varie, 5 marzo 2002
PERNA
PERNA Giancarlo Roma 7 aprile 1940. Giornalista. Del ”Giornale” e di ”Panorama”. «Si dice: ”Un ritratto alla Perna”. Come dire ”al vetriolo”. [...] spella vivi i suoi obiettivi, senza riguardi per i potenti e - secondo i maligni - anche per la verità [...] un signore distinto e pacato. Incredibile pensare che di lui abbiano detto che è uno scarabeo stercorario (Ripa di Meana), un merdoso, un diffamatore e che Alessandra Mussolini l’abbia perfino definito ”una nauseante e immensa ondata di merda” [...] ”Io sono timido e beneducato. Racconto verità che normalmente tutti sanno ma dicono sottovoce [...] Ogni persona ha lati positivi e negativi. Sui giornali si leggono solo gli aspetti gratificanti. Quando io racconto anche l’altra faccia, le persone non si riconoscono più, abituate com’erano a essere lodate. E ci rimangono male a leggere sia le cose buone che quelle cattive [...] quando scrivo le cose buone sono poco credibile e allora ci metto molta ironia. E le persone si arrabbiano lo stesso. Come è successo con quel galantuomo di Alfredo Biondi. Avevo scritto che è una persona onesta e che ci dà giù col vino. E lui mi ha detto: ’Possibile che per dire che sono onesto devi scrivere che sono un ubriacone?’. Comunque a parlare bene si sbaglia quasi sempre. Una volta ho scritto che Bergamo aveva degli ottimi amministratori. Quattro mesi dopo erano tutti in galera. [...] Ho cominciato all’Ansa. Sono entrato con un concorso. A 34 anni. [...] Non ho fatto anticamera. Sono stato subito assunto. Avevo fatto per dieci anni l’avvocato e mi ero stufato. Ubaldo Soddu, un amico che era stato con me assistente a diritto privato comparato e che faceva il critico teatrale al ’Messaggero’, mi consigliò di scrivere a tutte le agenzie. Io lo feci e dopo qualche mese l’Ansa mi fece sapere che c’era una specie di prova pubblica. Partecipammo in cento. Tre mesi di prova e sono diventato giornalista [...] Fui assunto a 90 mila lire al mese. Come avvocato guadagnavo circa 2 milioni [...] Una volta scrissi: ’I deputati stanno bevendo l’amaro calice dell’ostruzionismo’. Venni chiamato dal desk: ’All’Ansa si scrivono solo fatti. Amaro calice è un giudizio’. Il mio maestro era Aldo Padovani, caposervizio delle commissioni parlamentari, uomo stimato, di pessimo carattere, nessuno voleva lavorare con lui. Io ci andavo molto d’accordo [...] Nell’83 andarono via dal ’Giornale’ Enzo Bettiza e Francesco D’Amato, troppo craxiani. Ottorino Gurgo, divenuto notista politico, aveva bisogno di un vice. Mi chiesero di fare un pezzo di prova. A Montanelli non piacque. Ma Guido Paglia mi appoggiò e anche Eugenio Melani. E fui assunto. Da subito abbandonai lo stile Ansa e cominciai a scrivere ’alla Pansa’”. E Montanelli? ”Disse: ’Devi diventare il Pansa del Giornale’ [...] il mio maestro rimane sempre Montanelli, il Voltaire italiano, uno per cui è importante non solo quello che si dice ma anche come si dice [...] Se per te è impotante una cosa, devi scriverla in maniera che rimanga scolpita e faccia piacere leggerla. C’è gente che si affeziona a certe idee e pur di dirle non si preoccupa di come. C’è una grande tendenza al barocco, al racconto lutulento e massiccio [...] Fangoso. Complicare invece che semplificare. Una macedonia di parole e di immagini. Surrealismo [...] Un incendio in un albergo svizzero. Mi stavano portando in vacanza, avevo 14 anni. Mio padre morì soffocato per cercare di venire a salvarmi. Rimasi orfano. Fui bocciato al ginnasio, al Giulio Cesare. Mio zio mi portò al Massimo, dai gesuiti. Che dissero: ’Materiale di scarto non prendiamo’ [...] Sono andato al San Leone Magno, dove mi sono trovato benissimo [...] Sempre stato liberale. All’università ero nei Liberi Goliardi, gli studenti liberali che facevano capo a Urbani [...] Ho votato liberale, qualche volta repubblicano, talvolta radicale, per disperazione. Oggi voto Polo [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 24/2000).