Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 05 Martedì calendario

Peres Shimon

• (Shimon Persky) Vishniva (Polonia) 21 agosto 1923 (ma la data cambia a seconda delle fonti, meglio dire nell’agosto 1923). Politico. Dal 2007 presidente israeliano • Emigra in Palestina nel 1934. Ha fatto parte del partito Mapai ed è stato tra i fondatori del partito Laburista israelaino. Premio Nobel per la Pace nel 1994 insieme a Rabin e ad Arafat per il suo ruolo nei negoziati tra israele e Olp. stato ministro degli esteri del governo di Rabin, primo ministro dal 1984 al 1986, leader dell’opposizione tra il 1977 e il 1984, ministro nei governi di Golda Meir, ministro degli Esteri del governo Sharon. Nel 2005 ha aderito al partito fondato da Sharon dopo l’uscita dal Likud. « un eroe internazionale, ma molto controverso; l’immagine d’Israele che proietta è vasta, perché è un uomo di guerra e di pace, un israeliano totalmente patriottico ma pieno di spirito del mondo; è colui che ha costruito la bomba atomica e l’aviazione israeliana capendo già negli anni ’50 che Israele doveva in fretta dotarsi di un sistema strategico deterrente; è lui l’uomo che autorizzò i primi insediamenti nel West Bank, con Rabin, dopo la guerra di difesa del ”67; ma è anche e forse soprattutto colui che strenuamente ha perseguito la pace interpretandola come un dovere nazionale primario di Israele, senza mai per questo rinunciare alla lotta al terrorismo; è un tessitore politico temuto, che si è seduto in tutte le poltrone importanti del governo, da quella di Primo Ministro a quella di ministro degli Esteri, e oggi è segretario di partito. Soprattutto è l’alter ego di Rabin e poi il prosecutore della sua opera per tutto quello che concerne l’accordo di Oslo, il suo trionfo e il suo tragico fallimento. [...] Dice per esempio Caroline Glick, la più importante editorialista del ”Jerusalem Post”: ”[...] Nel mondo reale, ogni promessa di pace e di un Nuovo Medio Oriente non solo è stata rotta ma ci è scoppiata in faccia”. [...] Un gruppo di destra molto agguerrito la cui leader Ruth Matar spiega che [...] ”Peres dette ad Arafat i fucili per una forza di polizia che doveva secondo i suoi piani proteggerci dagli attacchi terroristici. stato certamente il primo leader di un paese che abbia armato il suo nemico aspettando di guadagnare in sicurezza”. [...] Ma se si chiede a Peres stesso, egli risponde che Oslo è un successo, perchè ha affossato per sempre l’idea di una Grande Israele e ha convinto anche Sharon del fatto che occorre uno Stato palestinese. Come arrivarci, Peres non lo sa, ma ”la pace prevarrà - assicura - Oslo alla fine rimane l’unica opzione cui dovranno accedere ambedue le parti prima o poi”» (Fiamma Nirenstein, ”La Stampa” 21/9/2003). Ha fama di ”perdente”. «Sono stato primo ministro tre volte. Lo sono forse diventato con la forza? Alle elezioni del 1984 ho ricevuto più voti di Shamir, l’allora candidato della destra: è ridicolo affermare che non ho mai vinto niente. Ognuno ha il suo modo di trattare gli altri. Io cerco sempre di non umiliare nessuno» (’la Repubblica” 2/2/2002). «[...] in un corso d’onori e di carriera come quello di Shimon Peres ci sono stati alti e bassi tali da indurlo a guardare le cose con un certo distacco, specie se in gioco sono interessi nazionali. Ma è un mistero irrisolto come mai gli sia sempre mancato qualcosa perché raggiungesse il vertice del potere. Per due volte Shimon Peres è stato primo ministro ma mai è stato eletto a questo incarico. La sua intelligenza politica, la sua visione della storia hanno affascinato i governanti del mondo, le platee internazionali, i media, ma non i suoi concittadini che, nei momenti cruciali, gli hanno negato la soddisfazione dell’incarico più ambito. E quando [...]s’è trattato di scegliere il successore di Ezer Waisman gli è stata persino negata la carica consolatoria e largamente simbolica carica di capo dello Stato. Non è questione di possedere quello che alcuni osservatori, con una certa dose di superficialità, definiscono ”un carattere perdente”. E probabilmente Shimon Peres, come certi utopisti d’altri tempi, ha spinto le sue visioni (ricordate il Nuovo Medio Oriente dell’inizio degli anni 90?) troppo avanti rispetto alla capacità di comprendere e alla voglia di rischiare della società israeliana. In teoria, nessuno avrebbe potuto negargli la vittoria nel ”95, quando, dopo la morte di Rabin, si presentò alle elezioni per raccoglierne l’eredità. Eppure Netanyahu lo sconfisse. Le batoste subite non ne hanno, però, frustrato lo slancio. Anzi, sembrerebbe che realisticamente, fatalisticamente, Shimon Peres abbia finito con l’accettare il ruolo del perfetto Numero 2. Nei filmati proiettati durante la festa per i suoi 80 anni, lo si vedeva spesso alle spalle di Ben Gurion. Con Rabin il rapporto era personalmente alla pari. Entrambi avevano capito che, davanti all’impresa che li fronteggiava, la Pace, non aveva senso continuare ad odiarsi, ma non c’era dubbio su chi fosse il leader. Lo stesso si può dire con Sharon che, ancora prima di fondare il suo nuovo partito-famiglia, aveva tessuto pubblicamente le lodi di Shimon, ”con il quale ci conosciamo e facciamo politica insieme da 40 anni”. [...]» (Alberto Stabile, ”la Repubblica” 30/11/2005).