detto Danny, trentottenne corrispondente del Wall Street Journal, padre di un bebè che sta per nascere e decimo giornalista caduto nella nuova guerra contro il terrorismo. […] Il videotape non è stato ancora reso pubblico, ma chi lo ha visto riferisce che il giornalista è stato costretto a urlare “sono un ebreo, mio padre è un ebreo”, prima che la mano del boia gli recidesse la carotide. […] In una lettera commovente, lunga due pagine e affidata alle agenzie di stampa, Mariane, la moglie francese di Pearl, incinta di sette mesi, ha ringraziato tutti coloro che le sono stati vicini dal 23 gennaio in poi, cioè dal giorno del sequestro. “Danny - ha scritto - era un grande uomo: non un eroe, non una spia, ma un giornalista che prendeva con entusiasmo e serietà il suo lavoro. I terroristi possono uccidere Danny o altre migliaia di persone innocenti, come hanno fatto l’11 settembre, ma non riusciranno mai ad annientare lo spirito di libertà” […] Considerato uno dei più brillanti reporter del “Wall Street Journal”, dove era stato assunto nel 1990, Pearl aveva lavorato ad Atlanta, Washington, Londra e Parigi, prima di essere nominato corrispondente del quotidiano finanziario da Bombay, in India. A gennaio andò a Karachi, l’immensa città al sud del Pakistan, che ha oltre 14 milioni di abitanti, nella speranza di trovare una pista che collegasse Richard Reid, il bombarolo-della-scarpa che a dicembre cercò di far esplodere il volo Parigi-Miami, a gruppi integralisti islamici. Gli fu tesa una trappola. Il 23 gennaio, mentre pensava di andare a intervistare un leader musulmano, lo sceicco Galiani, fu sequestrato da una banda che subito chiese, in cambio della sua liberazione, la scarcerazione dei pachistani detenuti a Guantanamo, la base americana a sud dell´isola di Cuba. Le foto di Pearl con una pistola puntata alla tempia furono mandate per e-mail a molti giornali, senza però convincere Washington ad aprire un negoziato. Fu trattato da agente della Cia, da spia degli israeliani. La polizia pachistana, con l’aiuto degli 007 americani, ha condotto perquisizioni a tappeto e ricerche negli ambienti dell’integralismo, che hanno portato all’arresto dell’uomo che aveva inviato i messaggi elettronici con le fotografie - Fahad Naseem - e soprattutto del giovane sceicco di origine britannico, Omar Saeed. Proprio attraverso lo sceicco Omar si sperava di trovare la prigione di Pearl prima che venisse ucciso. Invece non si è fatto a tempo. Non è ancora chiaro quando, in che giorno, il giornalista sia stato giustiziato, ma il videotape non lascia dubbi sulla sua fine orrenda» (Arturo Zampaglione, “la Repubblica” 23/2/2002).