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 2002  marzo 05 Martedì calendario

Pendleton Moses

• Vermont (Stati Uniti) 28 marzo 1949. Ballerino. Coreografo. Ha fondato i Momix • «Maturo giovanotto americano che sa colpire nel segno del successo in ogni campo della danza esplorato (dai musical per Broadway ai videoclip per le star del rock, dalle coreografie delle Olimpiadi ai balletti nei teatri d’opera)» (Leonetta Bentivoglio, “la Repubblica” 17/4/2004) • «Tutto cominciò con una mandria di mucche nel Vermont. Cinquanta floride giumente Holstein da latte, agili come silfidi, che danzavano tra i prati in fior. Moses Pendleton, leader del gruppo dei Momix, scoprì il suo talento artistico nella fattoria di famiglia. Erano gli anni Sessanta, lui, ragazzo, faceva teatro sperimentale e il suo primo “corpo di ballo” fu questo gruppo di quadrupedi. “Le mucche sono animali curiosissimi [...] Indossavo un costume bianco un un cappucccio e loro, curiosone, mi seguivano passo passo creando proprio quei movimenti che volevo. Il pubblico stava a un miglio di distanza a osservare quella strana danza. Il balletto si intitolava Vermont Natural Theatre [...] Sono un appassionato di meteorologia, il nostro corpo dipende dal tempo, ma pochi se ne accorgono [...]”. Pendleton non si considera un coreografo, ma un liberatore di fantasie, sue e altrui [...] “[...] Il corpo è un mezzo per trovare la salvezza, è una manifestazione di una vibrazione che entra in circolo attraverso il nostro esistere. Io credo all’anima perché credo che dopo la morte torneremo a essere una vibrazione, rientreremo nell’universo dal quale proveniamo e forse i nostri atomi si riaggregheranno magari sotto forma di pianta o di animale”. [...]» (Francesca Pini, “Sette” n. 30/2001) • «Stavo nella squadra di sci che si allenava nell’Oregon insieme con la squadra nazionale di sci degli Stati Uniti. Del resto sono nato in montagna e dovevo saper sciare. Sono nato anche in una fattoria dove nulla era urbano o artistico. Non pensavo a niente di artistico finché non mi sono rotto una gamba, e così per riabilitare la mia gamba, mentre ero all’università, prendevo lezione di danza, per ritrovare la mia forma fisica. Nel college dove studiavo ero allievo del regista Joseph Losey e volevo scrivere. Però proprio in quel periodo capii che la danza era arte e atletica insieme. Eravamo alla fine dei Settanta e in quell’epoca non sia andava alla scuola dei manager, ma bisognava essere creativi. Ricordo che facemmo col mio gruppo la prima serata ufficiale accompagnando Frank Zappa. […] Mi alzo alla sette, vado a nuotare per un’ora, poi torno a casa, prendo un caffè, ascolto per ore e ore la musica. […] Al tramonto mi fermo, bevo un bicchiere di Chianti, accendo il camino e guardo il giorno che finisce. Adoro la luce, guardare la luce, la sera medito guardando la luce che viene dalla fiamma del mio camino […] Trovo orribile l’aria che ci circonda e voglio parlare con Giorgio Armani per disegnare una nuova maschera antigas […] Se non lavoro, sono depresso. Però cerco di dormire otto ore al giorno, mi piace molto dormire» (Alain Elkann, “La Stampa” 21/3/1999).