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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Quaid Dennis

• Huston (Stati Uniti) 9 aprile 1954. Attore. Film: Salto nel buio (Joe Dante), Any given sunday (Oliver Stone), Far from heaven (Todd Haynes). È stato sposato con Meg Ryan •«[…] Faccia stropicciata, sguardo franco, fisico da cow-boy a riposo, è stato l’interprete di tanto cinema americano per le grandi platee, da The Big Easy aWyatt Earp, da Ogni maledetta domenic a Traffic […] Ha vissuto, negli Anni Novanta, la dipendenza dalla droga, si è disintossicato, ed è anche diventato oggetto di succosi pettegolezzi hollywoodiani da quando, nella sua esistenza, è entrata l’attrice Meg Ryan, la cosiddetta “fidanzatina d’America”, divenuta sua moglie nel 1991 e poi anche madre del figlio Jack. Quando il matrimonio è finito, nel 2001, in un profluvio di cronache sui rotocalchi, la voce più accreditata e più smentita diceva che lei si era invaghita di Russell Crowe. […] “La caratteristica più marcata della mia vita sono sempre stati gli alti e i bassi, l’importante è sapere che i momenti belli passano. Esattamente come i brutti. […]” […]» (“La Stampa” 26/3/2005) • «Sorriso elettrizzante che ha fatto di lui una “top star” degli anni ’80 in film come Uomini veri (1983) e The big easy (1987) […] Ha lottato dieci anni nella giungla di Hollywood contro la dipendenza da cocaina e poi per difendersi dall’assalto dei tabloid mentre andava in pezzi il matrimonio con Meg Ryan, travolta da una storia d’amore con Russell Crowe. “Credo che ogni carriera abbia flussi e riflussi. Alla fine degli anni ’80 per un certo periodo sono stato sulla breccia […] Non credo di aver apprezzato il successo come avrei dovuto, non me ne curavo, forse lo davo per scontato […] Durante The Rookie ho sentito che qualcosa cambiava. Non che prima vivessi in un deserto, ma all’improvviso sono cominciati ad arrivare i copioni”, dice. “Dennis a volte ha un’aria d’altri tempi, una mascolinità rilassata, tranquilla. Ha un fascino classico, perfetto per un film degli anni ’50. Io mi sono innamorata di lui in Un amore una vita, era straordinario come campione di football in declino”, dice Julianne Moore, con lui in Lontano dal paradiso. Fino a 21 anni ha vissuto a Bellaire, un quartiere medioborghese di Houston. Studiando drammaturgia all’università scoprì il piacere di recitare e, quando il fratello maggiore, Randy, andò a lavorare ad Hollywood a metà degli anni ’70, lo seguì. Il successo arrivò nel 1979 con All American boys, in cui interpretava il più arrabbiato di un gruppo di operai che sfidano gli universitari snob in una gara ciclistica. Dopo Uomini veri appare in una serie di film delle Major tra cui Innerspace (1987), Suspect (1987) e Great balls of fire! (1989). All’epoca nessuno si accorgeva che stava scivolando nella dipendenza da cocaina, un’esperienza cui ha attinto per interpretare il ruolo di Frank, l’omosessuale depresso in Lontano dal paradiso. “Mi è servita per entrare nella vita del personaggio e in ciò che provava. Ho avuto amici gay che cercavano di vivere una vita segreta, esattamente quello che facevo io quando prendevo la cocaina. Provi un senso di vergogna a cercare di nascondere una cosa che non si può dire, che non vuoi si sappia in giro. Non è una bella situazione […] Ce l’avevo soprattutto con Dio. Non capivo perché dovevo trovarmi in quello stato, sapevo che era tutta colpa mia, ma allo stesso tempo non riuscivo ad essere lucido. Ero in trappola, vivevo una vita che non mi piaceva senza poter evadere”. Solo poco prima del matrimonio con Meg Ryan e la nascita del figlio, decise di prendere in mano la situazione. “Mi sono disintossicato. Mi sono fermato un anno per rimettere insieme la mia vita e un altro anno mi ci è voluto per trovare un ruolo. Hollywood ha la memoria molto corta. Se non sei sulla piazza resti indietro. È dura, in un certo senso ho dovuto ricominciare da zero”. Seguirono altre delusioni. Riuscì a fare il protagonista di Benvenuti in paradiso (1990) di Alan Parker sull´internamento degli americani di origine giapponese durante la seconda guerra mondiale, uscito quando iniziava la guerra del Golfo: la gente non aveva voglia di vedere l’America che confessava i suoi peccati. “È stato un lavoro lungo risalire la china”» (Rick Lyman, “la Repubblica” 27/12/2002).