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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Raul GonzalezBlanco

• Madrid (Spagna) 27 giugno 1977. Calciatore. Dal 2010/2011 allo Schalke 04. Col Real Madrid vinse tre Champions League (1998, 2000, 2002) • «Il suo problema è che segna troppo. Un gol dietro l’altro, sempre con la stessa maglia: quella del Real Madrid. […] Segna troppo, Raul. Segna sempre. Ed è un problema perché così è per tutti ”solo” un grandissimo cannoniere: la sua straordinaria media realizzativa, infatti, fa passare in secondo piano le altre qualità di un fuoriclasse assoluto che sa essere spesso decisivo.[…] bizzarro che non goda della considerazione che meriterebbe in base al suo rendimento. Nel calcio mediatico di oggi, paga la timidezza, la scontrosità e la difficoltà nel vestire i panni del ”personaggio”. Rispetto a Owen e a molte altre stelle mondiali, lo spagnolo ha una dimensione decisamente normale. Non ha schiere di tifosi in Giappone; fa innamorare le ragazzine molto meno dei vari Beckham e Nesta; quando segna bacia la fede, in omaggio alla moglie Mamen; ha sempre giocato nel Real Madrid e quindi è sempre rimasto estraneo alle trattative di mercato; gioca in una nazionale tradizionalmente perdente; nel suo club è circondato da campioni che nel mondo sono quasi idolatrati. A Madrid, però, nessuno è come Raul. stato il più osannato alla festa del Centenario; è il cocco dei tifosi che non perdono occasione per far capire quale sia il loro campione preferito, alla faccia dei vari Ronaldo, Zidane, Figo, Roberto Carlos. […] Negli ultimi sedici metri ha pochissimi rivali: fa gol in ogni modo, sbaglia raramente, è difficile da marcare perché si muove con naturalezza sia sul primo che sul secondo palo e capisce prima dove può arrivare il pallone. Ma il cannoniere sa giocare anche fuori area. [...] La convivenza con il Fenomeno è difficile da un punto di vista umano, ma funziona in campo […] Non è solo un cannoniere. un fuoriclasse. Uno dei pochissimi attaccanti che ti fanno scendere in campo pensando di avere un gol di vantaggio. Nella sua carriera ha vinto molto, ma qualche sconfitta lo ha fatto soffrire. Una, in particolare. L’Europeo 2000 doveva essere per Raul, incorsa per il Pallone d’oro, il torneo della consacrazione. All’ultimo minuto dei quarti di finale, sul 2-1 per la Francia, fu fischiato un rigore per la Spagna. Raul non si tirò indietro, andò sul dischetto e preparò il piatto sinistro. La palla volò altissima e si portò dietro i suoi sogni e quelli di una nazione intera. Niente Europeo, niente Pallone d’oro. Quell’errore, per una delle situazioni paradossali che si verificano nel calcio, ha fatto dimenticare molti gol. Lui, non se n’è preoccupato più di tanto. Ha continuato a segnare, a vincere, a scavalcare i miti della sua infanzia. Andando avanti così, il Pallone d’oro prima o poi arriverà. Per adesso Raul si è limitato a entrare nella storia del calcio» (G.B. Olivero, ”La Gazzetta dello Sport” 5/3/2003) • «Jorge Valdano [...] lo fece esordire alla Romareda di Saragozza, il 17 novembre del 1994. Raul non dimentica né il tecnico che lo lanciò, né quello che lo svezzò, Anejel Cappa. [...] Cresciuto, come si diceva una volta, in una famiglia povera, ma onesta: papà Pedro, elettricista, mamma Maria Luisa, casalinga, due fratelli più grandi con lo stesso nome dei genitori, studi in collegio, primi guadagni versati a un agente immobiliare, per due case, una per sé e la famiglia e una per il fratello che si era già sposato, in una bella zona residenziale. Rispettoso, ma autonomo. Se, per Raul, Di Stefano è un mito, l’idolo, il giocatore a cui guardare come punto di riferimento della scienza e della tecnica calcistica è il maledetto Diego Armando Maradona. Che importa se Diego tiene a quarant’anni la pancia che Alfredo ha a quasi 78? Che importa se Diego non consegna come Di Stefano le magliette ai nuovi arrivati perché non è presentabile? Negli occhi di un ragazzino è la visione della classe altrui che genera la fantasia e la restituisce di nuovo sotto forma di classe propria. Dai primi calci al collegio, passò al San Cristobal de Los Angeles e quindi all’Atletico Madrid. A 13 anni, segnò 65 dei 308 complessivi segnati dalla sua squadretta di apprendisti. La scheda con questi numeri miracolosi finì in deposito con gli avanzi del settore giovanile chiuso dal vulcanico, ma poco lungimirante presidente Jesul Gil (y Gil). Raul guadò il fiume, divenne un ragazzo della Cantera del Real. Quindi divenne Raul. Non un giocatore qualsiasi. [...] Nel quintetto delle meraviglie (Beckham, Figo, Ronaldo, Zidane, Raul) è l’indigeno, è Dop e Doc. In Spagna, e soprattutto al Real Madrid, sono sentimentali. vero che Florentino Perez è della schiatta dei Giraudo, di quelli che le bandiere le ammainano velocemente se ”c’è la convenienza”, ma su Raul non si può» (Roberto perrone, ”Corriere della Sera” 5/1/2004).