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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

REBELLIN

REBELLIN Davide San Bonifacio (Verona) 9 agosto 1971. Ciclista. Tra i suoi successi San Sebastian e Zurigo 1997 (Coppa del Mondo), Amstel Gold Race e Freccia Vallone 2004, Freccia Vallone 2007, Freccia Vallone 2009. Nel giugno 2001 fu numero uno del mondo. Ha anche indossato la maglia rosa al Giro d’Italia. Medaglia d’argento alle Olimpiadi di Pechino, fu poi trovato positivo al controllo antidoping (Cera) • «Fra i più generosi ma anche sfortunati corridori italiani, da molti accostato agli eterni secondi Tano Belloni e Raymond Poulidor per la moltitudine di posti d’onore ottenuti in carriera [...] Colpa forse di un carattere troppo tenero e arrendevole, che gli è valso il soprannome di ”Chierichetto”» (Giorgio Viberti, ”La Stampa” 19/4/2004) • «So di non aver raccolto i risultati che dovevo. Il paragone con Bartoli è calzante, da dilettanti eravamo sugli stessi livelli. Ma lui ha poi vinto di più. Difficile dare una spiegazione: probabilmente lui ha avuto un inserimento migliore del mio ed ha anche dimostrato di essere più forte, in determinate gare ha fatto numeri da campione. Certamente da parte mia vi sono stati degli errori, che provocano rimpianti [...] Qualcuno ha anche rimproverato a Rebellin di essere troppo buono, remissivo a volte. In un ambiente (nella facciata) molto laico, Davide era stato ribattezzato da un suo vecchio direttore sportivo ( Ferretti) ”Chierichetto”, forse anche perché girava la voce che da ragazzo avesse avuto l’intenzione di entrare in seminario. ”Ma io non ho mai servito Messa e non ho mai pensato di farmi prete. Sono leggende”, risponde sorridendo Rebellin. Aggiungendo subito: ”Non mi vergogno di questa reputazione, anzi è un vanto, anche se la fede la considero soprattutto un fatto personale (al collo porta una piccola croce di brillanti attaccata a una catenina: ndr). Io credo che un vincente non debba per forza essere cattivo. Attenzione, la ’cattiveria’ agonistica è tutta un’altra cosa. Io dico che si può essere buoni professionisti anche senza alzare la voce o battere i pugni sul tavolo. E sotto questo profilo, sarei contento se fossi considerato un esempio”» (Nino Minoliti, ”La Gazzetta dello Sport” 20/4/2004).