Varie, 6 marzo 2002
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Portman Natalie
• (Natalie Hershlag) Gerusalemme (Israele) 9 giugno 1981. Attrice. Oscar e Golden globe 2010 (protagonista dramma) per Black swan, Golden Globe 2004 per Closer (non protagonista), interpretazione che le valse anche la nomination all’Oscar. Nomination per il Golden globe (non protagonista) anche nel 1999 per Anywhere but here • «Principessa di Guerre Stellari [...] considerata l’erede di Audrey Hepburn per grazia, bravura e una certa rassomiglianza con Sabrina [...]» (G. Gs., “Corriere della Sera” 24/11/2004) • «[...] una ventina di titoli, a cominciare da Léon, in cui era una piccola orfana che voleva imparare il mestiere di killer da Jean Reno. Nata a Gerusalemme, laureata ad Harvard, considera il 2005 l’anno della notorietà internazionale con il personaggio della spogliarellista in Closer e con [...] il terzo episodio di Guerre Stellari La vendetta dei Sith (è Amidqala) e Free Zone, il film dell’israeliano Amos Gitai in concorso a Cannes» (Maria Pia Fusco, “la Repubblica” 24/4/2005). «[...] figlia di un noto ginecologo [...] “Ho cominciato a recitare a 11 anni, senza aver tempo di pensare: ‘Cosa farò da grande?’. È successo per caso, più che per vocazione” [...]» (Riccardo Romani, “Sette” n. 40-41/2000) • «[...] nata in una famiglia colta, laureata ad Harvard, cresciuta senza mai sognare di diventare un’attrice e tanto meno una diva [...] nata a Gerusalemme da un medico israeliano e da madre americana i cui nonni sono finiti ad Auschwitz [...] ha rifiutato un remake di Lolita perché immorale [...] non si considera troppo sexy, oltretutto. Si vede piccolina di statura, sostiene che i lobi delle sue orecchie sono quasi inesistenti, una delle sue tante anormalità fisiche. Ma quando l’ha vista sullo schermo Anthony Lane, critico del “New Yorker”, ha scritto: “La bellezza della Portman è così estrema che il suo solo fine è quello di alimentare un’ossessione”. Oggetto di ossessioni. Ninfa del sesso. Protagonista di blockbuster che costano trilioni di dollari e dove tutto è effetti speciali. Niente di quello che speravano per lei mamma e papà quando sbarcarono in America. Aveva tre anni, Natalie, e il suo cognome era Hershlag (Portman viene dalla nonna materna). Un’esperienza che l’ha segnata, ricorda, perché come bambina in un ambiente nuovo si sentì subito una outsider, una che non aveva senso di appartenenza. E questa sensazione, confessa, non le è mai andata via. Per compensare, forse, si buttò negli studi, con il risultato che agli occhi di tutti era la secchiona di turno. Poi un giorno, a 11 anni, mentre stava mangiando una pizza con le amiche, venne avvicinata da un talent scout. “Vuoi fare la modella?”, gli chiese. “Modella?”, rispose lei: “È una cosa stupida! Semmai, mi piacerebbe recitare”. Un anno dopo era la bambina adottata da Jean Reno, il killer di Leon. Con quella sua faccia innocente unita a una performance inquietantemente matura, la Portman si fece notare non solo dai potenti di Hollywood. “Ritrovarti a quella età a leggere commenti sulla dimensione del tuo seno è abbastanza orrendo”, ricorda. Decise che non voleva più saperne, che sarebbe tornata a concentrarsi sulla scuola per poter diventare, un giorno, una veterinaria. “Non mi importa se rovino la mia carriera”, diceva: “Preferisco essere intelligente che una diva del cinema”. Ma poco dopo il film di Besson è arrivata la chiamata di Lucas che l’ha voluta come la sua regina per i tre nuovi episodi. Poi sono giunte altre proposte, molte da registi ai quali non ha potuto dire di no. Ted Demme per Beautiful Girls, Michael Mann per Heat a fianco di Al Pacino, Tim Burton per Mars Attacks!, Woody Allen per Everyone Says I Love You, quindi Anthony Minghella per Cold Mountain e, subito prima di Closer, Garden State, un film di Zach Braff nel quale la Portman recita la parte di una deliziosa ragazza epilettica che balla il tip-tap. Natalie si è laureata ad Harvard, come voleva. Ed è diventata quello che non voleva e che le sembrava così bizzarro: una stella del cinema. Non è certo la prima attrice di Hollywood che ha studiato in un college della Ivy League e che si è pronunciata contro la guerra. O che, in difesa dell’ambiente, ha comprato non una Porsche, ma una Toyota a motore ibrido. Ma la Portman è una che non esita a dichiarare cose impopolari come: “Non guardo la televisione, non ci riesco proprio”. [...] ai Golden Globes, ha insistito per avere al suo fianco non il suo agente o il boss di uno studio, ma la cugina israeliana il cui volto è stato deturpato da un’esplosione a una stazione di bus e alla quale, quando è salita sul palco vittoriosa, ha voluto rendere pubblico omaggio. E poi, quanti attori ci sono a Hollywood che regalano in giro i Frammenti di un discorso amoroso? Sì, quando ha voluto fare un regalo a Jude Law e a Julia Roberts, i suoi co-protagonisti in Closer, Natalie è andata a scegliere il saggio di Roland Barthes. Una diva per caso, forse per errore. E no, Natalie non è affatto sicura di voler dedicare la sua vita al cinema. “È un po’ limitante, ci sono milioni di altre cose che vorrei fare”, spiega: “A parole tutto è facile, riparliamone quando inizio a farle”. Una di queste cose intanto l’ha iniziata e si chiama Finca. Sta per Foundation for International Community Assistance, una fondazione dedita a fornire a donne del Terzo Mondo mini-prestiti per aiutarle a mettere in piedi i loro business, che sia un carrello per cucinare per la strada o del sapone per fare il bucato nel fiume e aprire un servizio di lavanderia. La Portman è diventata una loro portavoce e quando racconta dei suoi viaggi in Uganda o in Guatemala, dei suoi incontri con donne con dieci figli e mariti violenti, donne che adesso hanno conquistato l’indipendenza economica, i suoi occhi si fanno lucidi. E determinati. “È bello godere di quello che abbiamo, ma questo non significa che dobbiamo vivere nella superficialità”, spiega: “Chi può deve fare qualcosa per quei due terzi di cittadini del nostro mondo che vivono senza la speranza di poter partecipare alla festa”» (Lorenzo Soria, “L’Espresso” 7/7/2005).