6 marzo 2002
Tags : Judit Polgar
Polgar Judit
• . Nata a Budapest (Ungheria) il 23 luglio 1976. Scacchista. «Garry Kasparov una volta le definì ”cagne ben addestrate”. Papà Laszlo non se la prese. Probabilmente sorrise. Perché in fondo le aveva addestrate lui e la frase irriverente del grande campione russo non era che la conferma della riuscita dell’’esperimento Polgar”. Che funziona così: metti al mondo tre bambine - Zsuzsa, Zsofi e Judit - e poi, a partir e dai quattro anni, le sistemi davanti a una scacchiera. Cominci con un approccio ”morbido”, due ore al giorno e sali progressivamente fino a dieci. Quando le bambine sono ben rodate, le ritiri dalla scuola, le iscrivi ai tornei dei maschi e lasci il tuo lavoro di insegnante per poterle seguire in giro per il mondo. Risultato: tre prodigi. L’ultimo, Judit, è ormai diventata una celebrità ed è il terrore di ogni scacchista maschio. Con il suo sorriso timido ha stracciato campioni leggendari come Bobby Fischer, Anatoly Karpov e Boris Spassky. E a Cannes, al campionato mondiale di scacchi rapidi (25 minuti per le prime 50 mosse e 10 secondi per le successive), si è fermata solo in semifinale, arrivando a un passo dall’incrociare il solito Kasparov, il nemico di sempre. Ma gli esperti assicurano, è solo questione di tempo, presto avremo un nuovo campione del mondo di scacchi: sarà di sesso femminile e si chiamerà Judit Polgar. Con Kasparov, Judit aveva un conto in sospeso. Era il 1994 e, a Linares (in Cile), la diciottenne promessa di Budapest incontrava il più volte campione del mondo. ”Quel giorno - racconta la Polgar - Garry ha toccato un cavallo e poi non ha mosso il pezzo, violando il regolamento. Sfortunatamente non c’erano testimoni e gli arbitri non hanno voluto mostrarmi il videotape”. Judit se la prese e i due non si sono più salutati per anni. Dolce ma implacabile Judit. Capace di amabili sorrisi e mosse fulminanti. Una che passa minuti a osservar e il profilo merlato di una torre. E poi annuncia placidamente, parlando dell’avversario: ”Pochi minuti e lo uccido”. Implacabile e sarcastica, Judit. Come la sorella Zsuzsa, 32 anni, insegnante di scacchi a New York, che ricorda: ”Non sono mai riuscita a battere un uomo sano. Avevano sempre qualcosa, dopo: emicrania, mal di pancia...”. Testa dura come lei, Zsuzsa, che, detronizzata dal titolo di campionessa del mondo femminile perché incinta e quindi non in grado di difenderlo, fece causa alla federazione. Del resto le tre sorelle il carattere lo hanno ereditato - pardon, appreso - dal padre. Che con la moglie Klara ha lottato per tutta la vita per poter dimostrare la sua teoria pedagogica, esposta nel libro Bring up a genius! (Alleva un genio). Tesi semplice: geni non si nasce, si diventa. Tutti i bambini, spiega Laszlo, sono potenzialmente prodigi: ”Basta specializzarli in qualcosa e poi lavorarci sopra”. A supporto della sua tesi, cita le biografie di alcuni intellettuali e il Talmud (’Stabilisce che i genitori ebrei devono essere i primi insegnanti dei loro figli”). E’ così che Judit è diventata, a 15 anni e 4 mesi, la più giovane ”grandmaster” (Gran maestro) della storia degli scacchi, battendo il record di Bobby Fischer ed entrando tra i primi dieci scacchisti del mondo. Quando è a New York, ora, gira in limousine e viene intervistata dalla rete televisiva Abc. Ma non sempre è stato così semplice. Papà Laszlo ricorda ancora l’agente di polizia armato che bussò al la porta di casa. Il regime comunista di Janos Kadar non apprezzava le originali teorie individualiste della famiglia Polgar. E anche la federazione si intromise, vietando alle più giovani di partecipare ai tornei dei maschi. Judit, ora, rifiuta i campionati femminili, in ossequio alle teorie del padre: ”Le donne sono deboli perché non hanno avversari validi. Con i tornei misti si ridurranno le differenze”. Gli uomini, gli altri avversari della famiglia Polgar. Solo con il tempo, e con le sconfitte, hanno imparato a rispettare le sorelle. Anche le riviste più prestigiose hanno dovuto rivedere le loro teorie sul ”naturale predominio maschile”. Dicevano: gli scacchi richiedono abilità ”spaziali” che le donne hanno in misura inferiore agli uomini. Dunque, sono destinate all’inferiorità. Poi, a smentirli, è arrivata Judit. Peccato che a rovinare la favola delle tre sorelle prodigio sia spuntato il solito libro-biografia - The Polgar sisters: training or genius? - autrice, l’inglese Cathy Forbes. Un concentrato di voci e sospetti. Accuse a Laszlo, ”padre padrone”, non insensibile al fascino dei soldi (avrebbe chiesto 4 milioni di lire come compenso per un’intervista) e un po’ troppo energico nel perseguire ”l’esperimento Polgar”. ”Negli occhi delle giovani scacchiste si vede il terrore - dice la Forbes -. Il terrore di perdere e di dover tornare a casa”. Sciocchezze, dicono i Polgar. ”Il mio segreto è semplice - aggiunge Judit -. Vinco perché ho la testa dura. E perché sono egoista» (Alessandro Trocino, ”Corriere della Sera” 1/4/2001).