Varie, 6 marzo 2002
PIVETTI Irene
PIVETTI Irene Milano 4 aprile 1963. Conduttrice tv. Politico. Ex presidente della Camera: fu eletta il 15 aprile 1994, pochi giorni dopo aver compiuto 31 anni. Dall’agosto 2010 asssessore allo Sviluppo del territorio del comune di Reggio Calabria • «Nei primi anni 80 tifa per Ciriaco De Mita, ma dura poco. In attesa di scoprire la Lega, va ai comizi di Occhetto. Ma anche il Pci non fa per lei. È il ’90: Irene Pivetti è una milanese di 27 anni, laureata con il massimo dei voti alla Catto lica [...] Quando incontra Bossi, in pizzeria, scoppia la scintilla. Perché la politica viene prima di tuttoo. Anche dello spettacolo, che pure sembra essere inscritto nel suo Dna: padre regista, madre e sorella attrici, a 9 anni Irene faceva la doppiatrice. Frequenta il liceo dalle monache benedettine, dove subisce il fascino dell’intransigente suor Gertrude. È la prima della classe. [...] La sua carriera è fulminante: parlamentare della Lega nel ’92 [...] Con la vittoria dell’Ulivo, comincia la parabola discendente: lascia la terza carica dello Stato, viene espulsa dalla Lega [...]» (“Sette” n. 4/1998) • «Era una ragazza tutta casa, chiesa e scuola che si sarebbe diplomata con 60/60 e laureata con 110 e lode. Era la beniamina della suore delle scuole dove i genitori (papà regista, mamma attrice) l’avevano mandata a studiare nonostante fossero di sinistra e nemmeno tanto benestanti. Era una ragazza un po’ bigottina [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, “Sette” n. 18/1997) • «Ha messo in naftalina i foulard e i tailleur da battesimo. La nuova Irene Pivetti ha i capelli cortissimi da ragazzino, si veste di rosso e verde smeraldo, porta al dito anelli fiorati, al collo chilometri di bijoux scintillanti, ondeggia sui tacchi a spillo e ha imparato a sorridere. È stata il più giovane presidente della Camera della storia d’Italia, aveva l’aria dura, severa, da prima della classe […] spiega con grande semplicità che la sua vita è cambiata grazie al marito Alberto Brambilla, dieci anni meno di lei: marito, consigliere e manager. è lui che l’ha spinta a fare televisione […] “Quando ero rigida, controllata, esercitavo una pressione pazzesca su me stessa. Anche a trent’anni amavo ascoltare la musica, mangiare la pizza con gli amici, ridere. Ma il mio impegno in politica era così assoluto - io lo vivevo così - che non trovavo ritagli di tempo per la vera Irene. Ero blindata, anche nei sentimenti. Mio marito è stato il fattore liberante, la nostra all’inizio è stata una scelta azzardata - lui è tanto più giovane di me - una scelta che ci ha reso felici ma non è stato semplice da far accettare agli altri […] Con Alberto sono cambiata. Tanti si sono stupiti per i capelli, gli abiti che scelgo. Ho un marito giovane e mi piace tenermi in forma, trovare il look giusto, non c’è niente di strano. Adesso mi diverto anch’io. Credo che qualsiasi donna cerchi di esprimere se stessa, io sono un personaggio pubblico e le mie scelte sono sotto gli occhi di tutti […] La politica farà sempre parte della mia vita, non ho più un ruolo ma la mia dimensione istituzionale non potrà mai venire meno. Il mio approccio con la realtà non è cambiato. Ho qualche rimpianto sì, per alcune cose che mi sarebbe piaciuto fare, ci sono questioni enormi su cui misuriamo la nostra impotenza: penso alla pedofilia”» (Silvia Fumarola, “la Repubblica” 23/8/2002) • «Dormiva sola e inavvicinabile nella dimora del presidente del Consiglio facendo sognare milioni di maschi con la sua aria da pulzella ringhiosa, da vergine mediatica, da inavvicinabile Trimurti. Agli uomini piaceva l’icona del suo visino pallido da madonna infilzata in processione, la voce roca per le ottanta sigarette al giorno, il mento prognatico di chi non deve chiedere mai, gli occhi gelidi di chi è pronto a uccidere per la propria fede, le carni bianche sotto quei tailleurini così per bene da suscitare le più turpi fantasie. Come un’eroina della saga di Mad Max, la Pivetti girava accerchiata da un plotone di armigeri zannuti, felici di proteggerla e di scortarla anche sulle nevi: quel balletto di boys attorno alla figuretta un po’ corta di gambe, ma dalla nuca aggraziata, non faceva che aumentare il suo sex appeal e la sua popolarità. [...] un anno dopo la sua elezione a presidente della Camera, metà degli stilisti italiani usarono la croce della Vandea che lei portava al collo come leitmotiv delle loro collezioni [...] Scivolata giù dalla poltrona presidenziale, in lotta con Bossi che prendeva la via del secessionismo, [...] comincia proprio nel ’96 la sua lenta marcia d’avvicinamento ai mezzi di comunicazione di massa [...] Il crollo del suo Walhalla personale è così fragoroso che neppure la tv, specializzata a far da pattumiera nazionale, se la fila più: così lei finisce a fare la conduttrice di un talk show d’una emittente locale [...]» (Patrizia Carrano, “Sette” n. 4/1998).