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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

RANUCCI

RANUCCI Raffaele Roma 24 settembre 1957. Imprenditore • «[...] Segni particolari, imprenditore con passione per il calcio e la politica. Numi tutelari bipartisan, Casini & Rutelli. [...] uomo di ottime frequentazioni e di grandi capacità. Uno che può ben figurare da una parte come dall’altra e che quando ne sceglie una, per certo ambienti suona come un segnale. Uno che sa sbrigarsela con i politici come con i tifosi della Nazionale (capodelegazione ai Mondiali di Usa 1994 e di Corea-Giappone 2002), con i problemi dell’arte (Veltroni l’ha nominato presidente dell’azienda speciale comunale Palaexpò, che gestisce anche le Scuderie del Quirinale) come con le vele (è proprietario di uno dei velieri più belli d’Italia) e con i bilanci (presidente della Sipra dal 2002, la concessionaria pubblicitaria della Rai). Il veliero [...] si chiama ”Skagerrak”, di produzione tedesca, risalente agli anni Trenta. Secondo la leggenda è stato lo yacht di Hitler. Qualcun’altro dice che fu di Goebbels. Ranucci l’ha pagato caro, ma ora si gode un eccezionale monumento galleggiante, bello e rimesso a nuovo. Fanno a gara in tanti, tra quelli che contano, per essere invitati sullo ”Skagerrak”. Per dire, il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli [...]. E proprio su quei legni tirati a lucido s’incontrarono e si piacquero Pier Ferdinando Casini e Azzurra Caltagirone, la figlia dell’imprenditore. Fu un colpo di fulmine. Anche per Ranucci, c’è da dire, che presto fu visto ai congressi dell’Udc. Dei Caltagirone, Ranucci è amico da sempre. Ma non solo. amico di Franco Carraro, che l’ha scelto per posizioni di grande responsabilità alla Federazione Gioco Calcio. Oppure di Francesco Rutelli, che nel 1997 lo chiamò alla guida di ”Roma 2004” per supportare la candidatura della Città Eterna alle Olimpiadi che poi andarono ad Atene. In quell’occasione, Ranucci fu prima vice e poi successore di Pietro Calabrese [...] Un imprenditore figlio di imprenditori, ecco chi è Raffaele Ranucci. Ma soprattutto un tipico esponente di quella Capitale che da cent’anni mescola ”panem et circenses”, sport e potere. Il giovane Raffaele è responsabile del settore giovanile della ”Roma calcio” già nel 1988, ai tempi della presidenza di Viola. Entra in contatto con la Fgci, che se lo accaparra, sempre per il settore giovanile. Poi la Nazionale maggiore. Nel ’94 guida gli Azzurri negli Usa con Arrigo Sacchi. Esperienza sfortunata. Torna e dà le dimissioni. Intanto c’è da seguire il business di famiglia. Il resto sono un’alternanza di impegni tra sport e politica. 1997, la candidatura di Roma alle Olimpiadi. 1999, il governo D’Alema lo nomina alla guida dell’Ente Eur. 1999, si regala lo sfizio di un giornale sportivo, ”Rigore”. 2000, si parla di lui, prima che venisse Storace, come dello sfidante di Badaloni alle elezioni regionali del Lazio. 2002, nuovamente capodelegazione della Nazionale per i Mondiali in Estremo Oriente» (Francesco Grignetti, ”La Stampa” 25/3/2005) • «Presidente dell’Ente Eur, torna in Federcalcio dopo un’assenza di sette anni e mezzo, ultima gara Slovenia-Italia a Maribor, il 7 settembre del ’94. Già responsabile del Settore Giovanile azzurro, dal ’90 al ’92, e capo del Settore Tecnico, dal ’92 al ’94, è stato capodelegazione ai mondiali Usa del ’94. Di quella manifestazione, finita a Pasadena con la sconfitta dell’Italia ai rigori con il Brasile, proprio un’immagine di Ranucci, che prima consola Baggio e subito dopo piange abbracciato a Baresi in mezzo al campo, è il ricordo più toccante, il più vero. Adesso avrà un ruolo ancora più impegnativo: non solo capodelegazione, ma manager a tutto tondo, dovendosi occupare di tutto il pianeta calcistico azzurro, dai giovani talenti ai professionisti affermati. Ranucci, dall’82 al 90, è stato dirigente della Roma di Viola, prima come responsabile del Settore Giovanile e successivamente come vicepresidente. merito suo se Totti veste la maglia giallorossa» (’Il Messaggero” 12/2/2002) • «Il distacco nel novantaquattro fu durissimo. Torno perché credo ancora nel calcio, perché in questi sette anni e mezzo ne ho fatto a meno ma mi è mancato tanto, perché in tanti fuggono da questo sport mentre io voglio salire, per dare una mano, su una nave che molti abbandonano. Carraro, cui sono grato per l’offerta che mi ha fatto, chiamandomi mi ha chiesto: ”Fai un bilancio: pensi che sia il calcio ad averti dato di più o tu al calcio? Pur pensando di aver dato molto a questo sport con i dieci anni nella Roma e i quattro in Federcalcio, so anche di aver avuto tantissimo. Nel dubbio, eccomi qui. I ricordi migliori sono legati alle giovanili, il primo scudetto vinto con i giovanissimi della Roma contro il Bologna, a Pescara, quasi venti anni fa. Il capitano era Scarchilli. Mi ricordo la felicità di quei ragazzi e il premio che mi chiesero: se potevano tenere la tuta della Roma.... Quando ho lasciato la nazionale, sono diventato uno spettatore come tanti altri. Ma asettico. Ho partecipato a certe partite con amore, ma anche essendo più critico. Il coinvolgimento da dirigente è totale, una vittoria o una sconfitta non possono essere accantonate in fretta. Entrai alla Roma da ragazzo; Dino Viola ha fatto tanto per me, ma anche per tutto il calcio italiano. Era un dirigente moderno e lo sarebbe ancora; forse non avrebbe la forza economica per imporsi nel calcio di oggi, ma è stato il primo in assoluto a pensare al merchandising e alle società con fini di lucro. Nell’Ottantanove io ero vicepresidente della società. Francesco Totti mi fu segnalato da Lupi, io andai a vedere due partite. Giocava centrocampista nella Lodigiani: da prendere a occhi chiusi. Fu decisivo, per convincere la famiglia, Stefano Caira. Lo prendemmo gratis, dopo un anno in comproprietà abbiamo dato Cavezzi [...] In America, il mio ricordo non è il pianto di Baresi e nemmeno le lacrime di Baggio dopo la finale. Ho ancora davanti agli occhi, invece, Baggio, piccolo piccolo negli spogliatoi, seduto dentro un armadio gigantesco dei giocatori del football americano, dopo la semifinale vinta contro la Bulgaria. Continuava a ripetere, desolato: ”Ho sognato tutta la vita la finale di un campionato del mondo”. Aveva il terrore di non giocarla. Mi dispiace molto che non sarà con noi. uno dei calciatori più amati al mondo [...] Ho lavorato con persone straordinarie, come Liedholm ed Eriksson. Sono molto legato a Ottavio Bianchi, anche se arrivò alla Roma quando andai via. Ci sentiamo sempre, è diverso da come appare. Simpatico e soprattutto preparato. stato l’ultimo ad aver vinto qualcosa prima dell’arrivo di Capello a Trigoria. Con Capello c’è un rapporto storico: andammo a trovarlo a Torino, con mio papà Franco, dopo la cessione alla Juve. Voleva tornare alla Roma. Quando allenava la primavera del Milan ci incontravamo al Viareggio, quando con il club rossonero vinse lo scudetto, io ero al settore tecnico e lo premiai con la panchina d’oro. Ci siamo ritrovati a Roma e gli ho detto: ”Io faccio il tifoso, tu l’allenatore: vinci subito lo scudetto pure qui”. Per fortuna l’ha fatto. E poi non posso dimenticare la speciale esperienza tecnica e umana con Sacchi. Mi mancava il Trap: colmerò la lacuna» (Ugo Trani, ”Il Messaggero” 1/3/2002).