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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

PIRELLA

PIRELLA Emanuele Reggio Emilia 1940, Milano 23 marzo 2010. Pubblicitario. Suoi annunci più famosi: «[...] il primissimo fu ”Chiquita 10 e lode”, per una banana; il secondo furono i manifesti per Jesus Jeans e, più avanti ”O così o Pomì”, una frase che poi è diventata un modo di dire [...]» (Alain Elkann, ”Specchio” 20/4/2002) • «Laureato in Lettere a Bologna, inizia la sua carriera a Milano nel 1964. Nel 1970 fonda con Emanuele Göttsche e Gianni Muccino l’Agenzia Italia, famosa anche per la campagna dei jeans Jesus. Negli stessi anni inizia su Linus a collaborare con Tullio Pericoli nelle loro famose strisce a fumetti. Nei primissimi anni Settanta inventa per Panorama ”la prima campagna democratica mai pubblicata”: manifesti bianchi affissi alla fermata della metropolitana su cui i cittadini sono invitati a scrivere le proprie opinioni sulla politica italiana, sulla religione, la droga e il sesso. Quelli in superficie sono da completare. Una decina di frasi che iniziano: ”In questo momento Agnelli sta facendo...”, ”La Cia ha deciso che...”, ”La causa della frigidità è...”. Pirella firma anche la campagna di lancio della Repubblica che vede la luce nel 1976, Lo slogan è ”La Repubblica sveglia l’Italia”. La foto quella di un Bettino Craxi addormentato» (diario - la meglio gioventù - Accadde in Italia 1965-1975) • «[...] nato a Reggio Emilia e cresciuto a Parma, era salito ventenne a Milano, nei primi anni Sessanta, per la fare lo scrittore o il poeta, meglio se entrambe le cose: le parole furono la passione della sua vita di lettore vorace, che amava accostare al lusso della solitudine il piacere della letteratura. Non sarà quello il suo pane quotidiano, anche se come critico televisivo dell’Espresso, vent’anni dopo, vincerà il Premio Flaiano. In quella Milano imperdibile, eppure da tempo perduta, il ragazzo Pirella bussò alle porte delle case editrici, ma la prima che si aprì fu quella della pubblicità. La scelta folgorante della ”parola giusta”, della sintesi verbale che seleziona e comunica, fece di lui uno dei copy italiani di maggiore successo. Dalla banana ”dieci e lode” all’amaro del veterinario, dai jeans Jesus a Perlana al lancio di Repubblica, le sue campagne avevano il pregio di riempire lo spazio retorico della pubblicità con una precisione quasi sfrontata. I suoi due ”generi”, pubblicità e satira, se pure nell’evidente diversità degli ambiti, hanno in comune la necessità di una precisione verbale assoluta. ”Era un selezionatore di parole come non ne ho mai conosciuti”, dice Pericoli, ”e nelle interminabili discussioni sul da farsi, quando mi pareva che le parole che aveva scelto non fossero in sintonia con i miei disegni, la sua testa era perfino più dura della mia”. Nei primi anni il marchigiano Pericoli e l’emiliano Pirella (in fieri Pericoli & Pirella) divisero casa e ambizioni, entrambi immigrati in una Milano magnetica e fattiva, ”dove ogni proposta”, racconta Tullio, ”aveva orecchie pronte ad ascoltarla e metterla in pratica”. Così come vuole la satira, il potere, con i suoi volti e le sue parole, fu la materia prima del loro lavoro: ”Cronache del Palazzo” era il titolo della loro pagina sull’Espresso, negli anni infocati della Democrazia cristiana, di Craxi, del Pci che si consumava nella sua eterna marcia di avvicinamento. La forza di Pirella, secondo Pericoli, era non frequentare mai i protagonisti delle cronache politiche, i salotti, gli ambienti nei quali il potere si determina o crede di determinarsi. Privilegio molto milanese: impensabili Pericoli e Pirella a Roma. I satirici romani, alcuni eccellenti, raccontano il potere come dall’interno di un interminabile corpo a corpo. Mentre in P&P si avverte, nel disegno come nei testi, un distacco rivendicato, un’eleganza quasi snob. Quasi. Perché nel loro vero classico, ”Tutti da Fulvia il sabato sera”, anche i vezzi intellettuali della ”società civile”, di un’opinione pubblica mai sacralizzata, vengono messi alla berlina con un effetto decisamente omeopatico rispetto agli stessi lettori di Repubblica e della striscia. Fulvia era nata come recensione libraria - decisamente eccentrica [...] ”Poi è accaduto”, dice quasi scusandosi Pericoli, ”che la politica è diventata dilagante, ha via via rubato la scena alle polemiche culturali, se le è mangiate”. E Fulvia, negli anni, ha virato inevitabilmente, e con uguale fortuna, verso la strip politica. [...]» (Michele Serra, ”la Repubblica” 24/3/2010).