varie, 6 marzo 2002
RAMAZZOTTI
RAMAZZOTTI Eros Roma 28 ottobre 1963. Cantante. Autore. « Prima di lui, il Ramazzotti più famoso d’Italia era un amaro. Poi è arrivato Eros, da Roma-Cinecittà, con la sua storia di ragazzo di periferia e, complice Sanremo, quello è diventato un cognome da hit parade. ”Eros Ramazzotti è il sublime del pop, provo un’attrazione quasi fisica per lui”, ha detto una volta Jovanotti. [...] la bellezza imbronciata dell’eterno ragazzo che è ancora il più forte sex symbol della nostra canzone. [...] ”Dallo zero che ero a quello che sono adesso, beh ne è passata di acqua sotto i ponti”, borbotta. [...] dopo il trionfo sanremese del 1984 (Terra promessa) e del 1986 (E adesso tu, un inno popolare: Nato ai bordi di periferia / Dove i tram non vanno avanti più / Dove l´aria è popolare / più facile sognare / Che guardare in faccia la realtà), lo invitarono a New York, alla trasmissione della Carrà in trasferta negli Usa, in una puntata in cui c’era anche Ella Fitzgerald. ”Raffaella mi trattò malissimo. Vai a cantare, mi disse senza quasi salutarmi”. Ora, dopo 40 milioni di dischi venduti nel mondo, può permettersi di apparire dove vuole, quando vuole. Le sue canzoni si ascoltano in tutta Europa e in America latina, ha tenuto concerti al Radio City Music Hall di Manhattan e allo stadio Galatasaray di Istanbul, in Russia e in tutta l’Europa dell’Est. Nelle ex repubbliche sovietiche è un idolo. In Uzbekistan, a Samarcanda [...] le ragazze cantavano Più che puoi, il suo duetto con Cher, in un italiano perfetto. ”[...] Dal 1995 al 2000 ho trascorso cinque anni in cui dentro di me avevo un caos che gli altri neanche intuivano: scelte sbagliate, decisioni affrettate che mi hanno procurato guai e sacrifici”. Di solito il delirio di onnipotenza colpisce agli esordi, è un peccato di gioventù delle popstar. ”Il mio invece è stato tardivo. Mi sono detto: firmo un nuovo contratto, mi strapagano, mi sposo, faccio un figlio, voglio una megavilla. Sembravano calcoli leciti e invece avevo messo la colla sull’acceleratore. Non ero abituato a gestire un patrimonio e non mi rendevo conto che non è una cosa che si può fare con leggerezza. [...] Sono nato a Cinecittà, quando lì non c’era proprio niente, né centri commerciali né metropolitana, un’ora di macchina da San Giovanni. C’erano i fascisti e i comunisti che si sprangavano. E il coprifuoco che mio padre m’imponeva, sorvegliandomi come si fa con le ragazze. Protettivo e rompicoglioni, ma almeno mi ha tenuto lontano dai guai. Poter venire fuori da una situazione in cui droga e scippi erano all’ordine del giorno fu solo un privilegio. Arrivare a Milano con le basi giuste è stato fondamentale. Ero timido, lo sono ancora, ma motivato. Sa cosa vuol dire vergognarsi di scendere a comprare il latte? Volevo fortemente fare il cantante, era l’unica strada aperta che vedevo di fronte a me [...] se mio padre mi avesse inculcato l’amore per la letteratura insieme a quello per la musica, ora sarei un divoratore di romanzi. O magari un pallosissimo cantautore. Invece non ho metodo, dei libri leggo qualche pagina poi li abbandono. Lui mi metteva una chitarra in mano e accendeva il Revox per registrare quel che facevo. Era il 1977. Quello sì mi è rimasto, io ancora oggi non mollo mai la chitarra. M’imponeva di fare i vocalizzi, li odiavo. Feci un esame al conservatorio, non mi presero. Allora mi costrinse a frequentare per due anni il Verrazzano, un istituto commerciale. Che inferno, ero una sega totale. Il primo anno se la prese a morte, il secondo si rassegnò e mi disse: dai, andiamo da Gianni Ravera (con lui Rodolfo Ramazzotti aveva preso parte a un Cantagiro, nel ’65)». E la mamma?’Era una casalinga all’angolo, non giudicava. Non le era consentito. La mia era una famiglia patriarcale. Ma lasciamo stare, guardare il passato può far male, non è una cosa che si può fare ogni giorno”. [...] Vorrei fare quello che non ho mai fatto in vita mia: studiare. Io sono un autodidatta di merda. Mi piacerebbe essere un chitarrista provetto e in una serata tra amici suonare di getto venti canzoni dei Beatles. Invece per quel maledetto metodo che non ho... Un po’ di disciplina in più mi avrebbe fatto bene” [...]» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 24/4/2005). «Le sue canzoni fanno sognare l’amore in italiano da Malaga a Tampere, da Seattle a Sverdlovsk. Romano, infanzia triste a Centocelle durante la quale non ha mai messo piede nel centro storico della capitale. Allievo mancato del Conservatorio di Santa Cecilia, deve alla spontaneità primigenia del borgataro risolto la vena più autentica del suo estro canoro che l’ha fatto salire ai vertici dello show business internazionale [...] Considerato con David Bowie e George Michael uno degli artisti discograficamente più importanti su scala planetaria, ha firmato con la multinazionale tedesca Bmg un contratto miliardario per un numero imprecisato di anni, e ha anche fondato una sua casa di produzione, la Radiorama. Vive in una villa brianzola a Inverigo dove ha fatto installare uno studio d’incisione fra i migliori d’Italia, un campo da tennis, uno da calcio e una piscina coperta. Tifoso della Juventus, capitano della nazionale cantanti, è timidissimo. Fino a 13 anni è stato di sinistra, come il padre imbianchino che era comunista. Poi dice di essersi perso per strada. Va in vacanza a Pantelleria da Giorgio Armani» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 31/10/1998). «La sua scalata al successo è scandita dalle partecipazioni al Festival di Sanremo, dove nel 1984 vince la sezione giovani con Terra promessa, per poi farvi ritorno l’anno successivo con Una storia importante e infine aggiudicarsi la vittoria assoluta nel 1986 con Adesso tu. Il suo personaggio giovane e moderatamente fuori dalle regole, popolare e trasgressivo insieme, dotato di appeal genuino e di look pianificato, conquista subito vaste schiere di fans adolescenti che accolgono con grande favore anche l’album Nuovi eroi, la cui canzone omonima trionfa al Festivalbar 1986. Da questo momento si assiste a una ridefinizione del personaggio e della sua musica [...] A far da traino ai dischi che succedono (In certi momenti nel 1987, Musica nel 1988) sono ora i concerti [...] effettuati anche all’estero, dove riesce a conquistare significative quote di mercato, in particolare in Francia, Germania e, successivamente, Sud America. Musicalmente le canzoni si fanno più complesse e articolate [...] anche vocalmente si evolve [...] caratterizzato sempre dal tipico timbro nasale, il suo canto si fa più attento alle variazioni dinamiche [...] Tale maturazione viene capitalizzata con l’album In ogni senso (1990) che con il suo enorme successo anche sui mercati esteri gli garantisce un posto di riguardo fra i massimi protagonisti della canzone italiana» (Augusto Pasquali, Dizionario della Musica Italiana - La canzone, Newton&Compton 1997). «Ho sempre scritto canzoni basate sulle mie esperienze. Canto quello che vivo, che alla fine è quello che vivono molti. [...] Sono una macchina da soldi. Io devo promuovere i miei dischi, non posso permettermi di non venderne. In passato ho fatto alcuni errori di gestione e, finanziariamente, non sono più padrone di me stesso. Ho dovuto ridimensionare la mia vita. Ora vivo in mezzo alla gente come uno qualunque, respiro lo smog, sento i rumori della strada, il traffico, i clacson [...] Mi piace. Anche se trovo fotografi dappertutto. Se sono all´edicola e alzo un giornale per prenderne un altro, scattano in quel momento e sui giornali esce che compro riviste porno. Bacio un´amica sulle guance e fermano l´immagine in mezzo, tra una guancia e l´altra. Devo stare molto attento, è una cosa pesante. Però mi sento più vivo. Prima stavo due mesi fuori, tornavo a casa e per quattro mesi stavo seduto in poltrona [...] Ho voluto una grande casa per un senso della famiglia, perché speravo di avere altri figli. Quando ti senti dire: io lì non vivrò mai, allora ti cadono le braccia. Con tutti gli errori che puoi aver fatto... una casa così non si dovrebbe neanche pensare. Mi dovevo fermare prima, dovevo dire no, meglio una tenda [...] Non penso mai a come reagirà il pubblico. Faccio le cose che mi piacciono. [...] facile fare un hit, bastano quattro accordi. [...] La gente ha voglia di distrarsi, di non pensare: per il tempo di una canzone o per quello di un disco [...] Le ragazze che incontro vogliono cose profonde che ora non posso dare. Mi sento un po´ arido, prosciugato. Ma nello stesso tempo le cose al volo mi lasciano amaro, perché una parte di me vorrebbe una compagna. Non è facile con la vita che faccio. Dovrebbe accadere una cosa imprevista, mi piacerebbe inciampare su una storia, non so, magari su una bella voce, la telefonata di qualcuna che ha sbagliato numero [...] Sono stato comunista, credo che mio padre lo sia ancora. Poi ho smesso di esserlo perché non era oro quel che vedevo luccicare. In 30 anni le cose sono cambiate, la bandiera non esiste più. L´italiano è così: quando c´era Mussolini erano tutti fascisti, con la repubblica subito tutti repubblicani. Certo, non sono contento di avere un presidente del Consiglio inquisito, ma oggi mi è difficile scegliere un colore. Vorrei solo che a governare un paese ci fossero persone pulite» (Laura Putti, "la Repubblica" 15/6/2003).