6 marzo 2002
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Profeta Michele
• . Nato a Palermo nel 1948, morto a Milano il 16 luglio 2004. Serial killer. «Il 24 maggio 2002 [...] fu condannato dalla Corte d’assise di Padova perché riconosciuto colpevole di aver ucciso a caso due sconosciuti. Lo fece con un piano preordinato per estorcere allo Stato 12 miliardi, che aveva chiesto con due lettere al questore di Milano. Quei soldi dovevano risolvere la sua vita fallimentare, con un lavoro precario, una moglie, due figli e un’amante alle spalle. Per primo uccise a Padova Pierpaolo Lissandron, un tassista di 38 anni che freddò la sera del 29 gennaio 2001 con un colpo di pistola alla nuca. Poi fu la volta di Walter Boscolo, un agente immobiliare, anche lui di 38 anni, ucciso 12 giorni dopo con tre proiettili. Un numero, il 12, che ricorre più volte nella macabra storia che avvolge Profeta insieme ai due "K", la dodicesima carta del mazzo da poker trovati vicino al cadavere di Boscolo. Un vicenda che tenne Padova con il fiato sospeso fino al 16 febbraio quando Profeta fu arrestato» (Giuseppe Guastella, "Corriere della Sera" 17/7/2004). «Quell’incubo durato un mese, che nel 2001 aveva paralizzato una città: prima una lettera al questore di Milano in cui si chiedevano 12 miliardi di lire, altrimenti sarebbe cominciata una catena di omicidi. E fu davvero così: il 29 gennaio il tassista Pierpaolo Lissandron fu ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Il 10 febbraio toccò a un agente immobiliare, Walter Boscolo, attirato da Profeta in un appartamento in vendita. E sarebbe andata avanti, con Profeta spinto dalla fame di denaro e dall’ eccitazione di aver sconvolto una città. Un serial killer con alle spalle una lunga serie di fallimenti, con un volto dimesso. Triste. Alla fine la polizia lo individuò, si era tradito con i dieci cellulari dai quali mandava sms di minaccia. Con quei segnali - le carte da gioco - lasciati sul luogo dei delitti. Poi venne la condanna: ergastolo con l’isolamento diurno di due anni. E Michele Profeta - originario di Palermo - era finito nel carcere di Voghera: reparto EIV (Elevato indice di vigilanza). Nella cella accanto Renato Vallanzasca. "Non parlava con nessuno. Non faceva niente, anche adesso che aveva diritto a quattro ore d’ aria al giorno", dicono gli agenti della penitenziaria. Una solitudine totale. E un solo obiettivo: "Studiava sempre. Voleva a tutti i costi laurearsi". Dottore, non più solo assassino. Non più "mostro di Padova". L’ appuntamento con il primo esame ("Le amazzoni e la figura femminile nella cultura occidentale") era [...] a San Vittore. Sala avvocati. Ad aspettarlo, alle 10,15 in punto, tre professori di filosofia della Statale di Milano: Davide Bigalli, Giuseppe Civati e Massimo Ricciardi. "Mi è morto davanti... e non ho potuto fare niente"» (Ferruccio Sansa, "la Repubblica" 17/7/2004).