varie, 5 marzo 2002
PICCIONI Giuseppe
PICCIONI Giuseppe Ascoli Piceno 2 luglio 1953. Regista • «[...] provinciale per nascita ed elezione, una laurea in Sociologia, ritrovatosi regista per caso. “E per fortuna. Sono arrivato a Roma [...] seguendo un amore. Era anche lei di Ascoli, si era iscritta all’università a Roma. Era un momento particolare, di crisi dell’impegno politico e il cinema per me è stata una vera salvezza. Una passione frequentata con timidezza che ha dato senso alle mie scelte, assorbito ogni mia altra possibilità. Mi sono ritrovato alla scuiola Gaumont di Renzo Rossellini: giornate intere a parlare di cinema, indigestioni di film. E così, pur non potendo vantare alcuna parentela o appartenenza, mi sono risparmiato la gavetta. Sono subito arrivato alla regia e la fortuna è stata che il mio primo film non sia passato inosservato”. Era il 1987: Il grande Blek con Sergio Rubini lo notarono in molti e si portò a casa un Nastro d’argento e il premio De Sica per il giovane cinema italiano. Cinque anni prima il primo cortometraggio, Il prologo, e poi il video Voglio andare via, in mezzo anche un po’ di pubblicità e la fondazione, con alcuni amici, della casa di produzione Vertigo. Dopo il Grande Blek, a scadenze quasi svizzere arrivano Chiedi la luna (1990), poi Condannato a nozze (1993), poi Cuori al verde (1995), tre anni dopo Fuori dal mondo. [...] dopo altri tre anni, Luce dei miei occhi [...] “Mi piace circondarmi di persone che hanno voglia di lavorare con me. Ho bisogno di avere confidenza con gli attori, mi piace che si creino legami di amicizia [...] Il mondo del cinema? Non lo conosco, non lo frequento, cerco di parlare di altro. Però non sono uno che si nasconde [...] Mentre facevo Fuori dal mondo ero terrorizzato che la mia suora diventasse oggetto di un talk show [...] Credo che i film, senza diventare prevedibili, debbano assomigliarti” [...] i critici hanno abbondato con il prefisso “dis”: discreto [...] disincantato, disarmonico, distaccato, dissestato, disimpegnato, distante, disadattato, disarmato [...] quella faccia un po’ così che persino i suoi fan stentano a riconoscere [...] “Mi sento un debuttante a ogni film, e forse è una fortuna [...] Ai tempi del Grande Blek avevo messo il ‘Castorino’ di Truffaut nella borsa. Da allora, per romanticismo, continuo a tenerlo con me quando giro” [...]» (Stefania Ulivi, “Sette” n. 35/2001). «Laurea in Sociologia a Urbino, diploma di cinema alla scuola della Gaumont, è regista lucido e sensibile, attento alle ambiguità del cuore, ai piccoli e grandi malesseri della vita quotidiana. Già due volte nella selezione ufficiale di Venezia, nel 1990 con Chiedi la luna e nel 1993 con Condannato a nozze, riceve accoglienze contrastanti. Ma è con Fuori dal mondo che gli riesce il miracolo più arduo: farsi applaudire sia dal pubblico sia dalla critica. E collezionare una pioggia, anzi una grandinata di premi» (Giuseppina Manin). «Autore di storie contemporanee intessute di sentimenti non chiariti o male espressi, costruite su disagi psicologici, fraintendimenti, incertezze» (Simonetta Robiony, “La Stampa” 23/1/2004) • «Ci sono attori anche bravissimi che li vedi il primo giorno delle prove e ti dici che non riusciranno mai a darti quello che cerchi: approccio metodico, quasi ginnastica. Altri ti colpiscono per la personalità, che può essere un limite. I più interessanti sono quelli più distaccati. [...] Che un film sia un´esperienza non ordinaria per me è importante: cercare una verità che non siano i fatti propri. Il film deve essere un viaggio vero, che ti entusiasma e ti spaventa. [...] Non li so fare i film “tifosi” nonostante la mia vita vada in una direzione precisa [...] Mio padre è stato emigrante in Belgio e in Canada. Mi raccontava l´accoglienza degli altri emigrati, la comunità, qualcosa che ci sembra tanto lontano e invece è stato il cuore della nostra storia, sta dentro di noi ma non ha cittadinanza. Restano la superficie, le letterine. Mio padre è stato nei sommergibili durante la guerra, dopo l´8 settembre fuggì da Fiume. Tornarono con una decina di pescherecci: tutti affondati tranne il suo e un altro. Al porto di San Benedetto del Tronto aspettavano le famiglie di quelli che non tornarono» (Paolo D’Agostini, “la Repubblica” 15/3/2004).