Varie, 6 marzo 2002
PREVITI
PREVITI Cesare Reggio Calabria 21 ottobre 1934. Avvocato. Legale storico del gruppo Fininvest. Eletto senatore per Forza Italia nel 1994, deputato nel 1996 e nel 2001. Ministro della Difesa nel Berlusconi I (1994-1995) • «[...] Sei anni e mezzo di carcere per la corruzione nella vicenda Imi-Sir, un altro anno e mezzo in continuazione per la questione Mondadori. stato lui, hanno stabilito le sentenze, il regista della corruzione di almeno due grossi affaire giudiziari. Quello che ha condannato l’Imi a risarcire la Sir dello scomparso Nino Rovelli per quasi mille miliardi di vecchie lire, e la scalata Mondadori, affidata al gruppo Fininvest proprio grazie alle mazzette che Previti ha allungato al giudice civile di Roma, Vittorio Metta, che aveva motivato la sentenza civile a favore della società di Silvio Berlusconi. Le porte di Rebibbia, per uno dei fondatori di Forza Italia, si sono aperte la mattina del 5 maggio 2006. All’indomani della condanna definitiva a sei anni per la questione Imi-Sir, Previti si presenta spontaneamente in carcere. Ci rimane quattro giorni, il tempo necessario al Tribunale di Sorveglianza della capitale di applicare la legge Cirielli. Ai condannati ultrasettantenni è possibile scontare una condanna anche fuori dal carcere. Da quel momento, Previti si trova agli arresti domiciliari nella sua casa di piazza Farnese a Roma. Alcune settimane e passa all’affidamento in prova ai servizi sociali, occupandosi di disagio, nella comunità di Don Picchi, sull’Appia Antica. Durante il giorno, abbandona la sua casa di buon ora, si occupa di alcolisti e tossicodipendenti, alla sera rientra nella sua casa. Nei week end, invece, è libero. [...]» (Emilio Randacio, ”la Repubblica” 30/12/2009) • Il 24 dicembre 2009 la procura generale di Milano ha ufficializzato il suo «fine pena». Non potrà però più candidarsi ad alcuna carica pubblica: tra le pene accessorie fissate dai giudici c’è anche quella dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici • «Quando comparve sulla scena, fu proprio Berlusconi a lanciarlo. E lui se la giocò con qualche smodatezza. Venne fuori un personaggio che sembrava inventato a tavolino per confermare la sinistra nelle sue fobie: esibizioni giovanilistico-muscolari, spacconate parlamentari, ricordi civettuoli di buffetti da parte del Duce, ”quand’ero un Balilla raccomandato”, astuzie d’’avvocato d’affari”, velieri da favola, calcetti parossistici, polemiche anche con Norberto Bobbio, melatonina svizzera, querele con D’Alema, sfoggio primordiale di ricchezze, ministro, e siccome non bastava pure coordinatore di Forza Italia. Quando si dice un ”monstrum”. In una manifestazione al circo Orfei - ma sul serio - prima che lui arrivasse, una bella presentatrice catechizzò il pubblico nel seguente modo: ”Mi raccomando, appena dico Previti voglio sentire un boato”. E così fu, perché la politica è una droga. I giornali gli fecero dei soffietti che a rileggerli […] non sai se ridere o piangere. Il Giornale dell’Argentario pubblicò un ampio servizio illustrato e tradotto anche in inglese sulla torre che possedeva da quelle parti: ”E’ il riposo del guerriero. Qui - si legge - la sua proverbiale grinta si diluisce e addolcisce” (his proverbial grit eases off and softens). E insomma divenne così personaggio che una volta finito nei guai giudiziari - il ”tritacarne” - uno scrittore intelligente, nemico del giustizialismo e a lui non ostile, ritenne di dover esprimere un ”elogio di Cesare e della sua banda”. Un paradosso, un gioco letterario che talmente sfidava il buonsenso e la futura condanna da esprimere ”sconfinata simpatia nel Club del delitto”, e identificando nell’odierno colpevole una di quelle ”nature gagliarde che hanno il privilegio e l’audacia di vivere negli immediati dintorni del cuore selvaggio della vita”. Eh, ma nella vita - selvaggia o meno che sia - non si può mai dire. Per cui, a cinque anni e mezzo da quell’elogio così spericolato, le parole forse più vere e umane su Previti si sono lette in un forum di lettori sul sito dei no-global, Indymedia: ”Ho visto Previti parlare in tribunale, da solo, invecchiato e dimagrito, quasi a volersi aggrappare a quel microfono come sostegno delle spalle sempre più curve...”. Pallida controfigura dell’avvocato miliardario, ”compagno d’avventura e casini economico-contabili con Silvio e una manica di vassalli all’ombra del ”ce pensamo noi’ degli anni settanta-ottanta-novanta”. E anche questa realistica pietà, magari, segnala la presenza numinosa del ”monstrum”. Le leggi della politica, così simili ai rovesciamenti e perfino alle vendette più inespresse, gli hanno fatto ispirare personaggi di filmetti di serie B, l’hanno reso oggetto di dileggio permanente, e perfino la tomba gli ha negato il comune di Monte Argentario. Era l’amico di Berlusconi, e lo è ancora. Ma nell’Enrico IV Shakespeare fa dire molto bene al sovrano il dilemma politico degli amici divenuti scomodi: la feroce azione dei loro artigli ”mi aveva dapprima insediato sul trono, ma la loro forza può ben farmi temere di essere di nuovo deposto”. Anche questo è mostruoso, ma può sempre accadere […] Per gli antichi romani, che si esprimevano in una lingua di rara perfezione, il ”monstrum” era addirittura un segno degli dei, sebbene contro natura. ”Monstrum” in latino indica un fatto eccezionale, uno spauracchio, ma anche un prodigio, comunque un’assurdità, una stravaganza e però pure un miracolo. In italiano, invece, il ”mostro” suona fin troppo tranciante. Il sonno della ragione genera mostri. Punto e basta. ”Io sono un mostro” ha ripetuto più e più volte, anche per iscritto, Cesare Previti avvicinandosi alla sentenza del processo Imi-Sir, per dire che era già stato condannato. ”Cesare Previti è un mostro” scandiva in tv Giuliano Ferrara: processo senza storia, imputato più che colpevole, criminale per sua stessa natura, più che degno di pena, irredimibile. ”L’orco cattivo” titolava il ”Foglio”; ”Previti Manson” (tra Charles e Marilyn) si sbizzarrivano i rubrichisti. […] Un tempo c’erano le ideologie, era tutto meno ingiusto, o almeno: più accettabile. Oggi ci sono solo gli interessi, lo scontro, la salvezza, la morte, la libertà, la galera. Oggi ci sono solo le persone. Cesare Previti, che pure ci sapeva fare, l’ha capito troppo tardi. Non è neppure una questione, come pure dice lui, ”lombrosiana”. Con qualche ragionevolezza ha notato qualche mese fa: ”Non ho la faccia tenera, ma neanche sfatta da settantenne. Hanno scritto anche che avevo la dentiera, invece questi sono tutti denti miei”. Eppure, con tutti i molari, incisivi e canini a posto nessuno più di lui incarna oggi l’imprevedibile e atroce destino di chi arriva di colpo in politica per recitare, per giunta, la parte dell’amico via via divenuto ingombrante. E’ questo il gioco del potere. Prima la gloria e poi undici anni di galera» (Filippo Ceccarelli, ”La Stampa” 30/4/2003).