Varie, 6 marzo 2002
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Reed Lou
• (Louis Firbank) Long Island (Stati Uniti) 2 marzo 1941 (ma su vero nome e data di nascita le fonti sono molto discordanti). Cantante • «Il rock è poesia. Credo che possa unire musica e parole, senza che nessuna delle due prevalga sull’altra. Ma forse preferisco che siano le parole a non andare perdute. Per questo scrivo. Senza computer, senza corrente elettrica, con una matita e un pezzo di carta. Se necessario anche col sangue» (Claudia Provvedini, "Corriere della Sera" 29/6/2004). « un genio e, come tutti i geni, può apparire, essere un tipo difficile. Però quando sale sul palcoscenico [...] Come vive il suo essere una leggenda vivente del rock, della controcultura e cultura statunitensi? ”Non significa niente. Zero. Io sono io per me, non per te. Mi è sempre piaciuto scrivere canzoni che molti non hanno capito, ignorato e io ritengo grandi. Conta che sia ancora arrabbiato”. Di tutti brani composti qual è il suo favorito? ”Tutti. Amo le tante voci che uso per interpretarli. Quando composi Stree hassle misi dentro tutte le mie esperienze (laureato in letteratura inglese, suo professore fu il poeta Delmore Schwarz, ndr) e quelli come giornalista, l’arte, la fotografia, il cinema. Volevo fare un monologo, lo scrissi ispirandomi a William Seward Burroughs, Allen Ginsberg, Hubert Selby jr. e Tennessee Williams, tanto che ricordo di essere andato in un locale a sentire i monologhi dell’attore Erik Bogosian e aver pensato, ridendo tra me e me, che avevo fatto esattamente lo stesso con, in più, melodie e musiche ma nessuno sembrava essersene accorto. Parlano di me come una leggenda, ma davvero non sanno chi sono. Metal music machine l’hanno capito dopo 21 anni, c’è un gruppo tedesco che in concerto esegue solo quell’album. E tra venti anni capiranno Magic & loss, la magia di Ectasy. Non ci sarò più. No, sarò solo più vecchio. Sono nel rock dall’inizio e ancora scrivo, suono: questo è quel che conta. [...] Vivo per la musica, le canzoni, l’ho imparato da Andy. [...] La mia grandissima distrazione è sapere, ad esempio, che il calco delle mie mani sulla Rock Walk di Los Angeles è accanto a quelle di James Brown e Leo Fender. Il discorso pronunciato da Ruben Blades musicista e attore panamense il giorno della cerimonia. La lunga telefonata di Wim Wenders per dirmi quanto gli era piaciuto The rave. Tutto questo mi fa star bene. Andy quando era vivo veniva considerato una schifezza. Da morto è il più prominente artista americano, dopo anni se ne ammira l’uso incredibile che faceva dei colori. In quell’ottica devi ascoltare il ritmo, la scansione delle parole di Street hassle, il crescendo del concerto, e l’estrema bravura dei musicisti che suonano, sono cresciuti con me. [...] Sono stufo della tirannia della batteria, limita gli altri strumenti, li soggioga. Con l’elettronica, usata appropriatamente, è tutto più semplice”» (Paolo Zaccagnini, ”Il Messaggero” 21/7/2003).