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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

PONZONI Cochi

PONZONI Cochi. Nato a Milano l’11 marzo 1941. Comico. Famoso soprattutto in coppia con Renato Pozzetto (Cochi&Renato). «Ero un ragazzo irrequieto. Giravo nei locali fino alle 7 di mattina. All’Oca d’oro o al Jamaica di Milano, dove ho conosciuto Buzzati, Bianciardi, Sassu. Qualche volta terminavamo la notte in studio da Piero Manzoni [...] Ascoltavamo jazz, non perdevamo un concerto di Chat Baker, Jerry Mulligan, Oscar Peterson, [...] mi piaceva anche Enzo Jannacci che al Santa tecla accompagnava al pianoforte Giorgio Gaber [...] I miei genitori mi regalarono una Cinquecento ma era vietato andarci a scuola. La usavo per girare la notte [...]» (Stefania Ulivi, Luisa Pronzato, ”sette” n. 21/2001). «’Capimmo che era successo qualcosa un lunedì, di pomeriggio in viale Umbria a Milano. Noi passavamo in macchina, c’era una scuola e c´erano i bambini che uscivano. Ne vedemmo due che sul marciapiede mimavano la nostra danza, quella della gambetta che va di lato. Oggi sembra una cosa normale, ma allora non c’era mica questa percezione del successo, di quanto poteva essere forte la televisione. Il giorno prima, la domenica, avevamo debuttato nel programma del pomeriggio” [...]. Era il 1968. [...] e la tv aveva solo due canali. Se c’era qualcuno illuminato, che scorgeva il nuovo e magari il geniale e ti portava in tv, ti vedevano quasi tutti. E se piacevi, era fatta. Andò così, ma di chi fu il merito? Dice Cochi: ”Al Derby, nel tempio del cabaret, eravamo di moda. C’era la fila per venirci a vedere, tutte le sere. E tanti erano intellettuali, veniva Luciano Bianciardi, Tinin e Velia Mantegazza, Umberto Eco, Dario Fo, tanti. Qualcuno collaborava con la televisione, ma la mossa giusta la fece Jannacci convincendo qualche dirigente”. [...] L’estate successiva c’è un disco a suo modo storico [...] quelle cose assurde e bellissime che si chiamavano La canzone intelligente o La gallina. Quel disco va in classifica e piace a tutti. La tv adesso li cerca e firmano contratti più lunghi: alle spalle il giro milanese storico, Jannacci e Beppe Viola soprattutto, che presidiano il Bar Gattullo di Porta Lodovica dove nasce tutto e prosegue tutto. In tv li cercano, il cabaret prosegue a livelli importanti, le caratterizzazioni sono precise. Capire come due tipi così diversi possano coesistere non è del tutto semplice. [...] ”Eravamo amici fin da ragazzini, tutto si basava su quello e faceva superare tutto. Almeno fino a un certo punto [...] Renato era lombardo dentro, comicità popolare e importante, decisiva. Io avevo vissuto in Inghilterra, mi piacevano i Monty Python, impazzivo per Peter Sellers, trasferivo quei modelli nella coppia e ci integravamo”. L’apoteosi e il massimo del successo risale a sei anni dopo, nel senso che a quel punto i due sono parte integrante del sabato sera in tv, Canzonissima. Significa spettatori a palate, cifre che oggi farebbero gridare al miracolo, anche venti milioni ed era in fondo una cosa normale. Ma quel sabato sera è anche l’inizio della fine, nel senso della coppia. Perché Cochi scende a Roma per le prove, registra, lavora ed è impeccabile. Lo è anche Renato, s’intende, si presenta puntuale, prova, registra impeccabile, ma arriva sempre un po’ di corsa, in quanto durante la settimana prende un aereo e va in Spagna sul set di un film: lo sta girando Flavio Mogherini e si chiama Per amare Ofelia. Renato ci tiene, tanto. Al punto che lo hanno ingaggiato per una cifra simbolica e i soldi per i viaggi li mette a lui. Alla fine va in perdita, ha speso molto di più di quanto ha guadagnato, ma lì, succede tutto. Per amare Ofelia è un successo clamoroso, la gente fa la coda, il film incassa uno sproposito e lì, per forza di cose, cambia tutto. Dice Cochi: ”Per quanto si siano sforzati in tanti di immaginare litigi e incomprensioni, alla fine fu un distacco normale, due persone diverse che se ne vanno per strade diverse, di comunissimo accordo. [...]”. Cochi va a girare con Lattuada Cuore di cane, poi prende la via del teatro, si trasferisce a Roma, coltiva interessi, recita. Renato fa incassi al cinema. Quindi bisogna tornare su quel momento della separazione, anche perché a frugare nella memoria tornano righe scritte da Beppe Viola. Diceva che alla proiezione del primo film, l’intero bar Gattullo si presentò compatto e ne uscì a pezzi, chiedendosi come fosse possibile, chiedendosi se davvero Renato dovesse infilarsi in una strada così. [...] Strade diverse, per venticinque anni, non uno scherzo. I primi tempi, però, qualche fugace compattamento per qualche film (Sturmtruppen). Ne gira anche Cochi, di film alla Renato. Per ragioni alimentari, proprio nel senso degli alimenti da pagare dopo il divorzio (dalla moglie, non da Renato). Nel suo curriculum figurano gran cose in teatro, ma anche, al cinema, Io zombo, tu zombi, egli zomba, parodia horror-godereccia all’italiana, Cochi ci ride su, ma poi dice: ”Grande rispetto, per carità. Ad esempio c’era quel grandissimo personaggio di Renzo Montagnani”. E poi? ”E poi c’era Nadia Cassini che, beh?”. Lo dica. ”Il più bel culo del mondo”. [...] Strade che non si incrociano per un sacco di tempo. Mentre Renato inizia serie miliardarie come I pompieri insieme a Paolo Villaggio, Cochi ha un colpo d´ala notevolissimo, e torna al pubblico in tv. il ’92, lui si presenta duro e puro in quel programma d’epoca, in ogni senso, che è Su la testa, Raitre dell’era Guglielmi, Paolo Rossi, Albanese, Aldo, Giovanni e Giacomo. A Milano, sotto un tendone in periferia, è appena passata Tangentopoli. Cochi canta Lo sputtanamento e mette nel mazzo politici e comportamenti ipocriti di massa: ”Il ritorno migliore che potessi aspettarmi”, dice. [...] Il ricongiungimento è del Duemila. [...] una fiction tv che, in teoria, è un evento: Nebbia in Val padana. Parte forte - la curiosità è tanta - poi l’audience cala via via. [...] Tanto è vero che tornano in teatro. Debutto ad Ascoli, nel 2001. Fanno i vecchi numeri, li riadattano, ne scrivono nuovi. Girano abbastanza, finiscono il tour si fermano ancora. Ne parlano. Finché arrivano Gino e Michele. [...]» (Antonio Dipollina, ”la Repubblica” 6/3/2005).