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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Puff DaddySeanCombs

• PUFF DIDDY (Sean Combs). Nato a New York (Stati Uniti) l’11 aprile 1969. Rapper e produttore. In passato si faceva chiamare Puff Daddy. «Nato ad Harlem, divenuto orfano di padre ad appena tre anni, ha avuto un’infanzia difficile. Ma è riuscito ad emergere come una delle star afroamericane più abili, vincendo premi Grammy, lancaindo ad appena 24 anni una casa discografica hip-hop, la Bad Boy Entertainment, aprendo ristoranti, tentando la strada della moda e costruendo un impero di 600 miliardi all’anno di fatturato. Ma il successo non gli ha impedito di conservare, anzi di alimentare, la fama di ”bad boy”. Si è trovato spesso a fare i conti con la legge e in situazioni pericolose. Nel dicembre 1991 organizzò una partita di basket che finì con nove morti. Nel 1997 uno dei suoi amici rapper, Notorious Big, fu assassinato pochi minuti dopo essere uscito da una festa insieme a lui. Il 26 dicembre 1999 fu arrestato per una sparatoria al club New York. Era andato lì assieme alla fidanzata Jennifer Lopez. Un suo rivale, Scar, gli lanciò in faccia dei soldi. Secondo molti testimoni lui e Jamaal Barrow tirarono fuori le pistole e cominciarono a sparare ferendo tre persone tra cui Natanya Reubens, una trentenne che ha ancora alcune schegge di piombo nella testa. Poi il gruppetto se ne andò di corsa, infilandosi nella Lincoln Navigator di Combs. Il gippone fu fermato a pochi isolati di distanza dalla polizia, che scoprì due pistole sotto i sedili. Furono tutti portati in manette al commissariato, compresa Jennifer Lopez, che era furiosa, anche se poi non venne rinviata a giudizio. Barrow invece fu accusato di tentato omicidio, Combs di porto abusivo d’armi e di corruzione, per aver offerto al suo autista 50mila dollari per autoaccusarsi del possesso della pistola. Durante il processo, grazie a un team legale di prim’ordine, guidato da Johnie Cochran, il più famoso avvocato afroamericano (difese O.J. Simpson), e da Ben Brafman, è riuscito a smontare tutte le accuse. Ha avuto anche il coraggio di presentarsi come testimone, mostrandosi sicuro di sé e difendendosi bene dalle accuse del pubblico ministero. Certo tra i 12 giurati, sette uomini e cinque donne, ce n’erano alcuni molto scettici sull’innocenza del rapper: tant’è vero che la giuria è rimasta tre giorni in camera di consiglio. Ma alla fine hanno deciso per l’assoluzione» (Arturo Zampaglione, ”la Repubblica” 18/3/2001). Vedi anche: Benedetta Pignatelli, ”Sette” n. 46/1999.