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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Reeves Keanu

• Beirut (Libano) 2 settembre 1964. Attore. Suoi film più famosi: Matrix (dei fratelli Wanchowski), Point break (Katryn Bigelow), Belli e dannati (Gus Van Sant), L’avvocato del diavolo (Taylor Hackford). Padre cinese-hawaiano (che finì poi in prigione per droga) e madre inglese, che dopo il dramma familiare decise di partire con i tre figli, Keanu e due sorelle, per Toronto dove l’attore è rimasto sino al 1985. «Uno dei grandi misteri del cinema americano contemporaneo: ci fa o ci è? Considerato il simbolo della spensieratezza per eccellenza, non smette di sorprendere. Dopo essere diventato una super-potenza a Hollywood con Matrix si è rivelato uno stakanovista. Sembrava che non gliene fregasse niente del cinema e che preferisse andare in tournée con la sua rock band Dogstar: ha invece sfornato un film dopo l’altro. […] Si sa poco della sua vita privata, se non che solo di recente si è comprato una casa (a Hollywood): prima viveva in albergo o andava ospite a casa di amici o della sorella, portandosi appresso una valigia, il basso elettrico, due scatole di dischi e ”piccole scartoffie”, come dice lui. Registi illustri come Gus Van Sant, Bernardo Bertolucci o Francis Ford Coppola lo adorano. ”Keanu emana un’intelligenza emotiva viscerale, rintracciabile solo tra i migliori attori dotati di talento naturale”, ha detto Bertolucci, che lo ha diretto in Piccolo Budda. ”Keanu ha qualcosa di monastico”, dice Alfonso Arau, regista del suo Il profumo del mosto selvatico. ”Per certi versi è un eremita. Ed è un ottimo strumento nelle mani di un regista: è sensibile come uno Stradivari”. […] ”Seguo l’istinto, il feeling, la reazione del ventre. Se ho voglia lavoro, se no, no. Ultimamente avevo molta voglia di fare film. […] Mi piace stare seduto in poltrona e guardare fuori dalla finestra, per ore. Mi piace essere contemplativo. […] Non è vero che per me parlare con la stampa è una tortura: se sono fiero del film che devo presentare, lo faccio molto volentieri. Ma la mia vita privata me la tengo per me. Sono un po’ timido, sicuramente introverso. […] Sono del segno della Vergine, ascendente Leone, e da quello che mi hanno detto un paio di astrologi sono per natura troppo razionale e analitico. […] Ma ogni tanto ho avuto anche io momenti di telepatia, che tendo però sempre a spiegare con la ragione. Ne ho discusso spesso con un’amica. Lei dice: tutto accade per una ragione. E io ribatto: puoi trovare una ragione in tutto ciò che accade. Sempre analitico e positivista. Ma ci dev’essere anche una parte spirituale nel mio cervello, che mi rende un po’ diverso dal Vergine medio» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 2/1/2001). « sempre stato uno di poche parole, risposte a base di monosillabi e sospiri che hanno creato l’immagine di un attore carico di mistero. Di uno che assomiglia molto ai protagonisti di Bill & Ted’s Excellent Adventure, il suo primo successo di botteghino. Poi è venuto My own Private Idaho e la consapevolezza che forse, dietro Keanu Reeves, c’era dell’altro. Quindi è stata la volta di Speed e poi [...] lo hanno voluto come protagonista in un complesso film tra l’azione e la fantascienza che voleva avere molti strati e complessità. The Matrix, era il titolo, una saga nella quale il protagonista, Thomas Anderson, segue un percorso non molto diverso da quello di Keanu nella vita reale: un ragazzo qualunque, che all’inizio è un po’ goffo e impacciato e che, nei panni di Neo, diventa una sorta di Messia chiamato a salvare il mondo. [...] Continua infatti a essere uno di poche parole. Ma è più maturo, più sicuro di sè, più a suo agio nella nuova fama che lo circonda. E’ anche diventato estremamente ricco: si dice che grazie alla partecipazione agli utili, la fortunata trilogia gli abbia procurato un qualcosa come un cento milioni di dollari. Lo abbiamo intervistato. [...] ”Dentro Matrix c’è un po’ di tutto. C’e dramma e avvventura, c’è fantascienza e western, c’è mitologia orientale e occcidentale, divertimento e provocazione. [...] Ho comprato una casa a Los Angeles, dopo anni di vagabondaggio da un albergo all’altro adesso ho la mia casa. Le prime settimane ne ero un po’ pentito, non ero abituato a non avere il servizio in stanza. Adesso sono contento. E posso sempre iscrivermi a una scuola di cucina. [...] Vorrei fare dei film più intimi, dove per dire qualcosa non devi necessariamente fare esplodere tutto”» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 3/11/2003).