Varie, 5 marzo 2002
PETRUCCIOLI
PETRUCCIOLI Claudio Terni 22 marzo 1941. Politico. Ex presidente della Rai (luglio 2005-marzo 2009). Dal 1966 al 1969 è stato segretario nazionale della Federazione giovanile comunista. stato anche membro del Comitato centrale del Pci e, nel 1982, direttore del quotidiano ”l’Unità”. Eletto deputato nel 1983 e nel 1992, senatore dal 1994, nella XIII legislatura è stato presidente della commissione Lavori pubblici • «[...] Comunista no: ”il comunismo è fallito” ha messo a verbale intervistato da Sabelli Fioretti diversi anni fa. Riformista. Liberal. Destra del partito, si diceva una volta. Quel che di più lontano c’è dai girotondi e del resto era lui a guidare la Fgci quando Flores D’Arcais fu espulso per trotzkismo. Braccio destro di Occhetto, ”nemico no ma avversario” di D’Alema [...] Non che sia malleabile, assolutamente no, però non è aggressivo. Non alza la voce, non istiga. Media, ha una notevole propensione a sciogliere più che a dividere. Nel ”68 sciolse la Fgci nel movimento. Più avanti, con Occhetto, il Pci nel Pds. Gioca a tennis, balla, da ragazzo collezionava francobolli. Cugino di Oreste Scalzone, ha sposato la contessa Giovanna Nuvoletti, figlia del secondo marito di Clara Agnelli: a Cortina in vacanza di tanto in tanto gli capitava di avere in casa l’Avvocato. A 59 anni aveva già scritto la sua autobiografia, Rendiconto. [...] Figlio di un ferroviere di Foligno comunista e cattolico (smise di votare Pci per non essere scomunicato, narrano le cronache) Petruccioli è nato Terni nel 1941, si è iscritto al Pci dal ”58, ha studiato filosofia avendo per maestri Ugo Spirito, Ettore Paratore, Federico Chabod. Nessuno di loro poté quanto il richiamo di Togliatti, tuttavia. Abbandona gli studi e nel ”66 è segretario della Fcgi. Direttore dell’’Unità” negli anni Ottanta si dimette per lo scandalo del falso documento sul caso Cirillo: ”era falsa la fonte del documento, ma la storia era vera”. E però, di nuovo giù nelle montagne russe della popolarità di partito. Del continuo ”up and down” nelle quotazioni non si è mai fatto un gran cruccio, ha pazientato: ”la mia immagine nel partito è quella di una persona con delle qualità nell’elaborazione ma non molto affidabile dal punto di vista della praticità”, dice di sé. Astratto, poco concreto: così del resto negli anni 60 Togliatti bollò il suo primo giornale, ”Città futura”. Pazienza, il tempo è galantuomo. Basta resistere, certe volte basta tener ferma la barra: non trascurare gli studi e gli amici. A chi gli rimproverava, da presidente della commissione di vigilanza Rai, di essere intimo di Antonio Baldassarre, allora presidente Rai, rispondeva: eravamo compagni di banchi al ginnasio. Di seguito l’elenco delle altre amicizie: con Giuliano Ferrara ”giocavamo in spiaggia insieme all’Argentario a dieci anni”, con Zaccaria ”eravamo compagni all’Università”. Con Sofri la visita di leva, Confalonieri ”l’ho conosciuto negli anni ”70 a Milano. Tre o quattro volte l’anno ci vediamo a cena”. Anche Berlusconi dice di ”aver avuto modo di conoscerlo”: fu nel ”94, ”per uno scambio epistolare”. Poi certo i contatti istituzionali [...]» (Concita De Gregorio, ”la Repubblica” 31/7/2005). «[...] Umbro di nascita ma milanese di adozione, a vent’anni Petruccioli era già al vertice nazionale della Federazione giovanile comunista; nel ”68 sostituirà Occhetto alla segreteria. In quegli anni turbolenti, Petruccioli condusse l’organizzazione giovanile del Pci - spiccatamente ingraiana e con qualche tentazione trotzkista - ad un incontro caotico ma non improduttivo con il cosiddetto ”movimento”. Di fatto, Petruccioli sciolse la Fgci: il che non gli fu mai perdonato da molti ortodossi. La sua fama di combina guai nacque nel Pci proprio in quel periodo, e sembrò confermarsi quando, divenuto segretario del Pci aquilano, si ritrovò con la federazione bruciata per aver sostenuto la scelta di Pesaro capoluogo. Ben più grave l’incidente capitatogli all’’Unità”, dove nel ”75 arrivò come vicedirettore. Il giornale del Pci pubblicò un dossier, rivelatosi poi un clamoroso falso, sui rapporti fra la camorra, la Dc e le Br nel corso del rapimento Cirillo. Petruccioli - era il 1982 - lasciò la direzione del giornale, e con una certa signorilità evitò di commentare gli sviluppi successivi del caso, che dimostrarono falso il documento, ma sostanzialmente veritiero il suo contenuto. Negli anni di Occhetto, fra il 1987 e il ”94, Petruccioli ne fu il braccio destro, il teorico e forse l’amico più caro. Considerato a volte con qualche distacco e persino con diffidenza all’interno del partito,un certo stile ”borghese”, assai lontano dall’immagine tradizionale del dirigente comunista, gli valse in quegli anni una fitta rete di relazioni e di rapporti con i mondi più diversi e lontani, dall’establishment economico e finanziario alla Chiesa, dal giornalismo ai salotti. Anche al Bottegone non mancarono gli infortuni: memorabile, al congresso di Rimini convocato per dar vita al Pds e conclusosi con la mancata elezione di Occhetto, una riunione ristretta prima dell’apertura dei lavori. ”Bisognerebbe che qualcuno si occupasse della costituente”, raccomandò Petruccioli. La ”costituente” era l’insieme di quei gruppi, gruppuscoli e individui che avevano aderito alla proposta occhettiana di un ”nuovo partito” della sinistra. Raccomandazione preziosa, osservò con un sorriso D’Alema, ”peccato che sia tu, Claudio, il coordinatore della costituente...”. Riformista senza esser mai stato migliorista, ”liberale” senza aver mai ripudiato l’esperienza del Pci, Petruccioli sarebbe un ottimo esemplare di comunista togliattiano se dal togliattismo (e dal berlinguerismo) non si fosse differenziato su un punto cruciale: ”Il Pci - scrive nell’impegnativo Rendi conto - è stato un ”grande partito’, ha svolto un’essenziale funzione nazionale, è stato determinante nel costruire la coscienza democratica degli italiani... ma ha impedito che la parte maggiore della sinistra potesse governare. Per farlo bisognava liberarsi dal vincolo con l’Urss e aprirsi alla convergenza con i socialisti”. Tutto il Rendi conto è un’analisi spietata dei difetti, dei ritardi, degli equivoci e dei veri e propri errori commessi dal Pci negli anni; ma è anche una professione d’amore per la politica, temperata da quello sguardo un poco distaccato che fa di Petruccioli, come si diceva, un generale che preferisce pianificare la battaglia dall’alto della collina, piuttosto che guidare le truppe all’assalto. [...]» (Fabrizio Rondolino, ”La Stampa” 31/7/2005). «Cominciamo dalle cose futili (a volte, aiutano a capire meglio il carattere di una persona): Claudio Petruccioli è un formidabile ballerino. Ma non è un doppio senso. Lasciate stare il suo essere politico di rango: perché, invece, in politica è uno che tiene la barra diritta, anche a costo di risultare – e a volte ci è riuscito – scomodo. No, lui balla proprio bene: valzer e tango, grazie a due piedi d’oro (abbastanza memorabile, raccontano i suoi amici, fu una festa di compleanno in cui si esibì in tacco-punta-spinta-slancio, con avvitamento finale e conclusivo casché). [...] è tra gli scopritori di Capalbio, del paesino dove si raduna un certo mondo di sinistra – spesso radical-chic – e del vicino tratto di costa, dello stabilimento ”L’ultima spiaggia”, dove gli hanno scattato foto mentre gioca a carte con Chicco Testa e Enrico Mentana, con Fabiano Fabiani, Furio Colombo e Claudio Martelli. Amicizie, come si dice, trasversali. Come il suo essere prima funzionario del Pci, area ”migliorista”, e quindi autentico ”liberal” in anticipo, sempre con una voglia di superamento, finché Achille Occhetto non gli consentì – e lui, politico con solide basi da intellettuale vero, di formazione filosofica, si fece trovare pronto – non gli consentì di diventare quasi il vero ”ideologo” della svolta, con il partito comunista che cambiava nome e bisogna dire, adesso si può dire, che a quell’idea di cambiamento lui è sempre rimasto fedele, arrivando poi a pronunciare frasi pesanti – ”il comunismo è stato uno dei più grandi fallimenti della storia dell’umanità” – e a polemizzare con quelli che definì i ”malpancisti”, cioè coloro che aderirono alla svolta di Occhetto ”per pura opportunità”. Claudio Petruccioli ammette di considerare D’Alema ”un avversario”. Con Veltroni i rapporti sono, invece, eccellenti. Così come pure con Fassino. Meno limpidi con Prodi. Al quale non ha mai fatto sconti. Però bisogna dire che nemmeno a lui, a Petruccioli, gli avversari fanno sconti. Quelli che gli vogliono male gli ricordano sempre di quando, a lui che era un giovane e promettente segretario del Pci abruzzese, incendiarono la sede dell’Aquila. E poi, certo, non sono pochi neppure quelli che lo associano al ”caso Maresca”: storia torbida di scoop, camorra e servizi segreti. Con lui che, all’epoca direttore dell’’Unità”, fu costretto alle dimissioni. [...] ”I miei miti? Marlon Brando, James Dean e il rock and roll”. [...]» (Fabrizio Roncone, ”Corriere della Sera” 31/7/2005). «[...] I miei primi ricordi sono nel podere di mio zio, dove vivevamo sfollati. Dormivo su un letto col materasso fatto di foglie di pannocchie. E sotto il letto era pieno di fette biscottate che mia madre prendeva con la tessera per il pane. Poi andammo a Foligno. Fino alla seconda liceo. Avevo 16 anni. Poi Roma. L’Università? Filosofia [...] Volevo essere di sinistra come mio nonno, come il mio professore di filosofia di Foligno. La sinistra era il Pci. [...[ Nel 1962 entrai nella segreteria nazionale della Fgci. Poi ho fatto il segretario. [...] Facevamo assemblee con Alicata, Amendola, veniva Pasolini, eravamo legati all’istituto Gramsci. [...] Milano di piombo. Manifestazioni tutti i sabati. Terrorismo. Decisero di gambizzarmi. Ma ero scortato e cambiarono obiettivo: colpirono Nino Ferrero dell’’Unità” di Torino. [...] Mia moglie Giovanna è la figlia di Giovanni Nuvoletti che in seconde nozze sposò Clara Agnelli [...] Scalzone è un parente strettissimo, siamo figli di due sorelle. Ha avuto nella sua adolescenza un rapporto con me che lo ha influenzato. Il primo libretto di politica che gli sia capitato fra le mani glielo prestai io, Il marxismo di Lefebvre [...] Durante il ”68 discutevamo tantissimo [...] Mi piace ballare [...] In anni giovanili mi piaceva la filatelia. Quando vendetti la collezione ricavai un paio di milioni. [...] Giocavo bene a tennis. [...] La scomparsa del Psi è stata per noi una disgrazia. La frusta socialista era un grosso impulso al rinnovamento. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 1-2/2001).