varie, 6 marzo 2002
PROFUMO Alessandro
PROFUMO Alessandro Genova 17 febbraio 1957. Banchiere. Ex amministratore delegato dell’Unicredito italiano (dimissioni il 21 settembre 2010 dopo che il Cda l’aveva sfiduciato). Premiato nel 2003 come banchiere europeo dell’anno, politicamente vicino al centrosinistra. «Ha conquistato sul campo i galloni di miglior banchiere italiano con i successi realizzati dall’Unicredito» (Flavia Podestà, “La Stampa” 24/12/2001). «[...] Lo chiamavano Arrogance per il tratto un po’ supponente, alla McKinsey, oggi è l’orgoglio del bancocentrico capitalismo italiano [...]» (Alberto Statera, “la Repubblica” 1/8/2005). «Provate a immaginare un anonimo bancario con l’abito grigio d’ordinanza che ogni mattino esce da casa sua, arriva nell’agenzia del Banco Lariano di piazzale Loreto, a Milano, e passa la sua giornata di lavoro a timbrare cambiali. Questo gentile signor Profumo (allora non era ancora laureato in economia) riservato, taciturno eppure rapido nelle procedure, gli ex colleghi lo ricordano con un filo di disinvolta indifferenza. Era un impegato modello, ma nessuno di loro avrebbe mai pensato che quel ragazzone atiletico di nome Alessandro - lo sguardo sveglio ma disinvoltamente distaccato - sarebbe poi diventato l’amministratore delegato di Unicredito [...] genovese, con una giovinezza vissuta fra gli odori e i sapori forti di Palermo [...] raggiunge improvvisamente la ribalta alla metà degli anni 90. Dopo l’esperienza in McKinsey, Bain Cuneo e Ras, l’approdo al Credito Italiano rappresenta la svolta della sua carriera. Entra come direttore generale, ma subito dopo - nella primavera del ’97 - viene nominato amministratore delegato. Sportivo, refrattario alla cosiddetta etichetta (il nodo della sua cravatta non è mai perfetto, la sua giacca è spesso abbandonata con spiritosa nonchalance sulla spalla), Profumo ha tre doti: intuito unito a determinazione e acume politico. Non solo, gli è riuscita anche un’altra impresa apparentemente complessa. Ha conquistato il cuore di un senatore del Credito, Lucio Rondelli, astuto navigatore di lungo corso della finanza italiana, da tempo alla ricerca di un delfino. Ma dietro la prepotente ascesa [...] c’è la politica. Amico di Ermete Realacci e Chicco Testa [...] trova consensi soprattutto a sinistra, nell’area prodian-dipietrista e nei democratici di sinistra. [...] Che cosa piace di lui? Il suo essere spontaneo, agreste, non programmato, però vicino (troppo vicino, dicono i maligni) alla politica. Quasi uno arrivato per caso che ha l’aria scaltra dei giovani degli anni 60, abituati a cambiare il mondo utilizzando non solo l’ideologia. Lui non concede interviste, non ama esporsi in pubblico, non vuole far sapere del suo privato: [...] il modello [...] è [...] Enrico Cuccia [...] Nella city londinese [...] lo considerano senza mezzi termini il “tedesco d’Italia” [...] La sua abilità è stata soprattutto aver spinto in anticipo la banca milanese di piazza Cordusio verso i servizi specializzati alla clientela, a cominciare dal risparmio gestito [...] Ma non basta. Il vero atout è la capacità di tessere - al riparo dai riflettori . un’infinita ragnatela di rapporti, legando il cuore (che lo porta a sinistra) con la testa (che gli impone di coltivare anche i collegamenti con il centro-destra [...]). [...] gli piace fare gruppo con gli altri quaranta-cinquantenni ruggenti come Marco Tronchetti Provera [...] Iena è il soprannome che affibbiarono a mister Profumo gli otto top manager (erano 16 all’inizio) che lui rispedì a casa appena diventato direttore generale con il compito di riorganizzare la banca di piazza Cordusio [...] proverbiale idiosincrasia per le fotografie (almeno quelle “in posa”) e per gli status symbol. Usa dare del “tu” ai collaboratori [...] Ha amici giornalisti (li vede, ma chiede sempre di non essere citato). [...]» (Monica Setta, “Capital” maggio 1999). Grande tifoso dell’Inter: «È una passione recente. Ho sempre avuto un debole per il Genoa e per l’Inter, ma quello del tifo era un virus dormiente. Poi [...] con tre colleghi con cui divido la settimana di lavoro, Pietro Modiano, Roberto Nicastro e Paola Pierri, tutti tifosi originali dell’Inter, non come accade altrove dove ci si scopre tifosi per compiacere il capo, abbiamo deciso di abbonarci. E lì il virus è deflagrato [...] Mi piace molto l’aspetto preparatorio, chi c’è, chi non c’è, organizzarci per andare in bicicletta piuttosto che col tram. Il concetto della scampagnata di una volta, e poi i vicini di posto, gente che magari nemmeno sai chi è ma con cui è bello ritrovarsi a condividere emozioni forti, con una semplicità, una spontaneità che non riscontri in nessun altro posto [...] Son tifoso, e la partita non la vivo con l’aplomb del gentleman inglese. Ma l’aspetto più affascinante è il coinvolgimento globale, quelle 80 mila persone che entrano con le più grandi speranze e se le bruciano nell’arco di due ore. Al punto che non sopporto quelli che escono prima. Lo spettacolo va gustato fino in fondo, e chi se ne frega se alla fine c’è più traffico. Io me ne sono andato una volta sola, sullo 0-5 in un derby: non ne potevo più, almeno un gol me lo sono risparmiato [...] Temo di capirne poco. I miei amici si divertono a spiegarmi che i quattro dietro non erano allineati, io mi fermo a distinguere tra veder giocare bene o giocar male, secondo parametri miei [...] A me sembra di smaltire in tempi brevi, ma i colleghi dicono di entrare malvolentieri nel mio ufficio il lunedì mattina se l’Inter ha perso. In compenso se l’Inter ha vinto mi sembra di sentire più proposte, più richieste, più iniziative. Mi sa che la voce sta girando, e forse non è un bel segnale [...] Io son più da campionato che da coppe, più da calcio domenicale che infrasettimanale» (“La Stampa” 14/7/2003).