Varie, 6 marzo 2002
PLATINETTE
PLATINETTE (Mauro Coruzzi) Pilastro (Parma) 4 novembre 1954. Conduttrice di Radio Deejay e ospite fissa di talk show e trasmissioni tv «che è finita, con una lunga intervista, sulle pagine del prestigiosissimo "New York Times". ”Quando me l´hanno detto non ci credevo neanch´io, e poi è stata un´esperienza unica, pure per me che faccio tante interviste: mi hanno rivoltata tutta con otto ore non di intervista ma di interrogatorio, e poi ogni particolare verificato e controllato fino in fondo: incredibile! Una sola cosa non mi è piaciuta: in tutto quel tempo e con tutte le battute che io faccio sempre, mai un sorriso, mai una risata, una serietà glaciale... [...] Naturalmente nel mondo dello spettacolo sono pieni di travestiti e di Drag Queen, da molto prima che io mi sognassi di cominciare. Bellissime, celebratissime. Ma appartengono a un altro universo. Che a una come me sia possibile parlare di politica, commentare i giornali, interloquire con politici come Giovanardi e la Mussolini da Costanzo... be´ questo per loro è inconcepibile. [...] I tipi strani come me vanno in televisione, magari hanno un momento di successo, ma poi spariscono. Invece io reggo da un bel po´, anche quest´anno tornerò molto da Costanzo, continuerò alla radio, abbiamo appena battuto la RaiUno con la mia lettura di giornali... Il punto per me è questo: io guardo le cose da fuori, dico cose diverse dagli altri perché sono fuori dai giochi, e questo al pubblico piace. [...] Sono libera, posso dire le mie sciocchezze, il travestimento mi protegge. [...] Io sono di una famiglia contadina, e questa è una cosa essenziale, la campagna è ancora importantissima per me, in fondo mi sento una conservatrice, una vecchia contadina. Però a un certo punto i miei genitori pensarono di migliorare la loro condizione inurbandosi, mia madre divenne caporeparto in fabbrica e mio padre muratore. Da ragazzo capii che dovevo uscire da quella condizione, d´estate lavoravo per avere i soldi. Poi a Bologna aprirono il Dams, mi feci un anno integrativo facendo il gelataio di giorno per andarci. A Bologna era il ’77, in università c´erano Squarzina, Eco e tanti altri, per strada le manifestazioni. Io stavo in un gruppo di travestiti e andavamo a manifestare, un po´ perché eravamo politicizzati, un po´ perché si beccava bene... Dopo due anni mi accorsi che non volevo studiare comunicazione, ma farla. Tornai a Parma, era l´epoca delle prime radio libere, mi misi a lavorare in una radio... [...] A me la radio piace moltissimo. In televisione mi sento sempre un po´ estranea, sto lì e guardo, in radio invece sono un soldato, mi identifico totalmente col mezzo, ci passo la giornata. [...] Freccero per esempio, subito prima di essere cacciato, mi propose di condurre una specie di quiz sul sesso, era una bella idea ma poi non è passata. [...] A Parma mi sono messa a scrivere anche al giornale locale, mi hanno dato da seguire la canzone, sono diventata amica di Patty Pravo, di Benedetta Mazzini. Ho incominciato poi a lavorare anche per i discografici, facevo interviste. Poi sono diventata autore televisivo [...] Platinette è stata un´altra trovata di Freccero. Ero fra gli autori di un dopofestival un po´ strano, immaginavamo uno di quegli alberghi della Riviera, dove tanta gente va a svernare, avevamo bisogno di una donna chiacchierona, che giocasse tutto il tempo a canasta, malignando. Non trovavamo l´attrice giusta, allora Freccero che conosceva il mio gusto del travestimento, disse: la fai tu, che sei grossa e ti vedono. Ebbe successo, oscurai anche la conduttrice, continuai. Costanzo si accorse subito del personaggio, col fiuto che ha, e mi chiamò dopo una settimana. Io però dissi di no, non volevo andare a una trasmissione sui travestiti come proponeva lui, volevo parlare d´altro. Poi mi richiamò a una puntata sui prodotti agricoli... [...] Non siamo amici, ci diamo del lei. Lo stimo, però. E´ lucidissimo. Piuttosto sono amica della moglie, io ho sempre rapporti migliori con le donne. Ma non ho il suo numero di cellulare. [...] Un po´ mi vergogno, sono un vecchio orso. E un po´ mi piace. Di solito mi nascondo, dopo gli spettacoli mi cambio. Ma l´altro giorno, tornando da una serata a Vicenza, ho tenuto gli abiti e la parrucca e mi sono fermata in tutti gli autogrill, per vedere come la prendeva la gente. [...] Tutti a farmi festa. Ecco, essere famoso, andare in tv ti rende giusto per tutti: una droga» (Ugo Volli, ”la Repubblica” 21/9/2003) • «’Nei ”70, se non eri di sinistra non eri. Io non è che fossi ideologicamente così compresa nel ruolo. Però”. Però c’è un passato movimentista nella vita di Platinette. La Drag Queen à penser del salotto di Costanzo, negli Anni 70 andava ai primi campeggi gay di Isola Capo Rizzuto, frequentava Felix Cossolo, Ivan Teobaldelli. Lo si scopre dalle prime pagine di Finocchie, autobiografia sulfurea, un diario di Bridget Jones molto sui generis, dove ce n’è per tutti e prima di tutto per i gay compagni di strada, cui, in una lunga appendice, è dedicato un catalogo dettagliatissimo, dall’astrologa alla bancaria, dalla canottierata alla délavè e poi l’informata, l’informatica, la melomane, la messa in piega, l’orsa, la palestrata e via graffiando. […] ”Già allora sentivo un forte attrito con le istituzioni di qualsiasi natura. L’Arcigay mi faceva senso, perché un’associazione che tratta finocchi e cacciatori allo stesso modo mi suona strana. Il gusto per la battuta, per la contestazione sono più forti in me di qualsiasi ideologia. Essere in un territorio libero, al di fuori delle ideologie, è meraviglioso. Capisco adesso la prigionia di allora: i film di Jankcsò con piani sequenza di 70 minuti, quelli di Angelopulos, le sedie di Pina Bausch […] Certo quello era un mondo in apparenza allegro, pieno di fermenti, capace di farti sperare, di proporti aspettative. Puntualmente disilluse dalla realtà. Io non riesco tuttora a fare una serata alla Festa dell’Unità. Come però non riesco ad andare alle feste di An, nonostante me lo chiedano da un paio d’anni. Questo denuncia quanto le ideologie sono vittime di se stesse e incapaci realmente di avvicinarsi […] Scrivendo sono più severa perché come tutte le provinciali e le persone di basso profilo sociale, penso che la ”litérature” sia una punta di diamante del pattume che attraverso tutti i giorni. Avevo la presunzione, da ragazzetta di provincia, di diventare un Arbasino dei poveri […] Vorrei dimostrare il teorema che tutto è possibile e che un’obesa depressa come me può diventare scrittrice, intrattenitrice, presentatrice”» (Sergio Trombetta, ”La Stampa” 19/6/2002).